L’arte di Edouard Manet tra cavalli e fotografia

Colto, raffinato, amante dell’arte antica, assiduo e attento frequentatore dei musei, ma anche spregiudicato, coraggioso, vivacemente proiettato verso la vita, la realtà, il mondo: questo è stato Edouard Manet (Parigi, 1832 – 1883), una figura chiave nella storia della pittura ed un “caso” appassionante fra gli impressionisti parigini. Basta pensare al fatto che non partecipò mai a nessuna mostra del movimento di cui era comunque considerato uno dei padri fondatori e che la sua morte segnò, di fatto, lo scioglimento del gruppo di artisti di questa corrente.

A Manet si devono i più penetranti ritratti e le immagini, a tratti folgoranti e a tratti provocatorie, di un’epoca parigina che si affacciava alle soglie della modernità, con la consapevolezza di un mondo in rapida evoluzione.

Parlare di Manet significa parlare di impressionismo, certo, ma anche di fotografia e di corse di cavalli. Verso il 1830, infatti, in Francia si era diffusa, proveniente dall’Inghilterra, la moda delle competizioni tra equini: un’occasione mondana, un avvenimento imperdibile per il bel mondo parigino.

Nel 1857 era stato inaugurato l’ippodromo di Longchamp nel Bois de Boulogne e tutta l’alta società era solita darvisi appuntamento, più per far parte dell’evento che per assistere alle gare. Patrono delle corse parigine è il Jockey Club, fondato da inglesi residenti in Francia, che godrà ben presto della collaborazione e dei finanziamenti degli uomini d’affari, dei politici e degli industriali più in vista della città.

La fotografia, sviluppata tra gli anni ’30 e ’40 del XIX secolo, si impose rapidamente come uno strumento capace di imprigionare l’attimo in modo molto più fedele della pittura, ridimensionando drasticamente il ruolo della pittura nella ritrattistica: tutti, infatti, volevano essere immortalati dai fotografi che, con le loro apparecchiature, erano in grado di rendere naturale ciò che, in realtà, richiedeva lunghe ed estenuanti sedute di posa.

Questo accadde anche per il mondo delle corse dei cavalli: un’affascinante sfida pittorica per gli artisti del periodo che, però, spesso induceva all’errore gli artisti stessi, come nel caso del dipinto “Il derby di Epsom”, realizzato nel 1821 da Jean-Louis Gericault. L’autore di quest’opera, infatti, nel ritrarre gli animali al galoppo, cadde nell’errore di raffigurarli con tutte e quattro le zampe contemporaneamente alzate, come se rimanessero sospesi in aria.

Manet, invece, da attento osservatore della realtà quale era, scelse di dipingere i cavalli di fronte e non di profilo: nella sua opera “Corse di cavalli a Longchamp”, riuscì in tal modo a rendere l’effetto della corsa dipinta molto più naturale, rompendo al tempo stesso con la tradizione che voleva i cavalli dipinti di profilo. I fantini sembrano dirigersi in corsa verso di noi, collocando lo spettatore al centro della gara stessa.

Questo è solo un esempio dell’astuzia di questo artista che nella sua vita viaggiò moltissimo, prese parte alla guerra tra Prussia e Francia nel 1870, ebbe alcune buone soddisfazioni, ma raccolse anche molti insuccessi e delusioni dal punto di vista professionale, prima di lasciarci, nel 1883, con un patrimonio artistico immenso, senza tempo e dal valore inestimabile.

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