“LA COLONNA TRAIANA. IL RACCONTO DI UN SIMBOLO”. LA STORIA DELL’INSIGNE MONUMENTO PRESSO IL COLOSSEO.

Nel 1787 Johann Wolfgang von Goethe durante la lunga permanenza a Roma racconta di esser salito sulla Colonna Traiana e di aver visto da lì il panorama della Capitale: “Salii verso sera sulla Colonna Traiana, da cui si gode un panorama incomparabile. Visto da lassù al calar del sole, il Colosseo sottostante si mostra in tutta la sua imponenza; vicinissimo è il Campidoglio, più addietro il Palatino e il rimanente della città. Poi, a tarda ora, tornai a casa passeggiando lentamente per le vie”.

“La Colonna Traiana è la porta d’ingresso del Parco archeologico del Colosseo; essa si trova all’avvio di quel percorso che, con un’unica passerella, oggi unisce il Foro di Traiano e quello di Cesare con il Foro Romano e il Palatino fino al Colosseo. Ma la Colonna, innalzata a celebrare le gesta di Traiano e la massima espansione dell’impero romano, oggi è anche un simbolo dell’Europa come dimostra la sua “presenza” diffusa nelle collezioni dei principali musei europei. Ed è motivo di orgoglio proseguire il percorso di conoscenza, tutela e valorizzazione di un monumento così iconico, contribuendo alla sua fortuna nel tempo”. Ha spiegato la direttrice del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo.

Il monumento venne innalzato nel Foro di Traiano nel II secolo d.C., 110-113, e inaugurato il 12 maggio 113 d.C., per commemorare le due campagne vittoriose di Traiano in Dacia, Romania, e per celebrare tutti i momenti più significativi di tale conquista. Essa doveva anche ricordare, avendone la medesima misura, l’altezza della sella collinare prima dello sbancamento per l’attuazione del Foro oltre ad accogliere le ceneri dell’imperatore dopo la sua morte.

Fu appunto posta nel Foro di Traiano, in uno stretto cortile dietro la Basilica Ulpia, fra due biblioteche, in cui un doppio loggiato ai lati ne agevolava la visione.

La colonna di 39,66 metri è di ordine tuscanico, con rocchi di prezioso marmo di Carrara. Per crearla sono stati utilizzati 18 enormi blocchi di marmo ed ha un diametro di 3,83 metri. Il suo nastro ha oltre 2500 figure e 155 scene delle molteplici fasi delle guerre.

Come tutte le statue ed i bassorilievi romani, era dipinta in diversi toni policromi, e ornata con inserti dorati come era l’uso romano, e le sue rappresentazioni avevano una grandissima visibilità rispetto ad oggi.

Tutta la struttura è caratterizzata dal valore dell’esercito romano e dalla abilità del suo imperatore raffigurato 60 volte, attraverso una dinamica successione di scene spesso frenetiche, a volte vivaci ed esuberanti o pacate e riflessive, in aggiunta a quelle drammatiche e tragiche, con un ritmo frenetico e con contenuti innovativi.

La colonna fu senza dubbio una novità assoluta di quel periodo. Il racconto, ordinato cronologicamente, è infatti di elevatissimo livello artistico sia per il valore della composizione, sia per il ritmo della narrazione che procede senza sosta.

Sempre Wolfgang Goethe, nel suo “Viaggio in Italia” (1816-1817) esclamò: “quale gioia ci procura l’andar da un formatore di gessi dove si vedono uscire una a una dalla forma le bellissime membra delle statue e procurarsi in tal modo modi del tutto nuovi di vederle”.

Il monumento mostra Traiano com’era, un uomo equo in patria, munifico e corretto con gli umili, coraggioso nel preservare l’impero, competente e preparato come generale, temuto dai nemici ma amato dai soldati.

Il geniale artista, considerato da moltissimi storici Apollodoro di Damasco, di cultura ellenistica, adoperò strumenti stilistici da lui inventati per l’elevazione della struttura storica romana. Ad esempio non mantenne le misure reali dei personaggi ritratti, né quelle degli edifici e degli alberi, ingrandendo i protagonisti e riducendo invece gli elementi secondari.

Il maestoso fregio di Traiano le cui lastre sono riutilizzate sull’Arco di Costantino è certamente del medesimo autore.

La descrizione delle spedizioni di guerra si fonda su temi che presumibilmente erano comprese già nel repertorio delle pitture trionfali: la partenza, la costruzione di strade e fortificazioni, le cerimonie religiose, il discorso delle truppe, l’assedio, la battaglia, la sottomissione dei nemici vinti e i bottini conquistati di beni, di opere d’arte e di schiavi.

Di frequente tali scene mettevano in risalto la ferocia e il saccheggio dei vincitori, veritieri documenti sull’annientamento di un popolo.

Sicuramente non tutti sanno che all’interno della colonna vi è una scalinata a chiocciola che consente di salire sulla sommità. Sembra che essa sia stata eseguita per volontà dello stesso imperatore che voleva donare a tutti una stupefacente vista sul suo impero.

Gian Lorenzo Bernini dichiarò che la Colonna Traiana: “era la fonte da cui tutti i grandi uomini avevano tratto la forza e la grandezza del loro disegno”.

Nonostante ciò il monumento venne anche criticato da alcuni artisti poiché rilevavano nei pannelli alcune imperfezioni nella composizione e alcuni difetti nella prospettiva.

A tali critiche replicò il letterato collezionista d’arte Francesco Algarotti in una sua lettera del 1763 in cui asserì che: “il maestro delle imprese di Traiano” scolpì anche cose più grandi del normale perché voleva che le figure più rilevanti diventassero degli idiomi e per farle comprendere meglio a chi si trovava in basso.

Attualmente ciò è ritenuto giusto e pertinente dalla critica moderna.

Conosciamo l’ammirazione di Raffaello Sanzio che aveva per i rilievi della colonna, tanto che ne fu influenzato realizzando le scene di battaglia nella Stanza di Costantino in Vaticano.

“Ma quelle (sculture) che vi sono delle spoglie di Traiano e d’Antonino Pio, sono eccellentissime, e di perfetta maniera”. (Lettera di Raffaello p.22)

Durante il Medioevo vi furono depredazioni e spoliazioni delle costruzioni e delle sculture romane, ma fortunatamente la Colonna di Traiano fu salvata in virtù di un decreto del Senato Romano, datato il 27 marzo 1162, che decretava, minacciando di morte, il divieto di distruggere o danneggiare e prevedeva la salvaguardia della struttura lasciata da Roma Imperiale alla Città Santa.

La nostra Nazione è stata saccheggiata da molti nelle molteplici epoche: dai papi che vendevano all’estero i nostri capolavori e dai vincitori delle guerre perse che ne facevano bottini di guerra. Nel 1985 Napoleone III dovette rinunciare a portare in Francia la colonna per l’alto costo di trasporto, e si limitò solamente a farne rilevare in gesso i bassorilievi.

La rassegna al secondo piano del Colosseo: “La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo”, descrive la storia della colonna e la sua magnificenza, è organizzata e promossa dal Parco archeologico del Colosseo e dal Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza, ed è visitabile fino al 30 aprile 2024.

L’evento è curato da Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Angelica Pujia, e Giovanni Di Pasquale.

L’esposizione quindi ricostruisce l’esecuzione di questo capolavoro e la sua tecnologia ingegneristica, una sfida per l’ingegno umano: dall’estrazione del marmo dalle cave di Carrara, il trasporto e la lavorazione e la posa in opera nel cantiere del Foro di Traiano.

“La mostra illustra tutti gli aspetti di questo enigma di centinaia di tonnellate, a principiare da quelli connessi al trasporto di simili masse dalle cave di Carrara: far scendere con slitte da irte montagne massi immensi, trasportarli verso la costa, inbarcarli sulle “naves marmorariae” verso Roma, di qui la navigazione controcorrente sul Tevere e poi il tragitto lungo le vie di Roma in direzione del Foro di Traiano. Per concludere, la sfida gravitazionale agli dèi: riportare questi pezzi di montagna di nuovo più vicino al cielo”. Paolo Capotondi

Per la realizzazione di questo racconto illustrato, avvolto nel colore blu che rievoca il Danubio, caratterizzato dall’interazione tra uomo e tecnologia, hanno contributo venti tra istituzioni ed enti pubblici e privati che hanno garantito il prestito di più di sessanta oggetti tra reperti, modelli, macchine calchi, disegni, ricostruzioni 3 D e approfondimenti multimediali.

Nel percorso della rassegna infatti sono mostrati i modelli in scala della Colonna Traiana e delle macchine impiegate nella costruzione, ideati e attuati dal medesimo Claudio Capotondi, il quale ha rivolto una lunga ed entusiasmante stagione di ricerca sullo studio delle fonti storiche mettendo a frutto la sua capacità delle tecniche tradizionali di lavorazione del marmo.

Tutti questi modelli, alcuni alti quasi tre metri, e i quaranta disegni sono stati acquistati dal Museo Galileo Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, il cui vicedirettore è il curatore Giovanni Di Pasquale.

Le tre sezioni dell’esposizione sono: Apollodoro e Traiano; Techne e Ars; La fortuna della Colonna.

Le prime due sezioni sono più precisamente storiche e artistiche con la ricostruzione del fregio in scala 1:1, le cui spire si avvolgono sui pilastri del Colosseo, divise nella descrizione della prima e seconda guerra dacica.

Con la guida del genius loci Apollodoro si riattraversano le fasi della costituzione della struttura, indugiando sulla forma e sulla tecnica con cui essa fu determinata in virtù di quel patrimonio di conoscenza propria dei secoli passati.

L’evento quindi spiega ed espone il processo di edificazione attraverso modelli ricostruttivi, non soltanto della colonna, (tra tutti il sommoscapo e la scala a chiocciola interna in scala 1:1 realizzati da Opera Laboratori Fiorentini), ma anche delle macchine per il trascinamento e sollevamento dei blocchi giganteschi, come delle funi e dei sistemi di aggancio, in una continua comunicazione con le fonti letterarie, i reperti archeologici e iconografici e gli strumenti quali compassi, squadre, argani, manovelle, fili a piombo, ritrovati nei luoghi di scavo.

Ad esempio il modello della scala rappresenta il fusto della Colonna Traiana, aperto così da far vedere l’interno dei 17 rocchi, dove in ciascuno dei quali sono scavati 8 gradini avvolti come un’elica intorno al sostegno centrale.

L’ultima sezione, insieme di disegni, stampe e riproduzioni, ma specialmente insieme di calchi che dalla metà del XVI secolo e fino al XX secolo invasero il nostro continente, le corti e le collezioni dei più eccelsi musei europei dalla Francia alla Romania all’Italia, comprova pertanto il successo della colonna da monumento politico a oggetto dal grande valore didattico e formativo.

Infine chiude il percorso la camera immersiva ideata ed eseguita da Sergio Fontana per regalare incanto ed emozione. Qui il pubblico è circondato dai paesaggi della Dacia del II secolo d.C., e può contemplare il fregio della colonna a grandezza naturale attraverso l’alta qualità delle immagini.

Video e proiezioni sono attuati su schermo dal Museo Galileo con una grafica avvincente e con testi che oltrepassano le dimensioni dei pannelli didascalici per diventare descrizione anche visiva della storia degli oggetti presentati.

Riguardo la narrazione della colonna vi è inoltre una webAPP in lingua italiana e inglese e grazie all’importante coinvolgimento e collaborazione dell’Ambasciata di Romania, anche in lingua romena.

Nella mostra è presente una spiegazione riassuntiva tramite pannelli e testi di approfondimento muniti di immagini inedite e di un allegato bibliografico che riassume le basilari pubblicazioni scientifiche del monumento dell’ultimo periodo, rappresentate da cataloghi di esposizioni, miscellanee di studi, raccolte di saggi scientifici.

Durante il corso della rassegna sono programmate conferenze a tema e podcast dedicati.

L’evento, fra stupore e meraviglia, raggiunge accenti di particolare intensità ed espressività mediante la celebrazione e la commemorazione storica, artistica e tecnica della magnifica Colonna Traiana.

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