L’ESPOSIZIONE ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE: “ARTE LIBERATA 1937 – 1947. CAPOLAVORI SALVATI DALLA GUERRA”.

Ospitano le Scuderie del Quirinale la mostra: “ARTE LIBERATA 1937 – 1947. Capolavori salvati dalla guerra”, una nuova esposizione, dal 16 dicembre 2022 al 10 aprile 2023, a Roma, a cura di Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, e Raffaella Morselli, professore di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Teramo, organizzata dalle stesse Scuderie in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD – Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà.

La rassegna, presenta più di 100 capolavori salvati durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre che un vasto panorama documentario, fotografico e sonoro, radunati in virtù della collaborazione di addirittura 40 musei e istituti, per una narrazione coinvolgente ed entusiasmante di un tempo tragico per la nostra penisola, commemorando un momento essenziale dell’identità civica nazionale che trova origine nel patrimonio artistico.

Roma, ricorda infatti un periodo doloroso della storia recente nella mostra, in cui vengono riattraversati gli avvenimenti che hanno condotto al salvataggio di importanti capolavori del patrimonio artistico italiano, messi in pericolo dagli eventi bellici della guerra, e dagli obiettivi collezionistici dei gendarmi tedeschi.

La mostra, è rivolta ai personaggi che nell’ambito drammatico del conflitto armato, che ebbero la lungimiranza di capire il pericolo che gravava sul patrimonio artistico del nostro Paese, e che effettuarono con coraggio e tempestività azioni determinate per metterlo in sicurezza, ottenendo in questo modo il salvataggio di un esteso numero di opere dalla distruzione.

Con l’inizio del conflitto, le maggiori personalità della cultura italiana per evitare la minaccia dei bombardamenti aerei, diedero origine alla così chiamata “operazione salvataggio”, la quale contemplava il trasferimento dei capolavori mobili fuori dai centri urbani e la protezione nel medesimo posto dei beni che non potevano essere mossi.

Da nord a sud, si può rilevare come le istituzioni, prima fascista e poi semilibera e americana, siano state basilari per la tutela e la conservazione.

L’accortezza e la precisione del Ministro Giuseppe Bottai che ha concepito il sistema di salvaguardia, nel modo in cui, alla conclusione della seconda guerra fosse stato possibile rinvenire ogni specifico pezzo, ha facilitato i funzionari, i quali, successivamente all’armistizio, si sono trovati ad operare da soli. Da una parte i tedeschi, i quali avevano l’ordine di svuotare ogni rifugio, dall’altro gli americani, che dovevano arrestare i saccheggi. Nel mezzo, i nostri soprintendenti e direttori di gallerie, i quali hanno amministrato e trasferito lungo l’Italia il nostro patrimonio per poterlo consegnare a noi.

Nel 1939, davanti all’imminenza del conflitto armato, il Ministro Bottai divulgò alcune direttive destinate alla protezione di statue, fontane affreschi e luoghi di rilevanza storica, artistica e culturale. Per questo chiese, monumenti ed edifici di prestigio furono puntellati, riempiti con sacchi di sabbia e ricoperti da armature ignifughe: un modo che l’allestimento della rassegna romana intende ricordare.

I numerosissimi dipinti e sculture sono stati messi in salvo in depositi improvvisati, all’interno di strutture come la Rocca di Sassocorvaro, il Palazzo dei Principi di Carpegna, l’Abbazia di Montecassino o il Palazzo Ducale di Urbino. Di quest’ultimo, nel percorso di visita vengono esibite immagini emozionanti che fanno comprendere il tormento di quei mesi.

Dopo l’armistizio del 1943, ai bombardamenti si associa il pericolo delle depredazioni dei beni, che rese necessarie nuove strategie d’azione. Esattamente in tale circostanza si evidenziarono figure eccezionali come quella di Emilio Lavagnino, che coordinò in modo individuale e completamente volontaria la dislocazione dei capolavori fino a Città del Vaticano, allora valutato un posto sicuro in questo territorio neutrale.

Il percorso espositivo alle Scuderie del Quirinale, ripresenta le atmosfere dei depositi di emergenza. Oltre a Lavagnino, la rassegna celebra anche insigni personalità che seppero salvaguardare il patrimonio artistico: fra cui Giulio Carlo Argan, Giulio Battelli, Jole Bovio Marconi, Palma Bucarelli, Giuseppe Poggi, Fernanda Wittgens e Rodolfo Siviero.

Una peculiare considerazione è stata dedicata a Pasquale Rotondi, che in quel periodo dirigeva il Palazzo Ducale di Urbino.

“E’ importante che le storie dei protagonisti del salvataggio del nostro patrimonio arrivino chiare al pubblico, rinnovando l’eccezionale valore del lavoro svolto da una compagine di persone che credeva nel valore etico dell’arte, perché senza passato saremmo stati senza futuro. Per esempio, di Pasquale Rotondi, lo storico direttore di Palazzo Ducale, tutti nelle Marche ricordano la lucidità delle sue scelte, la compostezza del suo comportamento, lo spessore della sua cultura”, illustra Luigi Gallo co-curatore della mostra e odierno direttore della Galleria Nazionale delle Marche.

La mostra, si dispiega mediante tre principali filoni narrativi.

Il primo: Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte, descrive l’alterazione subita dal mercato dell’arte all’indomani della stipulazione dell’asse Roma-Berlino (1936); per favorire il desiderio collezionistico di Adolf Hitler ed Hermann Goring, i gerarchi fascisti agevolarono il consenso di cessione di rilevanti opere d’arte quale il Discobolo Lancellotti, copia romana del famoso bronzo di Mirone, fra le opere di rilievo della rassegna o le opere d’arte della collezione Contini Bonacossi di Firenze.

Il secondo nucleo dell’esposizione: Spostamenti e ricoveri, inizia nel 1939 quando, con l’invasione della Polonia di Hitler, il ministro dell’educazione Giuseppe Bottai realizzò, come già citato, le operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale ideando un piano per lo spostamento dei capolavori. Da qui il percorso incrocia tante storie, dai rapporti tra i soprintendenti italiani e il Vaticano, all’onere fondamentale di curatrici donne come Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio, il giovane sovrintendente delle Marche, il quale incaricato di predisporre un deposito nazionale, salvò molteplici opere ricoprendo in tale sezione una posizione fondamentale.

“Nel giro di un mese”, prosegue il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, “Raimondi è riuscito a mettere in salvo seimila opere infilando tutto dentro casse che mise in deposito tra Sassocorvaro, Carpegna e Urbino. Non fu affatto un diplomatico. Arrivò a Urbino nell’ottobre del 1939 e fu incaricato di realizzare depositi con rudimentali sistemi antincendio, antifurto, il tutto comprato con soldi in prestito, facendo anche dei buffi perché il ministero non inviava denaro. Si trovava spesso a spostare le opere con camion presi in prestito. Fu così anche per Emilio Lavagnino che si spostava per tutto il Lazio a bordo di una Topolino, chiedendo in prestito le ruote a Palma Bucarelli. Sono persone che hanno anteposto il patrimonio alla loro stessa vita”.

Il terzo ed ultimo filone: La fine del conflitto e le restituzioni”, esamina le missioni per il recupero e la salvaguardia delle opere trafugate alla conclusione del conflitto. Ai funzionari italiani, si affiancarono gli uomini della “Monuments, Fine Arts, and Archives Program” (MFAA), una task force formata da

professionisti dell’arte di tredici Paesi ed organizzata dagli alleati durante il secondo conflitto mondiale per preservare i beni culturali e le opere d’arte nelle aree di guerra. Con il termine del conflitto armato, cominciarono le restituzioni dei beni trafugati dai nazisti con oltre seimila capolavori rinvenuti fino ad oggi.

Il percorso finisce attraverso le restituzioni e il tributo alla azione dei Monuments Men, guidati da Mason Hammond, filologo di Harvard. Con gli oltre cinque milioni di capolavori salvati dal Collecting Point di Monaco di Baviera, I Monuments Men hanno riconsegnato a tutta Europa i loro beni, procedendo principalmente in Italia, come testimoniano gli interventi di Camposanto di Pisa, e i ritrovamenti presso Campo Tures nelle gallerie del Castello di Neumelans.

Nella prima sala, dopo Hitler che contempla il suo museo, vi sono due filmati dell’istituto Luce che attestano il suo viaggio in Italia, Napoli e Firenze, dove si può vedere il cancelliere tedesco attento al patrimonio del nostro Paese e, contemporaneamente, attento ad immaginare come edificare il suo museo.

Personalità importanti, pertanto, come Hans Posse a cui viene dato l’incarico di dirigere e selezionare le opere per il Fuhrermuseum, incarico accettato in seguito da Herman Voss.

La mostra si sviluppa tramite un percorso storico e figurativo in quanto il primo piano propone le esportazioni forzate mentre il secondo descrive l’azione dei soprintendenti divisi per città, appunto da nord a sud. L’ingresso è proiettato nel far capire come Hitler ammirasse e desiderasse realizzare una storia e una cultura al suo presunto millenario Reich.

Il Discobolo Lancellotti è presente eccezionalmente all’interno dell’esposizione di fronte alla fotografia che raffigura Hitler di lato allo stesso lungo il suo viaggio in Italia nel 1938. Il Discobolo, vincolato nel 1909, viene comprato dal Fuhrer per cinque milioni di lire, grazie alla mediazione di Gian Galeazzo Ciano, il quale diviene subito figura centrale dell’estetica nazista e dell’ideale ariano di bellezza virile. Il Discobolo rimase in questo modo in territorio tedesco, per l’esattezza nella Gliptoteca, fino al termine del conflitto, quando lo storico dell’arte Rodolfo Siviero riuscì a convincere il Governo Militare Alleato che l’opera, con tanti altri capolavori, era stata acquistata illegalmente dai nazisti in virtù dell’alleanza tra due regimi tirannici. Così, malgrado molte opposizioni, ricorsi giuridici e ritardi della Repubblica Federale Tedesca, il 16 novembre 1948 il Discobolo rientrò nella nostra Nazione, insieme ad altre opere che erano state esportate illegalmente tra il 1937 e il 1943.

Il Discobolo da Palazzo Massimo in Roma, è stato condotto alle Scuderie avvolto da una speciale struttura protettiva. Parliamo di una statua che alla fine di questa rassegna, varierà successivamente sede in primavera, venendo spostata a Palazzo Altemps e dando così inizio a Urbs, lo straordinario progetto di rinnovamento del Museo Nazionale Romano. Il Discobolo è una scultura creata intorno al 455 a.C. da Mirone. La statua originale era in bronzo, attualmente è formata soltanto da copie marmoree di età romana, tra cui la migliore è quasi sicuramente la versione lancellotti. L’opera venne probabilmente realizzata per la città di Sparta, e rappresenta un atleta nell’azione di scagliare il disco.

L’esposizione è un’opportunità senza eguali per ammirare, per la prima volta radunate nello stesso ambiente, capolavori di elevatissima valenza artistica, giunti fino a noi: appunto dal Discobolo Lancellotti alla Danae di Tiziano Vecellio a Santa Palazia di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, dai noti ritratti di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez e di Enrico VIII di Hans Holbein il Giovane fino a moltissime opere custodite nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, quali la Crocefissione di Luca Signorelli, l’Immacolata Concezione di Federico Barocci e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.

In mostra anche circa centoquaranta riproduzioni fotografiche, trenta documenti storici oltre a più di una ventina di estratti da filmati d’epoca; prove fondamentali dei momenti più tragici della storia italiana.

Come è usuale, anche in occasione della mostra: “ARTE LIBERATA 1937 – 1947. Capolavori salvati dalla guerra, le Scuderie del Quirinale offrono al pubblico, da gennaio 2023, un ricco programma di incontri collaterali, una successione di conferenze, coordinate dal giornalista Paolo Conti ed organizzate nella sede delle Scuderie del Quirinale, dirette ad approfondire alcuni aspetti particolari della rassegna mediante la narrazione di storici dell’arte, archeologi, documentaristi e dei protagonisti del rinvenimento delle opere d’arte trafugate, quali i Monuments. Tramite il percorso dell’esposizione, gli incontri guideranno i partecipanti attraverso un coinvolgente racconto, dei ricorsi e dei sentimenti che hanno determinato i problematici anni di guerra.

Il catalogo è edito da Electa, ed è stato ideato in modo da riflettere la struttura tematica della rassegna, mediante le vicende di tali antieroi e antieroine che difesero con le opere il concetto medesimo di bene culturale quale allegoria di tutela di una memoria comune.

E’ stato pubblicato anche un libro, sempre edito da Electa, del formato classico del mercato editoriale, e rappresenta un’operazione culturale prestigiosa, denso infatti di avvenimenti avventurosi, ricerche e documenti.

La mostra è un esempio di collaborazioni istituzionali, con la partecipazione della Direzione Generale Musei del Mic, della Galleria Nazionale delle Marche, dell’Archivio Luce – Cinecittà, dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, e della collaborazione con partner che hanno sostenuto il progetto: Ferrovie delle Stato Italiane, American Express, Unilever-Magnum, Banca Passadore & C., Fondazione Passadore 1888.

“ARTE LIBERATA 1937 – 1947. I capolavori salvati dalla guerra”, è un’esposizione emozionante ed entusiasmante, che produce riflessioni non solamente sulla nostra salvezza, ma sul bisogno di mantenere e preservare la nostra storia e la nostra cultura; in conclusione una mostra rispettosa del nostro Patrimonio. I visitatori infatti, vedranno alle Scuderie del Quirinale, la parte migliore dell’arte sopravvissuta alla II guerra mondiale, potendo usufruire di un’eredità eccezionale e preziosa.

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