“HELMUT NEWTON. LEGACY”, GLI SCATTI DI UN GENIO NEL MUSEO DELL’ARA PACIS A ROMA.

“Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere”.

A cento anni dalla sua nascita, il Museo dell’Ara Pacis ospita l’ampia esposizione: “Helmut Newton. Legacy”, posticipata a causa della pandemia, realizzata per commemorare il fotografo berlinese. Tutto ciò per descrivere l’irripetibilità e lo stile di un protagonista del Novecento che si autodefiniva con tali parole.

La rassegna, visitabile fino al prossimo 10 marzo, si rivolge a uno dei fotografi più discussi e amati del secolo scorso attraverso un viaggio alla scoperta della sua sensibilità unica, un’opportunità per comprendere gli elementi primari della sua visione.

Elegante, provocatorio, rivoluzionario. La mostra è un percorso della sua avventurosa esistenza tramite oltre 200 scatti, in parte inediti, riviste, documenti e video.

L’esposizione è stata mostrata per la prima volta a Berlino, città originaria di Newton, poi in Belgio, in Austria e quindi in Italia.

L’evento è curato da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, direttore artistico di Le Stanze della Fotografia di Venezia. E’ promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Marsilio Arte, organizzata da Zètema Progetto Cultura e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino. Il catalogo è pubblicato da Taschen.

Helmut Newton nasce a Berlino, nel quartiere di Schoneberg da una famiglia ebrea, figlio di Klara “Claire”Marquis e Max Neustadter, che erano proprietari di una fabbrica di bottoni, cresce nella buona borghesia berlinese negli anni Venti-Trenta. La versione anglicizzata del cognome, fu creata da una divertente combinazione delle parole inglesi new town poiché città nuova era la traduzione letterale del suo cognome tedesco. Si dedica alla fotografia fin da piccolo, già a 12 anni compra la sua prima macchina da presa, e dal 1936 inizia a lavorare con la fotografa tedesca Elsie Neulander Simon, nota come Yva. A causa delle leggi razziali naziste abbandona la Germania nel 1938, e dopo esser giunto a Trieste va in Australia dove apre un piccolo studio di fotografia che determinerà la sua carriera. Nel 1948 sposa l’attrice australiana June Browne, conosciuta come fotografa con il nome di Alice Springs. Successivamente andrà a stabilirsi a Monte Carlo e a Los Angeles. Si spegnerà dopo un incidente stradale in cui il suo SUV Cadillac si schianta su un muro del celebre Chateau Marmont. Le sue spoglie sono collocate a Berlino nell’area ebraica del Cimitero di Friedenau e la sua tomba è posta a pochi metri da quella dell’attrice Marlene Dietrich.

Il percorso espositivo ripercorre la vita, umana e professionale di un uomo che è stato l’autore di scatti che hanno fatto la storia della fotografia, presenti nelle più significative copertine di fashion magazine, impreziositi da un corpus di inediti che manifesta caratteristiche molto importanti della sua opera.

Sono circa ottanta infatti le fotografie esposte per la prima volta in tale rassegna. Ad arricchire la mostra, le testimonianze avute dai materiali d’archivio come le stampe a contatto o le pubblicazioni speciali.

Il percorso espositivo è composto da sei capitoli che seguono l’ordine cronologico della sua attività professionale, dagli inizi degli anni Quaranta e Cinquanta in Australia fino agli ultimi anni di produzione, percorrendo gli anni Sessanta in Francia, gli anni Settanta negli Stati Uniti, gli anni Ottanta tra Monte Carlo e Los Angeles e i vari servizi nel mondo, negli anni Novanta.

Lo spettatore potrà accedere al fulcro del processo creativo per conoscere i segreti di immagini diventate parte della nostra memoria visiva e pubblica.

Dichiara Matthias Harder: “Newton attraverso i suoi scatti è riuscito sempre a cogliere lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, a volte persino anticipandolo con le sue innovazioni. E’ forse proprio per questo che è stato ripetutamente ingaggiato, fino all’ultimo, dalle riviste più disparate per realizzare le sue versioni e visioni della moda contemporanea e per fotografare grandi personaggi dell’élite culturale internazionale”.

Ed ecco che già sulla parete della prima sala della rassegna è presente il racconto visivo di una donna perquisita alla frontiera franco-belga, un apparato scenico formato da otto fotogrammi realizzati per French Vogue, nel 1962.

Il maestoso percorso espositivo è disseminato da donne che corrono lungo una pista d’atterraggio, donne sulla porta accanto ad un giaguaro, donne nude con una gamba ingessata, donne che telefonano rivelando un’aria affranta.

Continuando il nostro itinerario incontriamo il primo nudo mai pubblicato su un giornale, una fotografia a colori alquanto pudica, scattata nel 1973 da un geniale Newton che ebbe l’intuito di immortalare una modella coperta soltanto da un impermeabile Burberry, completamente trasparente.

Il nudo acquista una posizione sempre più rilevante fino ad arrivare ai Big nudes negli anni Ottanta dove le protagoniste sono “amazzoni potenti e vestite di fierezza”.

Del resto l’artista desiderava determinare scandalo, provocando la moralità della collettività per essere all’altezza della propria “cattiva reputazione”, come diceva lui.

Particolare poi il suo modo di attuare foto doppie, con la modella riprodotta, vestita per un servizio di moda e poi, nella stessa posa, nuda. Visioni che sembrano celebrare la Maja vestida e la Maja desnuda di Goya. Ma ciò è soltanto un esempio dei tanti riferimenti alla storia dell’arte che ritroviamo nelle sue foto, così come quelli del cinema e dei grandi registi, da Fellini a Truffaut, passando per Hitchcock e David Lynch.

Nei suoi lavori introduce anche lo storytelling, non più fotografie singole, ma immagini che raccontano una storia.

All’interno del percorso vi sono anche una selezione di fotografie made in Italy mai mostrate prima, una dozzina di scatti, sei dei quali tratti dalla serie Paparazzi ambientati appunto nella Capitale. Riguardo l’esperienza professionale del fotografo nel nostro Paese, egli riesce a catturare le atmosfere di luoghi quali Montecatini, Firenze, Milano, Capri, Venezia e naturalmente Roma, dove Newton era spesso; l’immagine scelta come idioma della rassegna è infatti scattata sul lago di Como.

Il Maestro eseguiva scatti di moda, di nudo e ritratti, a volte tutti in un’unica foto, era un artista che amava fotografare fuori da ogni schema, tanto è vero che usualmente adoperava pannelli riflettenti per allungare la figura della modella immortalata sempre in pose imponenti e sensuali.

La sua personalità, la sua natura, il suo stile ed i suoi scatti, lo hanno portato a collaborare con grandissimi nomi del campo della moda come: Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Thierry Mugler, Chanel, Gianni Versace, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana e le sue fotografie, caratterizzate da un erotismo rivoluzionario, hanno velocemente conquistato le copertine del livello di Vogue, Harper’s Bazaar, Elle, GQ, Vanity Fair, Max e Marie Claire.

Tra una sezione e l’altra, incontriamo la ricca attività ritrattistica dell’artista, attraverso volti famosi quali: Gianni Versace, Andy Warhol, Charlotte Rampling, Romy Schneider, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Nastassja Kinski, David Bowie, Elizabeth Taylor, Arthur Miller, e altri ancora.

Lo spettatore in questo modo riesce ad entrare all’interno della sua creatività per conoscere i segreti di icone diventate parte della nostra memoria visiva comune, come la serie “Big nudes” che sarà il suo libro di maggior consenso di pubblico.

Le sue fotografie colme di mistero, ambiguità e provocazione, si avvicinano all’iconografia noir per la quale Newton aveva sviluppato negli anni una specie di ossessione, confluita poi nella serie Yellow Press, divenuta un testo che si ispirava alle fotografie di scene del crimine e fatti di cronaca.

Il pubblico può così comprendere tale eminente artista in virtù delle sue polaroid e contact sheet, ricostruendo l’ambito dal quale ha origine l’ispirazione con le sue dichiarazioni, pubblicazioni speciali e materiali di archivio.

Helmut Newton, non fu il primo a rivoluzionare la fotografia di moda, ma si trovò di fronte a giganti come: Martin Munkàcsi, Frank Horvat, William Klein e Richard Avedon.

Una cosa che molti non sanno è che il Maestro della fotografia era daltonico, un particolare che ha avuto una sua rilevanza nel suo lavoro; egli anche per tale motivo prediligeva il bianco e nero.

L’artista rappresenta la bellezza della figura femminile, liberando mediante pose audaci tutta la sua seduzione, la raffinatezza nella provocazione, senza però mai trascendere nella volgarità. Fino all’ultimo ha infatti continuato ad affascinare ed a provocare gli spettatori attraverso un articolato lavoro sulla femminilità, sfidando per oltre sei decenni ogni operazione di categorizzazione della donna. Le interpreti dei suoi scatti sono persone che hanno piena cognizione del loro corpo, senza volgarità e banalità.

Newton era molto preciso nell’esecuzione delle sue fotografie, era particolarmente attento ad ogni dettaglio. La sua produzione è stata un trionfo della sensualità, infondendo contemporaneamente un senso di potere e sfida. Al lavoro puramente estetico voluto dalle riviste patinate, il fotografo accostava l’analisi personale e artistica.

Inizia a chiedere alle modelle, quando si concludeva la sessione fotografica ufficiale, di spogliarsi per ripetere gli stessi scatti e rappresentare gli stessi contesti secondo un maniera diversa. Tale modo di operare attualmente verrebbe reputato discutibile, provocando una brutta considerazione oltre a numerosissime denunce. Ma osservando tali foto, capiamo quanto non ci sia abiezione nei suoi nudi, e integrità dello spirito nella ricerca del suo stile.

Le fotografie del Maestro furono molto biasimate dal movimento femminista: lo si accusava di aver creato pornografia, di divulgare l’estetica di una donna oggetto. Anche alcuni critici lo hanno disapprovato per le rappresentazioni della figura femminile, sostenendo come le pose provocatorie potevano essere considerate come una riduzione delle donne appunto a oggetti sessuali.

Ma Newton amava determinare scandalo, provocare la morale per essere all’altezza della propria “cattiva reputazione”, come affermava.

La sua attività è stata caratterizzata da polemiche e dissidi, ma egli ha sempre espresso che l’arte può essere sia provocatoria che iconica, e che l’arditezza e la genialità possono fondersi.

“Newton è stato soprattutto un genio capace di reinventare il linguaggio fotografico, osando qualcosa che nessuno aveva fatto prima nel mondo della fotografia commerciale”, illustra Dennis Curti.

“Helmut Newton. Legacy”, è una narrazione sulla vita e sulla produzione di un artista coraggioso e originale che, anche dopo la sua morte, ci induce a riflessioni e considerazioni attraverso fotografie che sono state in grado di meravigliare e stupire il pubblico dei suoi contemporanei, proseguendo ancora nella nostra epoca.

Audiodescrizioni, video LIS e disegni tattili, disponibili nell’evento e scaricabili online, sono gli strumenti di accompagnamento al percorso nelle sue sezioni cronologiche, con approfondimenti tematici su alcune delle fotografie più significative.

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