I SELVAGGI DELLA VIA CASILINA FRUSINATE

L’automobilista che percorre la via Casilina, la prima più antica strada d’Italia, uscendo da Arce e imboccando Colfelice, gli viene un groppo alla gola: la distruzione di piante, lo sterminio di antiche querce, dico: querce, in gran parte secolari con almeno, parecchie di loro, quasi tre metri di circonferenza. E se si prosegue fino a Cassino si capisce bene perché questa provincia continua sistematicamente a essere l’ultima o tra le ultime province in Italia, a prescindere da stadi, piscine olimpioniche e rotatorie che non si vedono neppure ad Abu Dhabi: i meravigliosi pini che la fiancheggiavano ma anche le querce e i platani, eternati da poeti e pittori per secoli, che ombreggiavano e indicavano la strada all’antico viaggiatore, da dove proveniva il canto degli uccelli e l’ombra ristoratrice, non ci sono più: al loro posto si incrementano e aumentano …i tabelloni pubblicitari, a godimento ed educazione di tutti, senza parlare dei bar e supermercati e venditori di macchine e di mozzarelle e di capannoni! E’ sufficiente invece entrare nella provincia di Roma, a Colleferro , e la situazione cambia, quasi un altro mondo: vedi lunghi tratti della strada fiancheggiata da nobili pini soprattutto, incolumi e generosi! Nella Ciociaria frusinate i pini meravigliosi in particolar modo, gioia della vista per tutti, decantati e ammirati, sono scomparsi, annientati, con efficienza hitleriana! Uno scompaginato mentale del luogo ha inventato il termine ‘pini killers’ e tutti pecorinamente a condividere, in tutti i contesti istituzionali, l’Amministrazione provinciale per prima come al solito: è divenuta quasi una libidine abbattere e tagliare alberi o capitozzarli! Addirittura tra Colfelice e Cassino si assiste ad uno spettacolo veramente tipico solo di questa trista provincia: hanno fatto rimanere in piedi una diecina di moncherini di pini di un paio di metri che scandiscono la via Casilina a tratti! E’ come se si dicesse: il bipede è annegato, allora distruggiamo l’acqua oppure il bipede è caduto in montagna, allora distruggiamo la montagna oppure il gatto ha graffiato il bambinello, allora distruggiamo i gatti!! Tale è il livello di questi autentici impuniti criminali della umanità! L’aspetto tragico e da spaventare non sono i malati di mente e i nemici della società di cui sopra, ma la gente, la popolazione, che assiste alla devastazione senza intervenire, con indifferenza o con ira repressa. Questa è la vera fortuna di questi scellerati: sono riusciti anche nella impresa di devastare e degradare l’anima della gente.

In tutto il mondo ci si rammarica e addolora e soprattutto ci si spaventa degli incendi delle grandi macchie verdi del continente e degli altri danni all’ambient, e tutto viene fatto e intrapreso per salvare e conservare; qui da noi si contribuisce.. abbattendo e devastando! Dicevamo all’inizio della Casilina ai confini tra Arce e Colfelice che su un lato era nobilitata da una quantità di querce: ora tutto desolato e abbattuto, hanno distrutto un patrimonio impagabile, ammazzato oltre cento querce: dico, querce, la pianta più nobile e sacra, la pianta di Abramo e di Sara e di Isacco, la pianta delle corone dei trionfi romani. Abbattute! Hanno desertificato l’ambiente. Ma perché? Su ordine di chi e su quale criterio? E dove sono andati i cadaveri? E le autorità e istituzioni preposte alla vigilanza, ve ne sono? Una felice conseguenza di tale distruzione è che il fossato che scorre lungo la strada è stato riempito di rifiuti e di immondizia e tale si presenta oggi a chi passa e si arresta: la solita discarica a cielo aperto: si sono portato via il buono, cioè il pregiato legno di quercia ed è restata la schifezza. E lo spettacolo va bene per tutti, come vanno bene gli scheletri in cemento armato in giro, i casolari in degrado, le costruzioni abusive, i capannoni e la cementificazione che ancora si autorizza mentre il suolo diminuisce ogni giorno che passa…

Stanno togliendo un bene essenziale alla esistenza dell’uomo, senza che nessuno delle istituzioni a partire dal Prefetto che rappresenta la solennità dello Stato, si senta coinvolto in tale eccidio della natura e del comune benessere. E la comunità montana così ciarliera e sensibile? Muta e cieca.

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