Fiumicino ha da offrire molto, perché Fiumicino non nacque con l’istallazione dell’aeroporto, ha origini molto più antiche, risale infatti al periodo dell’impero romano e così come in tutti i dintorni della moderna Roma, vi si possono ammirare i resti di quello che fu l’impero più leggendario e celebrato dell’epoca passata.
Con l’edificazione dell’aeroporto “Leonardo Da Vinci”, l’economia della città di Fiumicino è mutata totalmente, il cantiere infatti per la costruzione dello scalo romano, ha dato vita a importanti rinvenimenti, creando un fondamentale impulso nell’ambito turistico.
Attualmente Fiumicino custodisce il Parco Archeologico di Ostia Antica, uno dei più rilevanti della capitale, oltre a molte altre testimonianze delle civiltà che si sono succedute in questi floridi territori. Ostia è la più antica colonia di Roma, alla foce del fiume, che costituisce da secoli il porto della città. Gli scavi del XIX e XX secolo, permisero di leggere la struttura urbanistica e architettonica di Ostia nel suo insieme, creando una visione esaustiva sia dell’aspetto sia della funzione dei singoli edifici. L’area archeologica, odiernamente completamente visitabile con percorso all’interno ed all’esterno dei fabbricati, comprende templi, teatro, case dipinte, ricchi apparati decorativi sugli edifici pubblici, magazzini e botteghe, luoghi di culto delle principali religioni del mondo antico.
Alla fine degli anni Cinquanta i lavori per la realizzazione dell’aeroporto di Fiumicino, mostrarono grandiose strutture murarie, come il molo settentrionale e la banchina orientale del bacino del Porto di Claudio. I lavori di edificazione del grande porto, ebbero inizio con l’imperatore Claudio nel 42 d.C.; la sua costruzione, di dimensioni imponenti, continuò per anni, fu infatti inaugurata sotto il principato di Nerone, nel 64 d.C.. L’opera, sebbene colossale, risultò inadeguata; già nel 62 d.C., come scrive Tacito, una tempesta distrusse 200 navi che erano alla fonda all’interno del bacino, e nei decenni seguenti, il porto fu soggetto anche a un progressivo insabbiamento. Per questi problemi Traiano realizzò, tra il 100 e il 112 d.C., un nuovo bacino portuale più interno, il Porto di Traiano, in comunicazione con quello più antico e al Tevere da un canale artificiale, la fossa Traiana, attualmente canale di Fiumicino. Le rovine della città di Portus, il porto di Roma per eccellenza, sono a circa 3 kilometri dalla costa di adesso: le reti stradali, le infrastrutture, e l’urbanizzazione progressiva, ne rendono complesso il riconoscimento da terra. All’epoca, si suppose che il porto di Claudio avesse un accesso a nord, come indicato dai molteplici disegni antiquari del XVI – XVII secolo. Malgrado le importanti sopravvivenze degli antichi complessi, la ricostruzione del porto di Claudio, specialmente nella zona meridionale, si fonda su indicazioni ricavate da fotografie aeree e dalla cartografia portuense del periodo rinascimentale. Oggi, le ricerche archeologiche hanno provato che l’ingresso invece doveva essere a ovest, dove due lunghi moli, uno settentrionale in parte visibile e uno meridionale, al contrario, ricoperto da metri di sedime e sotto l’odierna città di Fiumicino, confluivano verso l’imponente Isola Faro, riportata dalle fonti, ma dalla quale è dubbia la precisa collocazione. Negli scavi degli anni cinquanta, sopra la banchina, affiorarono la così chiamata “Capitaneria”, struttura multifunzionale che ha riportato una volta dipinta sulla quale è ritratto il faro, un piccolo impianto termale e una cisterna nella vicina area di Monte Giulio.
Ma la scoperta che ebbe più risonanza, fra il 1958 e il 1965, fu quella degli scafi lignei di sette imbarcazioni di età romana durante appunto la costruzione dell’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci”. I relitti erano ubicati infatti nell’area dell’antico Porto di Claudio, un maestoso bacino di 150 ettari che durante i secoli venne riempito dai sedimenti dal Tevere, come già citato, sino a sparire quasi completamente. Il ritrovamento rimanda in primo luogo ad una visione plastica di quello che doveva essere la vita in uno scalo portuale come questo, il più grande e importante scalo marittimo del mondo antico. Possiamo dedurre che,
in passato, qui fosse situato un vero e proprio “cimitero” dove venivano abbandonale le imbarcazioni molto vecchie e danneggiate per offrire ancora servizio.
Questa scoperta diede il via alla costruzione del Museo delle Navi sul luogo del rinvenimento, nel 1979, in via Alessandro Guidoni.
Per salvaguardare l’integrità e la conservazione dei fragili relitti lignei, si opterà per l’esposizione al pubblico soltanto dei cinque conservati meglio. La scoperta della prima imbarcazione, Fiumicino 2, Oneraria Maggiore II, è del 1958. Nel 1959, furono ritrovate Fiumicino 1, Oneraria Minore I, e Fiumicino 5, Barca del Pescatore, più due frammenti di fiancata che però non facevano parte di nessuno di questi relitti. In ottima conservazione sono Fiumicino 1 e 2, individuabili come naves caudicarie. Le caudicariae, una specie di grandi chiatte fluviali, erano usate per il trasporto delle merci dal porto. Queste chiatte mancanti di vele, erano trasportate tramiti funi da uomini, gli helciarii, presenti nelle fonti classiche, o da buoi che procedevano sulla riva del Tevere; questo sistema di alaggio fu adoperato sino alla fine del secolo XIX. Anche Fiumicino 3 è un natante di tipo fluviale ma di dimensioni più piccole rispetto ai precedenti. L’ultimo scafo, quello di Fiumicino 4, Oneraria Minore II, fu scoperto nel 1965, essa, avente inizialmente una vela quadra, è al contrario un’imbarcazione conforme ad una navigazione marittima di cabotaggio o ad una attività di pesca costiera. E proprio a quest’ultima attività era destinata la piccola “Barca del Pescatore”, Fiumicino 5, equipaggiata con un vivaio centrale per il trasporto del pesce. Il fondo dello scafo, era appunto forato in corrispondenza del vivaio, consentendo così la circolazione interna dell’acqua e la conservazione del pescato.
Al principio, le strutture lignee, a contatto con l’acqua, furono sottoposte a un considerevole deterioramento per cui si pose rimedio riparandole con stuoie, sabbia e teloni. In seguito, fu scavato un corridoio anulare attorno al perimetro dei relitti e a partire da questo, passaggi trasversali al di sotto della chiglia. Così, fu fattibile la realizzazione di una centinatura lignea per sostenere le fiancate e poter risanare, nella sua totalità, le imbarcazioni. Portate all’interno del museo in via di allestimento, l’Istituto Centrale del Restauro Di Roma, eseguì gli indispensabili lavori di consolidamento con una miscela di resine. Infine, dopo il definitivo posizionamento degli scavi sui telai d’acciaio di supporto, il 10 novembre del 1979 il museo venne aperto al pubblico.
La straordinaria collezione di imbarcazioni ospitate nel museo di Fiumicino non solo impreziosisce la nostra conoscenza delle varie tipologie navali, nell’epoca passata ad iniziare dall’età imperiale, per le diverse attività inerenti al porto di Roma e alla navigazione del Tevere, ma ci consente di apprezzare il sistema di costruzione impiegato dagli antichi mastri d’ascia. All’interno del museo, sono presenti anche i materiali ritrovati nel corso dello scavo, tra cui componenti dell’attrezzatura di bordo, anfore, marmi e oggetti in ceramica e bronzo, manufatti che, attraverso il mare, arrivavano al porto.
Il bisogno di creare, in tempo rapido, un luogo per custodire e mostrare al pubblico le navi indusse alla realizzazione di un edificio minimalista, un grande contenitore lungo 33,5 metri e largo 22 metri, somigliante a un cantiere navale. Anche l’allestimento interno seguì questo prototipo con la collocazione delle due imbarcazioni di maggiori dimensioni in altrettante vasche navali. Il museo, fu dunque inaugurato nel 1979, con un allestimento ultramoderno per la sua epoca; successivamente tuttavia con le mutazioni delle normative, si manifestarono gli ostacoli di un progetto strutturale modesto ed economico, infatti nel 2002, dovette essere chiuso.
Da quell’anno, moltissime operazioni hanno riguardato la struttura: bonifica dell’amianto, rafforzamento delle travi in acciaio della copertura, consolidamento della struttura portante e delle fondazioni; tutto ciò senza rimuovere le imbarcazioni in un altro luogo, a causa della loro fragilità.
Per ultimo attraverso un sostanzioso stanziamento dei Grandi Progetti Strategici del Ministero della Cultura, di quattro milioni di euro per il Parco di Ostia Antica e di Fiumicino, 1,7 milioni destinati appunto alla riapertura del Museo delle Navi Romane, è stato fattibile l’attuazione del nuovo progetto attraverso un integrale ripristino. Sono state eseguite nuove dotazioni impiantistiche, dall’efficientamento energetico al rifacimento degli esterni, dall’eliminazione delle barriere architettoniche al rinnovato allestimento espositivo. Il fulcro della nuova esposizione sarà determinato dalle navi, che saranno caratterizzate da una grande operazione conservativa, incentrata sull’analisi dell’attuale stato di fatto e sulla documentazione tecnica dei passati interventi. Lo scopo è doppio: assicurare la conservazione delle imbarcazioni e ricostituire i requisiti conservativi appropriati, per permettere la presenza del pubblico. I restauri saranno realizzati nel museo, dopo la sua ultimazione, senza smontare le navi dai supporti vi sarà una teca trasparente, al cui interno si compiranno gli interventi conservativi, al cospetto dei visitatori. La sala principale comprenderà superfici più vaste e adattabili: le pareti saranno costituite da vetro e saranno apribili, in modo da facilitare la visita e adeguare l’edificio a distintive esigenze quali eventi, iniziative didattiche ecc. Vi sarà poi una passerella, ad un’altezza di circa 2,5 metri, per guardare le imbarcazioni dall’alto. Il percorso di visita si svolgerà appunto su due livelli, al piano terra e sulla passerella aerea che si articola lungo le pareti e fra le due grandi chiatte fluviali al centro della sala, consentendo la visione delle navi a svariate altezze, la chiglia e l’opera viva, la linea di immersione, le parti conservate dell’opera morta e in conclusione l’immagine completa dall’alto dei relitti. Di essi, si hanno infatti solo le strutture del fondo che, ricoperte dai sedimenti marini, hanno resistito all’azione distruttrice dell’acqua, della flora e della fauna marina. Gli uffici saranno totalmente rinnovati attraverso una nuova configurazione di adattabilità, con pareti mobili per trasformare gli spazi in relazione alle diverse esigenze. Anche tutti gli impianti: idrico, elettrico, climatizzazione, toilette, verranno integralmente modernizzati.
Il percorso del museo rivelerà la struttura delle navi, i metodi costruttivi, l’armamento delle imbarcazioni, l’impianto di Portus, il modo di vivere che vi era a bordo e nel porto e ciò che le navi trasportavano. Insomma, la sala multimediale racconterà la vita fra mare e fiume e con due touch screen, renderà più approfondita la conoscenza attraverso il momento di visita.
Le navi, sono state oggetto di ulteriori studi negli ultimi anni da parte di Giulia Boetto, che ha coordinato anche il riallestimento del museo insieme a Simon Keay, da tempo dedicato nelle ricerche sui porti di Roma, e con Renato Sebastiani (SSABAP Roma, PaOANT).
La visita nel Museo delle Navi Romane sarà emozionante e coinvolgente, avvolta da arte, cultura, i secoli passati, la nostra memoria storica. E’ un patrimonio culturale di tutti non solo del territorio ma il territorio stesso che può rappresentare fonte avanzata di crescita anche nel turismo. I reperti ci ricordano infatti come Roma non esisterebbe senza la sua foce, quella del Tevere, e Ostia non esisterebbe senza Roma; e possiamo infine affermare, con entusiasmo, che tornerà all’ampio pubblico e ai cittadini il ricco patrimonio inerente alla navigazione del Mediterraneo.