Articolo 2: l’uomo, i suoi diritti, ergo i suoi doveri

Articolo 2: l’uomo, i suoi diritti, ergo i suoi doveri

Oggi nel suo discorso in cui chiedeva la fiducia al Parlamento Giuseppe Conte ha citato Saragat, che all’inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente diceva: «fate che il volto di questa repubblica sia un volto umano, la democrazia non è solo un rapporto tra maggioranza e minoranza (…), ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo, dove questi rapporti sono umani la democrazia esiste, dove sono inumani essa è la maschera di una nuova tirannide». Ha poi proseguito invocando un «Nuovo Umanesimo», cioè la promozione di «principi non negoziabili perché universali» che «si collocano in una dimensione sovra-governativa, non hanno colore politico, sono scritti nella nostra Costituzione». Fra di essi il primo citato è «il primato della persona, con i suoi diritti inviolabili e inderogabili doveri».

L’occasione di questo discorso è perfetta per proseguire la nostra rubrica «Articolo per articolo» sui Principi Fondamentali della nostra Costituzione, riflettendo sull’articolo 2, in cui sono riconosciuti e garantiti i diritti dell’uomo e richiesti i doveri di solidarietà. Un articolo fondante, non a caso posto subito dopo la «presentazione» della nostra Repubblica (vedi articolo precendente: https://www.eventiculturalimagazine.com/arte-e-cultura/articolo-1-chi-siamo/). Dopo aver chiarito chi è, cioè la comunità politica che sta costituendo, la Repubblica innanzitutto «riconosce» e poi rispetta e «garantisce» un campo meta-politico: l’uomo come persona.

Il concetto di persona, con la sua dignità, coscienza, libertà autonoma e volontà di relazionarsi all’altro è di derivazione cristiana; di lì si è poi dialetticamente sviluppato nel pensiero umanista moderno fino al Novecento pur attraverso contraddizioni e tradimenti. Nel secondo dopoguerra è stato il ritorno in auge di quella matrice culturale e il suo incontro con la tradizione marxista a far nascere la Costituzione e la stessa Repubblica. Dal piano meta-politico e trascendente la concezione personalista dell’uomo si è fatta politica, è diventata legge, forma costituente dell’Ordinamento della Repubblica, incarnata in «diritti inviolabili dell’uomo» inteso «come singolo» (tradizione umanistico-liberale) e come membro di «formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» (tradizione umanistico-personalista e marxista), e in «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», che danno effettività e garanzia nello Stato a quelle «formazioni sociali» naturalmente inscritte nel dispiegarsi della natura dell’uomo animale sociale, cioè persona.

È strano notare come oggi di questo articolo si ricordi solo la prima parte, fraintendendolo. Come se il diritto (solo individuale) debba averla vinta su ogni ostacolo esterno. Si dimentica che diritti e doveri si richiamano a vicenda, che l’impegno nella relazione con l’altro anche col sudore della fronte è condizione necessaria dell’autentica libertà.

Inoltre è singolare che il richiamarsi al «primato della persona» ritorni oggi in questa forma corretta, sincera, ma un po’ improvvisata, alla vigilia di un governo politicamente debole. Si vuole ritornare alle sorgenti della legge alla ricerca di legittimazione. Si rischia però di equivocare applicazione e difesa della Costituzione con lo sbiadirsi di ogni «colore politico» in una strana dimensione «sovra-governativa» (dunque astratta). I princìpi costituzionali della casa comune dovrebbero evitare la rissa, ma esigono anche che vi sia la dialettica fra posizioni chiare e decise, politiche.

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