La morte di Pier Paolo Pasolini: la verità è nell’oscurità

Roma – Il Il 2 novembre del 1975, all’Idroscalo di Ostia, sul litorale romano, veniva trovato il corpo travolto e percosso senza vita di Pier Paolo Pasolini. Oggi, dopo 43 anni, le dinamiche della morte non sono chiare a nessuno.

Ricostruendo cronologicamente i fatti, Pasolini esce di casa intorno alle 21, si reca nelle zone di Stazione Termini e a Piazza dei Cinquecento incontra Pino Pelosi, il quale viene invitato a salire sull’auto dietro la promessa di una somma di denaro. Dopo una cena offerta dallo scrittore dalla trattoria Biondo Tevere, i due si diressero alla periferia di Ostia. La tragedia, secondo le testimonianze di Pelosi durante la sentenza ufficiale, si è consumata a seguito di una lite per pretese sessuali di Pasolini alle quali il ragazzo era riluttante, degenerata poi fuori dalla sua Alfa Romeo 2000 GT. Il giovane venne minacciato con un bastone del quale poco dopo si impadronì per percuotere Pasolini, facendolo poi agonizzare al suolo in condizioni pessime, ma ancora vivo. Così Pelosi salì a bordo dell’auto dello scrittore e travolse più e più volte con le ruote il corpo, sfondandogli la cassa toracica e provocandone l’immediata morte.

Da qui in poi il delirio.

Secondo alcuni, l’omicidio Pasolini viene collegato alla “lotta di potere” che prendeva forma in quegli anni nel settore petrolchimico, tra Eni e Montedison; secondo altri, invece, in merito alle accuse che Pasolini aveva rivolto a importanti politici di governo di collusione con le stragi della “strategia della tensione”.

La svolta, se così può essere definita, arriva nel corso di un’intervista televisiva di maggio 2005, nella quale Pino Pelosi ha affermato di non essere l’esecutore del delitto Pasolini, dichiarando, a sorpresa, che l’omicidio era stato commesso da altre tre persone, giunte su un’autovettura targata Catania, che secondo lui parlavano “calabrese o siciliano” e, durante il massacro, avrebbero ripetutamente inveito contro lo scrittore.

Il 22 marzo 2010, Walter Veltroni ha scritto ad Angelino Alfano una lettera aperta, chiedendogli la riapertura del caso evidenziando che Pasolini è morto “negli anni in cui si facevano stragi e si ordivano trame”. Poco dopo, l’avvocato Maccioni e la criminologa Ruffini hanno ricordato che i titolari della trattoria Biondo Tevere descrissero il giovane con cui Pasolini si era recato la sera dell’omicidio come alto almeno 1,70 e forse poco più, con capelli lunghi e biondi, pettinati all’indietro, dunque completamente diverso da Pelosi, che era poco più di 1.60 m., paffuto e con folti capelli neri e ricci. Hanno anche ottenuto la dichiarazione di un nuovo testimone, riaprendo nuove indagini che hanno visto la conclusione definitiva nel 2015.

Dunque, un caso irrisolto che sembrerebbe definitivamente archiviato, ma che forse è stato talmente manovrato da dirottare le indagini nella direzione opposta a quella della verità.

Il 2 novembre del 1975 hanno sottratto all’Italia un uomo, un poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano, considerato tra i maggiori artisti e intellettuali del Novecento forse perché omosessuale? Forse perché di sinistra? Forse perché troppo scomodo a qualcuno? Beh, l’unica cosa di cui siamo certi è la sua morte e per il resto, la verità è seppellita nell’oscurità. Per sempre.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares