Sulla filosofia della casa

Una filosofia dell’abitare, vale a dire una riflessione sistematica e sensata sul sui modi del risiedere stabilmente in una dimora, è possibile soltanto per gli esseri umani. Difatti, ad oggi non sembra assolutamente possibile attribuire ad altri animali una modalità di esistenza abitativa carica di così tanto significato, come invece è possibile fare per l’uomo. Sebbene ad un livello assai basilare e fondamentale vi sia una certa continuità zoologica tra le tane create da moltissime specie animali le dimore domestiche umane, sarebbe assai facile elencare una serie di caratteristiche specifiche delle case umane che le rendono non soltanto luoghi finalizzati alla difesa contro i predatori e posti sicuri dalle intemperie, ma dimensioni antropologiche di grande importanza esistenziale. Innanzitutto c’è da dire che la casa, a differenza della tana, si carica di una caratteristica inutile (laddove con inutilità intendo riferirmi ad una dimensione non coinvolta nelle dinamiche della sopravvivenza, quindi letteralmente non utile a nessun obiettivo specifico): la bellezza. Ogni essere umano, infatti, non soltanto desidera una casa propria, ma desidera una casa bella. Si tratta di un desiderio prettamente umano inutile ai fini della sopravvivenza (anche una casa non bella potrebbe infatti assolvere agli scopi evolutivi fondamentali) ma estremamente ricercato da chiunque. Nel linguaggio comune si annovera la «casa bella» tra le condizioni fondamentali di esistenza di una persona, come per dire che già questo fattore (o soprattutto questo fattore) è in qualche modo sufficiente a garantire una vita alquanto dignitosa. A dimostrare che la bellezza sia una caratteristica intrinsecamente afferente alla costruzione della propria casa è la constatazione, che chiunque può facilmente realizzare, che l’abbellimento delle stanze, delle pareti, dell’arredamento, del mobilio è difatti un processo perpetuo, che interessa tutta la vita degli abitatori. L’arredamento, infatti, non è una disposizione fissa (neanche quando è riuscito e perfettamente funzionale), in quanto quasi sempre nel corso degli anni va incontro ad aggiustamenti, miglioramenti e cambiamenti più o meno radicali, ma comunque indice di un tentativo di non accontentarsi con soluzioni definitive e immodificabili. Anche la dimensione cosiddetta confortevole della propria casa costituisce un elemento antropologico distintivo dell’abitare. La propria casa deve riuscire a trasmettere una sorta di pace interiore, al pari di una positiva influenza astrale. Mentre la bellezza della casa è una sorta di godimento estetico che si realizza totalmente a livello visivo, l’accoglienza che la nostra casa è in grado di esercitare su di noi coinvolge sostanzialmente tutto il nostro essere. Sebbene anche gli ospiti possano apprezzare e rilevare l’accoglienza della nostra casa («hai una casa molto accogliente»), questa è una caratteristica fruibile, in modo totale e profondo, soltanto dagli abitatori della casa stessa. Una casa bella ma non confortevole e accogliente potrebbe far fallire ogni tentativo di consolidamento delle radici degli abitatori. È quindi importantissimo che i colori, i profumi, le consistenze, le temperature della propria casa si attestino su di una frequenza così particolare da costituirsi difatti come irripetibile per gli abitatori. Ciò vuol dire che i colori che la casa assume nelle diverse ore del giorno (dapprima con la luce naturale, e poi con l’effetto dell’accensione dei punti luce) sia in grado di esercitare sull’animo degli abitatori una positiva influenza benefica in grado di determinare in essi la sensazione di essere a proprio agio. Quei colori devono, cioè, farci pensare di essere nell’unico posto giusto del mondo e che niente di più grande, di più lussuoso e più imponente potrebbe difatti sostituire quella determinata condizione. Lo stesso si può dire sia dei profumi della propria casa, sia di ogni altra caratteristica sensoriale che, permanendo sempre identica nel tempo, contribuisce al consolidamento del senso di familiarità della propria casa. La propria abitazione, infatti, non deve essere interscambiabile con altre abitazioni: la propria casa, possedendo un ontologia specifica che la rende unica, deve porsi per lo spirito degli abitatori come l’unico centro del mondo. È anche importante sottolineare un altro aspetto della filosofia dell’arredamento. Quest’ultimo, lungi dall’attestarsi e dall’esaurirsi in una dimensione meramente estetica, è invece un mezzo grazie al quale la psicologia degli abitatori della casa si fa manifesta e in qualche modo esplicita. La casa diviene, cioè, una sorta di specchio nel quale l’ordine mentale delle persone che vi abitano prende forma in un modo tale che, almeno dalla mia prospettiva, l’analisi dell’arredamento potrebbe considerarsi uno step obbligato – se non il primo step obbligato – da tutti gli psicoanalisti e psicoterapeuti che volessero davvero conoscere a fondo la psiche dei propri clienti. Infine vale la pena aggiungere, a questa carrellata di idee relative alla filosofia dell’abitare, anche un altro aspetto che forse, per importanza, li supera tutti. La propria casa è anche una sorta di narrazione continua della biografia degli abitatori. Questo è un punto centralissimo della riflessione sulla casa, che merita tanta attenzione. Oltre al processo continuo di abbellimento c’è anche un altro processo di arricchimento, altrettanto continuo, che si realizza progressivamente e parallelamente alla scorrere della vita delle persone che vi abitano. La casa, cioè, sembra mutare forma ogni qualvolta che le persone la arricchiscono di fotografie, esperienze condivise, oggetti comprati in particolari posti, soprammobili e regali. Ogni casa è unica anche perché ognuna di essa racconta una storia (tragica o eroica, triste o meravigliosa, rosea o cupa) che è unica come uniche sono le persone che hanno scritto quella storia. Ecco perché è importante che ogni persona veda la costruzione della propria casa come un obiettivo di vita di primaria importanza. Questo scopo, infatti, consente ad ogni persona di cominciare a costruire uno spazio con una propria identità, un ambiente che racconta una storia che, inevitabilmente, non potrà mai essere sovrapposta (o peggio, una prosecuzione) a quella della propria famiglia di origine. Sebbene la casa d’origine possa raccontare la nostra storia fino ad un certo punto (anche se questo punto, per varie ragioni, si sposta sempre più in avanti nella linea del tempo), è importante cominciare a trascriverne un’altra che abbia un’identità ben definita a partire proprio dall’ambiente-casa, che è il primo segno tangibile e concreto di una maturazione psicologica finalmente conseguita.

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