Colatura di alici di Cetara, la Dop del mare

Ebbene si, persino il nostro mare è in grado di regalarci eccellenze uniche che, nate in un contesto tradizionalmente umile e semplice, sono entrate a far parte di quelle che possiamo definire delle vere e proprie “chicche” della grande cucina italiana. Cetara, un piccolo borgo di pescatori alle porte della costiera amalfitana, è da sempre un luogo dove la lavorazione del pesce viene effettuata da mani esperte, e la Colatura di Alici ne è sicuramente la sua espressione più particolare. La colatura di alici si presenta come un liquido di colore ambrato, dal profumo intenso, e costituisce un ottimo e saporito condimento per svariate ricette della tradizione culinaria cetarese. E’ rimasta per secoli un prodotto consumato solo a Cetara, dove quasi ogni famiglia si cimenta nella lavorazione delle alici e nella loro conservazione. Da pochi anni, grazie alla sua “presentazione ufficiale” in un programma televisivo, si è cominciato a parlarne anche al di fuori dei confini cetaresi, e non sono pochi gli Chef che la utilizzano nelle loro ricette, chi in maniera più tradizionale, chi dando libero sfogo alla fantasia e creatività. Le origini di questo particolare alimento sono lontanissime. La colatura di alici, infatti, è una versione moderna di uno dei condimenti più usati ai tempi dei romani: il garum, ovviamente diverso nella sua composizione e prodotto utilizzando parti di pesce e spezie. Ne esistevano varie declinazioni e qualità, che venivano segnalate con lettere e numeri per poterle distinguere. La colatura di alici, invece, proviene dalla maturazione delle alici nel sale. Il risultato è completamente differente, ma ai cetaresi piace rimarcare l’antichissima “parentela” della colatura con uno dei condimenti più utilizzati nelle ricette ai tempi dei romani. Ma come si è giunti a questo prodotto? La teoria più accreditata, vuole che il tutto abbia avuto origine in un convento della zona: essendo Cetara un paese di pescatori, c’era l’usanza di conferire parte del pescato ai monaci del convento, in segno di devozione. I monaci conservavano le alici sotto sale, secondo le antichissime tradizioni cetaresi, per consumarlo poi durante i mesi di magra. Un anno la pesca fu particolarmente abbondante e, di conseguenza, i monaci ricevettero un grosso quantitativo di pesce. Uno dei contenitori in cui venivano conservate le alici sotto sale, rimase per diversi mesi in un angolo della cambusa del convento e, quando venne riaperto, il monaco notò la presenza di un liquido in esso: assaggiatolo, notò che il sapore non era poi così male, e decise di utilizzarlo come condimento per le sue ricette al posto del sale. Da allora, la tecnica di produzione ha subito alcune modifiche e migliorie fino a trasformare la colatura di alici in un valido alleato dei cuochi cetaresi. Presente su tutte le tavole delle famiglie cetaresi, è divenuta il piatto della tradizione, portata principale del cenone della Vigilia di Natale nelle case del paese. Per la sua realizzazione, si parte ovviamente dalla materia prima, freschissima e di primissima qualità: le alici pescate nel Golfo di Salerno, infatti, hanno la particolarità di essere molto saporite, ed hanno dimensioni leggermente più piccole rispetto a quelle pescate in altre zone.

Nutrendosi nelle acque profonde e salate del Golfo di Salerno, la loro carne si presenta molto più tenera e sapida, condizione indispensabile per un prodotto finito di qualità (alta, in questo caso). La pesca delle alici destinate alla produzione di colatura avviene nel periodo che va dal 25 marzo a fine luglio (il 22 luglio, per essere precisi): la tradizione vuole infatti che il periodo di pesca sia legato a due festività religiose come la festa dell’Annunciazione e il giorno di Santa Maria Maddalena. Ai pesci vengono tolte la testa e le interiora, e vengono lasciati 24 ore in un grosso tino in legno con del sale grosso. Questa fase è molto importante, in quanto permette all’acqua presente nei pesci, di fuoriuscire per osmosi. Successivamente si passa a riporre il pesce in una piccola botte di legno, chiamata “terzigno”, dove ai pesci viene alternato uno strato di sale grosso fino a riempirla. Viene poi messo un disco di legno con una pietra marina che fa da peso. Dopo un lungo periodo di maturazione, che va da un minimo di 6 mesi ad alcuni anni (anche oltre i 3 anni), utilizzando un attrezzo a punta chiamato “vriale” si fora il fondo del terzigno, ed il liquido che si è prodotto comincia a colare. La colatura tradizionale di alici di Cetara è un ingrediente che può essere utilizzato in molteplici ricette ed è entrata a far parte delle creazioni della grande ristorazione italiana e, probabilmente, l’abbinamento con la pasta è quello più diffuso: un piatto di spaghetti alla colatura di alici si prepara in pochissimo tempo ed è molto gustoso. Oltre alla pasta, la colatura di alici può essere utilizzata per dare sapidità a verdure cotte, ortaggi e qualsiasi altra ricetta che la vostra fantasia vi suggerisce. Da tempo, i produttori della colatura di alici di Cetara, che per definizione ufficiale è “un prodotto liquido ottenuto dalla maturazione delle alici sotto sale”, inseguivano il traguardo di un riconoscimento ufficiale per i loro sforzi ed oggi la procedura per il conferimento della Dop si è conclusa positivamente con l’iscrizione dell’unguento balsamico ricavato dal tempo che agisce sulle alici sotto sale (a qualcuno ricorderà il garum di memoria romana) nel registro delle denominazioni di origine protette. Un riconoscimento, questo, che tutela un’eccellenza senza eguali nel Mondo ma che allo stesso tempo, certifica anche la grande fucina di qualità che rappresenta il mare italiano e che per la prima volta si configura anche come la prima Dop italiana che tutela un prodotto trasformato di mare.

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