“SPLENDORI FARNESIANI. IL NINFEO DELLA PIOGGIA RITROVATO”.

L’esposizione “Splendori Farnesiani. Il Ninfeo della Pioggia ritrovato”, conclude il programma di attività ed eventi di valorizzazione ideato dal Parco archeologico del Colosseo, finito il precedente ottobre con la riapertura ai visitatori del Ninfeo della Pioggia negli Horti Palatini Farnesiorum.

La rassegna, visitabile fino al 7 aprile 2024, è stata pensata per mostrare al pubblico una ricostruzione di quelli che furono i valori, i significati e gli usi del Ninfeo e di tutti gli Orti Farnesiani nel periodo del loro massimo sfarzo, tra la seconda metà del XVI e il XVII secolo.

Il Ninfeo della Pioggia è all’interno degli Orti Farnesiani del Palatino, creato per desiderio del cardinale Odoardo Farnese come “triclivio estivo” e progettato nella forma odierna da Girolamo Rainaldi, era impiegato dai Farnese come luogo per feste e momenti di divertimento, soprattutto nelle stagioni calde.

L’architetto aveva avuto esempi dall’antica Roma e dal Rinascimento per eseguire una sala seminterrata decorata da affreschi e sculture in marmo. Con la morte del cardinale, l’omonimo nipote ed erede decise di modificare il giardino per supportare le proprie aspirazioni politiche. Sopra il triclinio fu edificato il Teatro del Fontanone, una successione di terrazze maestose e scale imponenti che si estendono intorno ad una fontana rustica.

La struttura si concludeva con due uccelliere, con arcate e cupole in rete metallica ornate dall’idioma del giglio farnesiano. Nel Ninfeo fu realizzata una parete interna la Fontana della Pioggia, formata da rocce calcaree, stalattiti e piccole vasche. Le statue furono restaurate dallo scultore Francesco Rondoni e le pareti della scala dipinte da Giovan Battista Magni, chiamato il Mondanino, che ritrasse rami di vite intrecciati.

Alla sommità della volta, l’artista riprodusse mediante un gioco di prospettiva una finta apertura dalla terrazza superiore, con musicisti e ornata da un pergolato con grappoli d’uva e uccelli.

I famosi giardini farnesiani erano lo scenario di diletto, ricerca, cerimonie e di autorappresentazione politica di una delle più rilevanti famiglie italiane di quell’età. La potentissima famiglia Farnese infatti utilizzava le sue dimore al Palatino per ospitare e meravigliare politici ed ecclesiastici che giungevano nell’Urbe, è a loro che i Farnese mostravano fiori e animali esotici, organizzavano balli e banchetti incantandoli e conquistandoli con esposizioni artistiche di altissimo livello.

L’evento è curato da Alfonsina Russo, Roberta Alteri e Alessio De Cristofaro.

Nel progettare la rassegna un particolare compito è stato quello del rinvenimento di documenti e opere che avessero una diretta relazione con il Ninfeo, gli Orti e l’aristocratica casata.

Allestendo in modo diverso le varie sezioni all’interno dei medesimi edifici dei giardini palatini, le composizioni scelte dialogano e si inseriscono negli spazi. Mediante tele, disegni dall’antico, stampe, sculture in bronzo, oggetti d’arte e apparati digitali innovativi, gli spettatori potranno immergersi nella vita e nelle atmosfere del tempo, seguendo la storia degli Orti e della famiglia Farnese nella stessa ottica e visione del mondo che determinava la nobiltà romana e italiana tra il tardo Rinascimento e il Seicento.

“Ricostruire in modo filologico e raccontare l’effimero e il patrimonio immateriale di un’epoca conclusa non è mai semplice. E’ sempre necessario un attento lavoro di ricerca che metta insieme i documenti, i testi, i monumenti e gli oggetti che di una data epoca costituiscono testimonianza storica. Poi bisogna affrontare la sfida del racconto, in forme che devono essere accessibili e comprensibili a tutti senza però semplificare o banalizzare. In questo il PArCO investe molto in innovazione, grazie alla sperimentazione e all’uso del

multimediale e delle tecniche dello storytelling”. Spiega Alfonsina Russo, Direttrice del Parco archeologico del Colosseo.

“Si esce da questa Galleria per entrare in una più piccola, dove, in diversi stipi di ebano, si trovano diverse curiosità, sia in cristallo che in agata, in ambra, pezzi di intaglio, di avorio, orologi….”.

Attraverso tali parole, il conte Caylus, racconta la “Galleria delle Cose Rare” Farnese nel Palazzo Ducale della Pilotta a Parma realizzata alla fine del Seicento da Ranuccio II, IV duca di Parma e Piacenza, che vi raccolse le opere provenienti dalle numerose residenze farnesiane. In una specie di “Camera delle meraviglie” in cui vi erano opere d’arte e di natura con lo scopo di infondere meraviglia, sorpresa e incanto, erano custoditi oggetti rari e di valore in cristallo, avorio, corno, pietre preziose, pezzi di oreficeria, bronzi, ambre.

Alcune di queste opere attualmente nelle collezioni del Museo e Real Bosco di Capodimonte, sono mostrate nella rassegna per attestare la cultura dei Farnese: parliamo ad esempio della Brocchetta in agata e della Coppa in cristallo di rocca, conseguite nel lavorare un solo blocco di materiale con enorme abilità e perizia tecnica o i Piatti in maiolica di Urbino, decorati a raffaellesche, creati tramite un impasto ceramico molto apprezzato e adoperato nelle tavole regali poiché si reputava che mutasse il sapore degli alimenti.

O continuando due manufatti intagliati nella noce di cocco e cioè la tazza biansata da cioccolata, che comprovano l’attenzione collezionistica della aristocratica casata per oggetti di curiosità di provenienza esotica.

Ancora presenti nella prima sezione i strumenti musicali che commemorano i concerti in tali ambienti.

La seconda sezione è ubicata nell’Uccelliera destra ed è chiamata “I protagonisti e l’ispirazione dell’antico”; qui vi sono le tele dei più illustri personaggi farnesiani, i capolavori pittorici vengono da collezioni museali pubbliche e private.

Si inizia dal cardinale Alessandro Farnese, poi papa Paolo III (Canino, 1468 – Roma, 1549); il secondo personaggio è Ranuccio I Farnese (Parma 1569 – 1622), figlio di Alessandro Farnese (11545 – 1592) e Maria d’Aviz di Portogallo, fu il IV duca di Parma e Piacenza.

Si arriva poi alla rappresentazione di Margherita Aldobrandini (Ducato di Castro, 1588 – Parma, 1646), figlia di Gian Francesco e Olimpia Aldobrandini, nipote del cardinale Ippolito, poi papa Clemente VIII. Quarto protagonista è Odoardo I Farnese (Roma, 1573 – Parma, 1626); pronipote del cardinale Alessandro Farnese il Giovane, fratello minore del duca Ranuccio I, divenne presto cadetto e membro del Santo Collegio.

Il V e ultimo ritratto è quello di Odoardo I Farnese (Parma, 1612 – Piacenza, 1646), secondogenito di Ranuccio I Farnese e Margherita Adobrandini fu il V duca di Parma e Piacenza e il VI duca di Castro.

Nella medesima uccelliera altre due sezioni dimostrano le origini e l’ispirazione dell’Antico degli Orti e l’uso dei giardini come luogo per le esibizioni artistiche e letterarie.

In esposizione anche un disegno di Antonio da Sangallo il Giovane e una famosa stampa di Gian Battista Piranesi che attestano la fortuna di tale monumento riguardo la storia dell’architettura rinascimentale e barocca.

La terza sezione nell’Uccelliera sinistra è denominata “La Wunderkammer”. Come tutte le grandi casate d’Europa anche i Farnese avevano formato, come già citato, una “Camera delle meraviglie” che radunando naturalia, mirabilia e artificialia, dimostravano i loro interessi collezionistici e scientifici, con l’idea di riprodurre una sorta di storia naturale e umana del mondo ancora conosciuto. Alcuni ambiti degli Orti Farnesiani possono essere ritenuti, in un certo senso, un’estensione spaziale della collezione situata a Palazzo Farnese.

L’istallazione multimediale di questa Uccelliera vuole mostrare con linguaggio contemporaneo alcuni dei temi della Wunderkammer farnesiana, mentre due degli uccelli in bronzo eseguiti dal Gianbologna per il Ninfeo Medici di Castello, descrivono le radici di una moda, quella delle Voliere, che si rifà a Varrone e all’antichità.

Dichiara Alessio De Cristofaro: “In essa oggetti del mondo naturale, archeologici, strumenti scientifici, fossili e curiosità sono accostati per analogia e connessione metaforica a ricostruire una mappa mentale del cosmo. L’allestimento multimediale però non è una ricostruzione precisa, quanto uno strumento che vuole suscitare nel visitatore quei sentimenti di curiosità e attrazione per l’esotico e l’insolito che furono tipici dell’epoca”.

“La scelta di allestire le opere nel Ninfeo della Pioggia e nelle Uccelliere”, espone Roberta Alteri, “restituisce il senso e le funzioni originarie di questi spazi, oggi non facili da percepire per il visitatore. Il Ninfeo era un luogo per feste e diletti progettato del Rainaldi come spazio multisensoriale, dove gli ospiti potevano appagarsi anche grazie alla piacevole presenza dell’acqua di pioggia simulata”.

Infine la IV e ultima sezione è l’Orto Botanico: la mostra è stata infatti una grande opportunità per la ricostruzione filologica del noto Orto istituito dalla nobile casata Farnese sul Palatino. Parliamo di uno dei più antichi Orti di questo tipo in Europa, caratterizzato dalla coltivazione di piante e fiori esotici provenienti specialmente dalle Indie e dal Nuovo Mondo.

La ricostruzione si è potuta ottenere in virtù dell’esistenza di un prezioso catalogo dello stesso, di Tobia Aldini (con Pietro Castelli), “Exactissima descriptio rariorum quarundam plantarum, quae continentur Romae in horto Farnesiano”, edito a Roma nel 1625 e presente nell’Uccelliera di destra.

Curata da Gabriella Strano, la ricostruzione rappresenterà da adesso in avanti una rilevante sezione del patrimonio del verde storico del Parco. Il volume dell’Aldini è pubblicato dal tipografo romano Mascardi.

L’antico patrimonio romano non smette mai di stupirci, la mostra infatti tramite i suoi oggetti, le sue opere e quadri, determinate dalla magnificenza delle figure rappresentate, costituisce un unicum ineguagliabile.

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