Plautilla Bricci, l’architettrice e accademica di San Luca in mostra alla Galleria Corsini di Roma

Nata nel 1616 nella Roma barocca di Pietro da Cortona e Bernini, Plautilla Bricci – architettrice (termine seicentesco, femminile del coevo architettore, e da lei stessa utilizzato) e pittrice iscritta alla prestigiosa Accademia di San Luca – fa parte del raro e sparuto manipolo di donne che sono riuscite in qualche modo a fare la loro comparsa, benché fugace e limitata, nella storia dell’arte, uno dei molti campi che, specialmente in passato, sono stati di esclusivo dominio maschile.

Si tratta di personaggi che, nonostante l’eccezionale esercizio dell’attività artistica – e nel caso di Plautilla Bricci anche di una insolita autonomia nella vita privata: riuscì ad evitare sia il matrimonio che il monacato –, purtroppo non ebbero comunque la libertà d’azione della quale era scontato godessero i loro colleghi uomini (che tutt’al più si trovavano a dover obbedire al mercato) ma che, con la consapevolezza odierna delle secolari ingiustizie costruite dalla società a danno delle donne, vale la pena di riportare alla luce, con l’augurio che siano occasioni di riflessioni, discussioni e rivalutazioni non soltanto del loro talento e del loro operato artistico, ma anche delle quotidiane discriminazioni, divieti, pregiudizi e pressioni – del tutto sconosciute ai loro corrispettivi maschili – che ancora oggi caratterizzano l’atteggiamento standard nei confronti di una qualsiasi professionista, dalla studentessa all’avvocata, dalla scienziata alla sportiva, costrette a subire penalizzazioni giornaliere in virtù di nient’altro che una consuetudine, priva di qualsiasi fondamento ragionevole e che però, per qualche motivo, la nostra società sembra proprio non voler abbandonare.

Plautilla Bricci è attualmente protagonista di una mostra alla Galleria Corsini di Roma – visitabile fino al 19/04/2022 – curata da Yuri Primarosa; a lei è inoltre ispirato il romanzo “L’architettrice” di Melania G. Mazzucco, uscito per Einaudi nel 2021.

Le opere romane per le quali è maggiormente conosciuta sono la Cappella dedicata a San Luigi IX, da lei progettata in San Luigi dei Francesi e per la quale ha dipinto anche la tela centrale (esposta in mostra) raffigurante il santo, e la Villa sull’Aurelia, detta del Vascello, commissionatale da Elpidio Benedetti, agente del cardinale Giulio Mazzarino, e distrutta nel 1849 proprio dai francesi in quanto ultimissima roccaforte della resistenza della Repubblica Romana.

Oltre alla sua produzione grafica, per la prima volta riunita in forma integrale, e alla sua presunta effige, sono esposte in mostra anche due opere realizzate per Poggio Mirteto: lo stendardo processionale commissionatole dalla Compagnia della Misericordia, legata al nipote del papa Urbano VIII Barberini, raffigurante la nascita e il martirio di San Giovanni Battista; la pala con la Madonna del Rosario per la cattedrale della città.

Le sue commissioni, di indubbio prestigio, e l’anomalia nell’anomalia della sua carriera come pittrice e architettrice che non era, come accadeva generalmente per le donne artiste, né figlia di un artista – come fu il caso, ad esempio, di Artemisia Gentileschi, apprezzabile in una luce particolarmente interessante al momento grazie alla mostra (che, al pari di questa, vale la pena di visitare) che riunisce a Palazzo Barberini una galleria di Giuditte e Oloferni, in una sequenza di

teste mozzate, ambienti fiabeschi e lenzuola imbrattate di sangue che mostrano i mille volti e le evoluzioni nella raffigurazione di questo tema tipico della pittura occidentale – né monaca, come fu il caso della sua omonima fiorentina, la pittrice Plautilla Nelli, rendono questa mostra un evento da non perdere, nel quale la retorica che troppo spesso offusca l’operato delle pochissime artiste che in passato hanno avuto modo di esprimersi operando come professioniste, cede il posto all’arte da lei prodotta.

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