Articolo 5: come avvicinare i cittadini alla gestione del potere?

Nell’esaminare la Costituzione nei giorni scorsi ci si è ritrovati spesso in percorsi interrotti e processi incompleti. Le garanzie di libertà e uguaglianza sostanziale sono di difficile implementazione, e rappresentano un traguardo lontano. Ma proseguendo la nostra rubrica «articolo per articolo» (un articolo ogni articolo della Costituzione), ci imbattiamo ora in un vero e proprio paradosso. Infatti l’articolo 5, quello che, dichiarando la Repubblica «una e indivisibile», «riconosce e promuove le autonomie locali» e «attua … il più ampio decentramento amministrativo», sembra prestarsi a interpretazioni contrastanti da parte delle differenti forze politiche, e soprattutto suscita un dibattito su questioni di tecnica amministrativa e politica economica che finisce per disorientare e confondere le idee del cittadino non addetto ai lavori. Un paradosso, dal momento che si tratta di un articolo ispirato dal principio della sussidiarietà, cioè dell’avvicinamento di governati ed enti di governo: in questo modo si volevano tutelare gli interessi concreti e particolari del singolo e al contempo promuoverne la partecipazione politica. Come si disse durante l’Assemblea Costituente: «non si tratta solo di portare il governo alla porta degli amministrati, con un decentramento burocratico e amministrativo … si tratta di porre gli amministrati nel governo di se medesimi» (relazione dell’on. Ruini al progetto di Costituzione, durante i lavori preparatori).

Invece il discorso pubblico sembra impantanato in questioni contingenti e non strutturali, tanto che su versanti ora contrapposti dalle imminenti elezioni regionali (sfida politica più tattica che strategica: è letta come esame della durata del governo) sia le regioni del Nord governate dalla Lega che l’Emilia-Romagna di Bonaccini sostengono, con diversità solo di grado, autonomie particolaristiche e non di sistema.

Il tragico paradosso delle autonomie e del decentramento, individuato peraltro da anni da Massimo Cacciari, sembra dunque la persistente difficoltà di ripensare un sistema complessivo e ordinato di redistribuzione del potere di governo in chiave policentrica, federalista per rendere finalmente coesa l’Italia riconoscendone de differenze particolari.

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