“COPERNICO E LA RIVOLUZIONE DEL MONDO”, UNA MOSTRA NELLA CURIA IULIA A ROMA SUL GENIALE ASTRONOMO.

“In mezzo a tutto sta il Sole. Chi infatti, in tale splendido tempio, disporrebbe questa lampada in un altro posto o in un posto migliore?” Copernico, “De revolutionibus orbium coelestium”, 1543.

La teoria di Copernico, che riprendeva quella greca di Aristarco da Samo, fu pubblicata nel libro “De revolutionibus orbium coelestium” (Sulle rivoluzioni delle sfere celesti) appunto nel 1543, l’anno della sua scomparsa.

Il testo è l’inizio di una conversione dottrinale del sistema geocentrico a quello eliocentrico e ha nel suo interno i principi più importanti della teoria astronomica della nostra epoca, includendo anche una corretta definizione dell’ordine dei pianeti, della rotazione quotidiana della terra intorno al proprio asse, della precessione degli equinozi.

La rivoluzione copernicana trasformava totalmente la concezione che l’uomo aveva dell’Universo e oltre a costituire una reale rivoluzione astronomica, creò altrettanti variazioni anche in altre scienze come la matematica e la fisica che furono investite da nuove tematiche e quesiti. Pertanto si ebbe il fenomeno culturale noto come “rivoluzione scientifica” che nel Seicento riguardò gli ambiti più differenti.

Il modello prospettato da Niccolò Copernico collocava il Sole immobile al centro dell’Universo, e contemplava poi la rotazione intorno ad esso dei sei pianeti in quel tempo conosciuti, cioè in ordine di distanza crescente: Mercurio, Venere, Terra (con la Luna come satellite), Marte, Giove e Saturno.

Ha aperto ai visitatori, dal 21 ottobre al 28 gennaio 2024, la mostra: “Copernico e la rivoluzione del mondo” nella Curia Iulia del Foro Romano, e si inserisce nel corso delle celebrazioni per il 550° anniversario della nascita di Niccolò Copernico, 1473-1543, insigne astronomo e matematico polacco, la cui rivoluzionaria concezione dell’universo ha definitivamente mutato la nostra comprensione del cosmo.

La rassegna intende esaminare il mondo immaginario determinato dalla rivoluzione copernicana, le sue origini antiche, l’iconografia solare, il soggiorno di Copernico a Roma nel 1500 e la vasta influenza della teoria eliocentrica.

L’esposizione è curata da Alfonsina Russo, Jerzy Miziolek, Francesca Ceci e Daniele Fortuna, realizzata dal Parco archeologico del Colosseo, in partenariato con l’Università di Varsavia, con la collaborazione dell’Università Jagellonica di Cracovia e il Museo Astronomico e Copernicano dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) di Roma.

Ha dichiarato Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo: “siamo felici e orgogliosi di celebrare questa figura straordinaria che ha cambiato la percezione dell’universo e nel contempo di rafforzare il legame tra Italia e Polonia, patria dell’illustre astronomo”.

Niccolò Copernico nacque in Polonia, studiò arti liberali, medicina e giurisprudenza a Cracovia e in seguito in Italia a Bologna, Padova, e a Ferrara in cui conseguì il dottorato in diritto canonico, e fu esposta una lapide sul Palazzo arcivescovile in Piazza Cattedrale che commemora il posto dove appunto si laureò, nel 1503.

Abitò per un periodo anche a Roma, ed esattamente a Roma all’Osservatorio Astronomico sul colle di Monte Mario, vi è il Museo Copernicano.

Ed è nella città eterna che, nella notte tra il 5 e il 6 novembre del 1500, l’astronomo polacco osservò l’eclissi lunare raccontata nel Libro IV della sua De revolutionibus. Nella medesima città Copernico eseguì anche lezioni di matematica e di astronomia, come rappresentato in incisioni e dipinti ottocenteschi, alcuni presentati nell’esposizione.

Tornò quindi in Polonia, dove diventò canonico della cittadina di Frauenborg, l’odierna Frombork; qui approfondì le osservazioni astronomiche e scrisse un breve trattato: “Commentariolus”, in cui trattava a grandi linee i principi della teoria eliocentrica.

Si spense nel 1543, come già citato, e fu sepolto nella Cattedrale di Frombork nello stesso anno, in un luogo che per secoli non si riuscì ad individuare. Nel 2005 archeologi polacchi cominciarono le ricerche al di sotto del pavimento della cattedrale e nel 2008 i ricercatori attestarono di avere finalmente ritrovato il corpo dell’astronomo.

Infine, il 22 maggio del 2010, Copernico fu ufficialmente sepolto con onore nella Cattedrale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria a Frombork, nella regione polacca di Warmia. Una lapide in granito nero lo riconosce come il fondatore della teoria eliocentrica, essa è determinata da una rappresentazione del modello copernicano del sistema solare, con un sole d’oro.

Reale esponente del Rinascimento, Copernico fu non soltanto astronomo e matematico ma anche giurista, medico, traduttore, poliorcete, economista, filantropo e pittore.

Copernico: “si preoccupò di apprendere tutti i campi del sapere e quindi si dedicò allo studio della prospettiva, interessandosi in questa occasione alla pittura. Divenne così esperto che, si dice, realizzò perfettamente il suo ritratto utilizzando uno specchio. Inoltre, gli fu consigliato di raffigurare tutto ciò che aveva in mente. Quando viaggiava, soprattutto in Italia, esprimeva ciò che era degno di nota, non solo con schizzi ma il più possibile con la pittura”. Scrisse l’abate francese Pierre Gassendi, scienziato e suo biografo, a metà del Seicento.

Scopo dell’esposizione è analizzare il mondo scoperto con la rivoluzione copernicana, le sue radici antiche, l’iconografia solare, il soggiorno di Copernico a Roma nel 1500 e il grande influsso che ebbe la teoria eliocentrica.

Sono ospitate 23 opere di straordinario prestigio, antiche e moderne.

Il percorso espositivo nella Curia Iulia è distinto da tre sezioni: Copernico e l’antico, Copernico in Italia, Gli estimatori di Copernico e la sua leggenda.

La mostra inizia con una splendida scultura in marmo del 1873 di Tomasz Oskar Sosnowski (Casa dei Padri Resurrezionisti, Roma), raffigurante Copernico in piedi.

La brocchetta “pitagorica” di Ripacandida, ceramica del V secolo a.C., proveniente dal Museo archeologico nazionale Massimo Pallottino a Melfi, è caratterizzata da una credenza rappresentata nella sua decorazione. Infatti anche se non ci sono arrivati gli scritti di Pitagora, grandissima fu la sua influenza sulla concezione del cosmo, ritenuto esattamente sferico e dominato da esatti rapporti numerici. I pitagorici, per cui era sacro il numero sette attuarono una specie di religione astrale che riguardava l’immortalità.

Nel mosaico l’Accademia di Platone, del I secolo d.C., ubicato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, un uomo è riprodotto in maniera sintetizzata su una sfera circondata da sette stelle, questa è la visione della terra posta al centro dell’universo mentre le ruotano intorno sette pianeti: il sole, la luna e i cinque

pianeti di quel momento conosciuti. In tale effigie austera, è riassunto il rapporto tra lo sviluppo e l’astronomia nella sfera pitagorica e le credenze religiose della vita ultra terrena.

La Sfera armillare, l’imponente affresco della Villa di San Marco a Stabia, Napoli, della prima metà del I secolo d.C., un esemplare dell’ambito artistico delle città vesuviane, era parte della decorazione del soffitto del porticato. Esso ritrae al centro una sfera armillare con i cerchi che si intersecano all’interno di una cornice quadrata: invenzione di Eudosso era uno strumento didattico per analizzare il Cielo. A sinistra vi è una donna con un Amorino che regge un fascio di spighe, un altro Amorino sostiene una lepre. Le tre figure femminili sono identificate con l’Estate, l’Autunno e l’Inverno, la raffigurazione della Primavera non si è conservata.

Copernico osserva a Roma l’eclissi lunare, di E. Morin, Parigi 1868, è una stampa in bianco e nero situata nella Biblioteca Nazionale Centrale a Roma. L’astronomo scruta la luna mediante uno strumento ottico di fantasia, una sorta di ibrido tra un cannocchiale e una mira, di spalle su una balconata probabilmente nell’Anfiteatro Flavio, in cui si erge il Foro Romano.

Nella vetrata policroma creata da Piotr Ostrowski del 1904, nel Museo della vetrata a Cracovia, l’elemento dominante è l’immagine maestosa di Apollo con la cetra a tracolla, il dio della luce protettore delle arti, designato quale il dio-Sole con le sfere celesti, e le personificazioni dei pianeti con sembianze umane che gravitano intorno a lui.

La statua di Copernico di Tomasz Oskar Sosnowski, il busto di Galileo, le composizioni di Luigi Mussini, i quadri di Jan Matejko e Antoni Gramatyka all’Università Jagellonica, e il dipinto di Silvio Loffredo sono tutte opere che descrivono il successo della rivoluzione copernicana.

La scultura di Sosnowski, con l’iscrizione: “Sol stat Terra movetur su un rotulo”, riproduce l’astronomo con un mantello foderato di pelliccia e con un grande colletto, la mano destra è sul suo petto, la mano sinistra è posta sui libri appoggiati sul piedistallo; da sottolineare il suo volto giovanile in meditazione.

L’enorme e meraviglioso quadro di Jan Matejko del 1873: Copernico conversa con Dio, olio su tela, 1970, situato nell’Università Jagellonica a Cracovia, ritrae l’osservatorio creato su un terrazzo con visuale sulle due torri della Chiesa di Frombork in una notte di luna di spettacolare chiarore. Copernico è reclinato sul ginocchio destro, con il viso estasiato, come se in quel preciso attimo pensasse alla sua brillante istituzione cosmica. Da evidenziare tre fonti di luce: la luna, l’alba e la lanterna. Il dipinto è una copia conforme dell’originale compiuta dall’artista Zdzistaw Fabisiak, negli anni Cinquanta del Novecento.

La grande tela che chiude l’esposizione, 1920-2013, Rivoluzione copernicana, nel Museo Galileo a Firenze, è un capolavoro di arte moderna e ritrae il Sole, all’interno di una sfera ellittica centrale sovrastante tre individui che lo osservano con spavento e paura.

Inoltre, in virtù di stupefacenti proiezioni multimediali realizzate da None Collective, la rassegna diviene il punto di incontro tra il geniale astronomo e gli altri grandiosi protagonisti della storia, da Pitagora ad Aristotele, da Aristarco di Samo a Tolomeo, da Galileo a Newton.

La mostra è accompagnata da un booklet in italiano e in inglese con testi dei curatori Jurek Miziolek e Francesca Ceci e da seminari scientifici.

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