Addio a Philippe Daverio, “dandy” della storia dell’arte

Ci mancherà, quella caratteristica voce che non vedremo più in televisione, accompagnata da occhiali a montatura tonda, un immancabile papillon e quel modo di vestire sempre eleggante, ai limiti dello stravagante. Philippe Daverio, purtroppo, ci ha lasciati a causa di un tumore a poco più di settant’anni.

Proprio come Piero Angela per i temi scientifici, la carriera di Philippe Daverio per l’arte ha avuto un’importanza di prim’ordine in quanto a divulgazione ed educazione dei meno avvezzi grazie all’uso del medium televisivo. Dotato di un carisma fuori dal comune, dalla capacità di catturare e condurre con sé lo spettatore – e, ché non va sottovalutato, il talento di saper spiegare concetti articolati in maniera semplice – il critico d’arte italo-francese lascerà un vuoto che sarà molto arduo riempire.

Philippe Daverio, diversamente da Piero Angela, non iniziò la propria carriera orientandosi verso il mondo dell’informazione: nel 1975 aprì la sua galleria d’arte, la Galleria Philippe Daverio, in Via Monte Napoleone a Milano. Interessato in primo luogo alle avanguardie del periodo, replicò nel 1989 con la sua seconda galleria milanese legata all’arte contemporanea, in Corso d’Italia.

Con Piero Angela ha però qualcosa in comune: nessuno dei due è laureato. Philippe Daverio frequentò la Bocconi – seguita a una dura educazione ottocentesca impostagli dal padre – per due anni, passando tutti gli esami ma finendo per non concludere il percorso con tesi e discussione. Celebre la sua opinione a riguardo, fornita in un’intervista del 2012: «Io non sono dottore perché non mi sono laureato, ero iscritto alla Bocconi nel 1968-1969, in quegli anni si andava all’università per studiare e non per laurearsi».

Daverio fu in primo luogo gallerista, appunto, ma anche scrittore ed editore estremamente prolifico. A lui va la paternità di almeno una cinquantina di titoli negli anni precedenti all’avventura in RAI. Anni costellati anche da una nomina all’assessorato per la cultura nella sua Milano, dal 1993 al 1997, ai tempi di Marco Formentini.

Nel 1999 inizia a collaborare con il programma di Rai Tre Art’è, e l’anno successivo con Art.tù. I giochi di parole non si fermano nemmeno quando idea e inizia a dirigere il suo primo, storico programma, Passepartout. Così si farà conoscere al grande pubblico italiano, portandolo per mano in una continua scoperta dell’arte italiana e non. Nel 2011, dopo centinaia di puntate uniche e frizzanti per forma e contenuto, la RAI decide di concludere l’esperienza di Passepartout. Decisione della quale Daverio si dirà fortemente deluso. In un’intervista dell’anno successivo, dichiarerà: «Passepartout è stato uno dei pochissimi programmi culturali degni di questo nome. Se la chiusura fosse stata nell’aria, non avrei mai speso tante energie nel programma, sono stato tratto in inganno».

La sua attività in RAI proseguirà comunque con Emporio Daverio, in onda su Rai 5 dallo stesso anno, e con Il Capitale – di nuovo su Rai 3, nel 2012.

Nel mentre, ha avuto tempo e modo di insegnare all’università – storia dell’arte e storia del design – continuare a scrivere e partecipare alla creazione di un’infinità di eventi culturali, nonché perfino per una breve esperienza teatrale nella messa in scena di La vedova allegra di Pier Luigi Pizzi, nel 2008.

 

 

Didascalia foto:

1. Philippe Daverio a Milano nel 2008. (Lelli/Masotti)

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