La Sagra del Mandorlo in fiore: una tradizione che si tramanda di cuore in cuore

“L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra… chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita” (Goethe).

I versi carezzevoli e pieni di magia del celebre studioso, in onore di questa Terra, sono il simbolo di una città in grado di donare, a chi la osserva e la vive, l’incanto e la disillusione, il dolce e l’amaro, la leggenda e la storia di un popolo che è, al contempo, forte e debole, tradizionalista e moderno.

In questo scenario si staglia, topograficamente e storicamente, la città di Agrigento, o Girgenti, o Akragas, madre dei Templi e Tempio lei stessa, protagonista di genti e tradizioni susseguitesi nei secoli.

Ai piedi della “collina sacra”, storia, folklore ed arte si mescolano armoniosamente in una festa di primavera che Agrigento e la sua Valle offrono all’attenzione del mondo.

Una fusione di tradizioni, storia e folklore tipici di Agrigento con la ricerca di cultura, e globalizzazione che il mondo moderno pretende e impone senza sosta e senza deroghe.

La Sagra del mandorlo in fiore, è la manifestazione più importante dell’anno per la città. Nata a Naro come festa contadina per salutare la precoce fioritura del delicato fiore del mandorlo, simbolo della rinascita e della purezza. Un fiore che sbocciava in un adiacente vallata e, trasferita nella valle del capoluogo (si pensa sia stato nel 1935 il Conte Gaetani) anch’essa tinta dal bianco fiore che trasforma la Valle dei Templi in un tappeto bianco, rende di diritto Agrigento capitale del folklore internazionale con una miscela di popoli tale da rendere la città simbolo di pace.

Lo scopo era quello di esaltare la primavera agrigentina regalando una giornata di festa e spensieratezza a tutti i contadini della Valle del paradiso. Una giornata dove tutto si fermava lasciando fluire le emozioni libere di esprimersi nell’osservare la “valle del Paradiso” (la valle sottostante il paese di Naro) che come per magia si trasformava in una valle incantata dalla nube bianca dei fiori di mandorlo: Un appuntamento che si ripete da oltre mezzo secolo e che è diventato un punto di ritrovo tra i popoli della terra.

In seguito la festa si trasferì ad Agrigento, per mostrare questo splendido spettacolo a tutta l’intera provincia agrigentina e avere una maggiore risonanza nel mondo.

Evento che trae origini profonde dalle storie e tradizioni più antiche e che, al contempo, si proietta verso il futuro, con la sua apertura al mondo e all’integrazione, e verso il moderno, con l’accettazione delle più recenti regole di convivenza e sviluppo delle relazioni umane.

Durante il trascorrere degli anni la Sagra allargò i suoi orizzonti raccogliendo sotto lo splendido scenario della Valle dei Templi i popoli di tutte le razze e culture.

L’inizio della Sagra si apre con una suggestiva cerimonia: la Fiaccola dell’amicizia che consiste nell’accensione del tripode dell’amicizia, posto dinnanzi il tempio della Concordia, alla presenza dei rappresentanti di tutti i popoli partecipanti alla Sagra.

Ecco che Agrigento centro geografico e storico del mediterraneo, diventa anche il fulcro della concordia e della cultura dei popoli. Lo spirito di gioia, che aleggia nell’antica Akragas durante la Sagra del mandorlo in fiore arriva così a superare ogni barriera ideologica o razziale. Un assemblaggio armonico di tradizioni popolari e di storia di gruppi folkloristici che presentano, durante affollati spettacoli e fiaccolate in tutta la città, un incontro, un abbraccio tra tutti i popoli, mirato a fare crescere e rafforzare i valori della pace, della fratellanza e della libertà, facendo vivere alle migliaia di spettatori un immenso viaggio nella storia e nelle tradizioni.

Il momento più esaltante della festa è la domenica conclusiva sullo sfondo della splendida Valle dei Templi, con l’assegnazione da parte di una giuria internazionale del tempio d’ Oro dopo una splendida sfilata che, con canti e danze di popoli, attraversa tra festanti ali di gente, le vie della città.

Agrigento, trasforma così l’esperienza del territorio e dei suoi abitanti alla scoperta, al risveglio e alla riunione dei vari popoli del mondo, facendo riemergere quei valori di amicizia e di pace che, purtroppo, la civiltà contemporanea ha dimenticato e che la valle cerca almeno per pochi giorni di far risorgere.

Ormai la “Sagra del Mandorlo in fiore”, ha raggiunto un prestigio e un notevole livello di modernizzazione senza, tuttavia, perdere di vista le sue origini, il tutto in uno stravolgimento della regola che pure lascia tutto immutato, nella contemplazione di un vecchio adagio, promosso da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che ben rispecchia il sentire agrigentino e siciliano: “se vogliamo che tutto cambi, bisogna che tutto resti com’è”.

E’ un momento di dolore e sofferenza per tutto il Paese e, purtroppo, anche quest’anno sembrerebbe essere stata rimandata ma non ci sarà virus che possa mutare ciò che è e che sempre si tramanderà grazie alla storia e ai ricordi di generazioni che ne lasceranno il segno nella mente e nei cuori di tutto il mondo.

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