Cinquant’anni senza Caravaggio, le mani della mafia dietro al furto della Natività

L’opera vale oltre 25 milioni di euro ed è oggetto di un’indagine della Commissione Parlamentare Antimafia

L’Oratorio della Compagnia di San Lorenzo è un edificio di culto che illumina i vicoli del centro storico di Palermo. Sorge a pochi passi dalle vie che presero i nomi dagli artigiani che lì vissero e lavorarono: argentieri, materassai e chiavettieri. Sorto nella seconda metà del Cinquecento, è stato teatro di uno dei più illustri furti commessi nel mondo dell’arte: la “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi”, dipinta da Caravaggio nel 1609.

L’opera, che oggi ha un valore tra i 25 e i 30 milioni di euro, è stata rubata nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 ed è inserita nella Top Ten Art Crimes del FBI, la lista dei più gravi furti d’arte al mondo compilata dalla famosa polizia americana. Nel 2015 una riproduzione fedelissima dell’opera – prodotta grazie a Sky con tecniche ad altissima tecnologia per rendere ogni dettaglio dell’originale scomparso – ha colmato il vuoto che per oltre 40 anni ha caratterizzato l’Oratorio in via Immacolatella.

Dietro quel furto c’è la mano della criminalità organizzata. Una tesi messa nero su bianco dalla Commissione Parlamentare Antimafia che dal 2017 ha iniziato un’indagine con l’obiettivo di rilanciare le ricerche dell’opera coinvolgendo, si legge nella relazione della Commissione, “tutti i soggetti interessati: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, magistratura, forze di polizia. Sono stati quindi individuati nuovi filoni investigativi, affidati ai carabinieri del Comando per la tutela patrimonio culturale. Dalle indagini – si legge nei documenti della Commissione Antimafia – è emerso che è stato senza dubbio un furto di mafia, i cui autori sono stati individuati”. Convergenti dichiarazioni rese alla Commissione dai collaboratori di giustizia Gaetano Grado e Francesco Marino Mannoia hanno chiarito che “il furto maturò nell’ambiente di piccoli criminali, ma che l’importanza del quadro, e il suo enorme valore, subito evidenziati sulla stampa dell’epoca, indussero i massimi vertici di cosa nostra a interessarsi immediatamente della vicenda e a provvedere immediatamente a rivendicare l’opera. La Natività – emerge ancora dalle carte parlamentari – fu quindi consegnata, dopo alcuni rapidi passaggi di mano, prima a Stefano Bontade come capo del mandamento dov’è stato commesso il furto e poi a Gaetano Badalamenti, all’epoca a capo dell’intera organizzazione mafiosa. Lo stesso Badalamenti, nei primi anni Settanta, si sarebbe occupato di trasferire l’opera all’estero, “verosimilmente in Svizzera”, sfruttando i canali ampiamente aperti con quel Paese nell’ambito del traffico internazionale di sostanze stupefacenti. “L’intermediazione nella vendita dell’opera – scrive la Commissione Antimafia – sarebbe stata curata da un fiduciario venuto dalla Svizzera, esperto antiquario, da tempo defunto. Quest’ultimo è stato identificato grazie al riconoscimento fotografico effettuato da parte di uno dei collaboratori di giustizia interrogati, il quale lo aveva visto personalmente all’epoca dei fatti, nonostante il tempo trascorso”. 1 – Continua

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