Mozzarella di bufala, l’”oro bianco” campano orgoglio d’Italia

Senza dubbio rappresenta uno di quei prodotti in cui si può maggiormente identificare il nostro Paese ed uno di quelli che si cerca di imitare maggiormente all’estero (con risultati ovviamente inavvicinabili). La definizione acquisita nel tempo di “oro bianco campano” rende perfettamente l’idea della preziosità di questo prodotto artigianale tutto tricolore e lo posiziona certamente ai vertici delle eccellenze italiane. La mozzarella di bufala è un formaggio prodotto, come è facile capire dal nome, con latte di bufala e si distingue dal ‘Fior di Latte’ che è invece una mozzarella fatta con latte vaccino. Orgogliosamente originaria della Campania, questa celebre specialità fa parte della categoria dei cosiddetti ‘formaggi a pasta filata’, preparati riscaldando la cagliata che, in tal modo, diventa elastica. Ciò permette al casaro di lavorarla, modificando la forma e le dimensioni della pasta. Sebbene esistano diverse tipologie, la più classica ha forma tondeggiante e presenta un’invitante colorazione bianca. Per comprenderne però appieno il valore, occorre morderla: ciò provoca la fuoriuscita di un abbondante quantitativo di latte al quale si associa una vera e propria esplosione di gusto. “Oro bianco” commestibile. Prescindendo dalle fonti, alcuni ricostruiscono la storia della mozzarella collegando le sue origini all’introduzione in Italia degli allevamenti di bufala contrapponendosi a coloro che sostengono l’origine autoctona dell’animale, o a coloro che ritengono sia stato introdotto in Italia subito dopo l’invasione dei Longobardi. Altri ancora sostengono che l’animale di origine indiana sia stato introdotto per la prima volta in Sicilia dagli Arabi, e poi portato nel continente dai re Normanni. Infine, ci sono coloro che ipotizzano la sua presenza in Italia già in epoca pre-romana. In ogni caso, comunque, le prime notizie documentate che accertano la presenza delle bufale in Italia risalgono al periodo compreso tra il XII e il XIII secolo. Anche se allo stato brado, questi animali trovarono il loro habitat naturale nelle terre paludose del sud Italia. In queste zone, infatti, non era prezioso solo per il suo latte, ma anche perché era il miglior animale da soma per la lavorazione della terra in zone acquitrinose. Presenti sicuramente in Campania, Calabria, Basilicata e Puglia, alcuni cenni storici confermano la presenza di allevamenti anche nel basso Lazio. Tuttavia, la produzione di mozzarelle di bufala era concentrata nel Casertano e in provincia di Salerno alle porte del Cilento. In ogni caso, anticamente, il fiorente commercio di latticini, prevedeva che i formaggi freschi come la mozzarella fossero destinati ai mercati delle zone di produzione come Capua, Aversa e i mercatini del Salernitano: le mozzarelle di bufala, infatti, vanno consumate entro pochi giorni dalla loro produzione e per questa ragione, non percorrevano grandi distanze e, al massimo, venivano vendute nei mercati alimentari delle zone limitrofe a quelle di produzione. Ai mercati più distanti erano invece destinati i prodotti stagionati come la provola, oppure quelli affumicati. Questi si conservavano più a lungo, restando inalterati il gusto, l’aroma e la consistenza. Di sicuro inizialmente la mozzarella venne considerata solo un sottoprodotto e questo perché non poteva essere conservata a lungo analogamente alle provole oppure ai latticini che venivano sottoposti a processi di stagionatura o affumicatura. Le mozzarelle di bufala, o l’aversana, erano destinate ai mercati locali e solo in un secondo momento se ne valorizzarono le caratteristiche alimentari che portarono la mozzarella ad essere un prodotto di élite per i palati più fini. Fu questo il momento in cui iniziarono a sorgere i primi caseifici: se prima la mozzarella veniva infatti prodotta negli stessi locali in cui avveniva la mungitura, a partire dal Medioevo sorsero le prime bufalare, costruzioni in muratura a forma di cerchio con un corridoio centrale dove avveniva la trasformazione del latte di bufala in soffice mozzarella. Sicuramente l’era borbonica rappresenta poi il periodo di massimo splendore della mozzarella di bufala: nella seconda metà del 700, infatti, presso la Tenuta Reali di Carditello, il Re Borbone insediò un allevamento di bufale e il primo e più grande caseificio della storia. Si iniziò addirittura a regolamentarne la produzione, stabilendo che le mozzarelle dovevano rimanere nel loro liquido per almeno un giorno, mentre le provole per due e si iniziò a delineare la geografia delle principali zone di produzione, comprendente il basso Lazio, Caserta, Napoli e Salerno con la mozzarella di Battipaglia e Paestum, fino alla provincia di Foggia: fu questo il primo esempio di industrializzazione casearia. Questo periodo di splendore fu seguito poi nel corso del tempo, da una drastica riduzione di capi bufalini: da 8000 esemplari censiti agli inizi del 1800 si passò a circa 2000 capi alla fine del secolo. E se i capi bufalini censiti agli inizi del 900 erano circa 20.000, con le bonifiche dell’era fascista ci fu una riduzione di quasi il 50%. Tuttavia, grazie alla tenacia e alla passione degli imprenditori del sud Italia, il bufalo mediterraneo ha ottenuto il riconoscimento di unicità della razza. La mozzarella di bufala ha così riconquistato il suo primato di latticino fresco. Per questa ragione, è chiamata anche “Oro Bianco” fino ad ottenere, il 12 Giugno 1996, la definitiva consacrazione delle sue qualità grazie all’assegnazione del prestigioso marchio d’origine protetta (D.O.P.) da parte dell’Europa. Questo approfondimento poteva solamente far luce sulle origini storiche di questo fantastico prodotto dal sapore, aroma e consistenza amato in tutto il mondo, in quanto qualsiasi descrizione organolettica, non arriverebbe mai a rilasciare quelle emozioni che solamente il suo assaggio può rilevare. Gioiello campano, orgoglio italiano.

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