L’ORGANIZZAZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO

Nell’ambito del rapporto di lavoro uno tra gli aspetti più rilevanti è sicuramente la gestione dell’orario di lavoro. Dopo aver definito il concetto di orario di lavoro, con il presente contributo si intende fornire una panoramica generale di questo particolare elemento del rapporto di lavoro (durata massima, lavoro elastico, lavoro straordinario e supplementare, ecc.).

Il c.d. Decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/2022) e i successivi chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale e del Ministero del Lavoro chiariscono che fra gli obblighi di comunicazione ai dipendenti risulta esserci anche quella relativa all’orario di lavoro e alla sua programmazione.

L’articolo 1, comma 1, lett. o) del decreto legislativo n. 104 prevede che il datore di lavoro debba informare il lavoratore su «la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile».

Nello specifico, le informazioni devono essere incentrate sulla concreta articolazione dell’orario di lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione.

Nel caso di variazioni dell’orario di lavoro successivamente intervenute, l’informativa si rende necessaria solo in presenza di modifiche che incidono sull’orario di lavoro in via strutturale o per un arco temporale significativo, fermo restando il rispetto della legge e del contratto collettivo soggettivamente applicabile al rapporto di lavoro.

A tal proposito, con il presente contributo si intende fornire una panoramica generale di questo particolare elemento del rapporto di lavoro (durata massima, lavoro elastico, lavoro straordinario e supplementare, ecc.).

Con il termine orario di lavoro si intende qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni (art. 1, co. 2, lett. a), D.Lgs. 8.4.2003, n. 66).

Il datore di lavoro è obbligato ad erogare la retribuzione e la relativa contribuzione al lavoratore quando vengano soddisfatti i principi generali sopradescritti, ovvero il lavoratore è al lavoro; a disposizione del datore di lavoro; nell’esercizio delle attività o funzioni impartite dal datore di lavoro.

È considerato orario di lavoro “i periodi in cui i lavoratori sono obbligati a essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenersi a disposizione di quest’ultimo per fornire immediatamente la loro opera in caso di necessità” (Min. Lav., circ. 3.3.2005, n. 8; Corte Giust. Ce 9.9.2003, n. c.-151/02).

Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell’orario gli addetti ai lavori agricoli e agli altri lavori per i quali ricorrano necessità imposte da esigenze tecniche o stagionali; gli addetti alle industrie ed alle lavorazioni elencate nella tabella allegata al R.D. 10 settembre 1923, n. 1957; gli addetti ai lavori familiari, per tali intendendosi tutte le prestazioni d’opera inerenti al normale funzionamento della vita interna di ogni famiglia o convivenza, come convitto, collegi, convento, caserma, stabilimento di pena; il personale direttivo; gli addetti ad occupazioni che richiedono una prestazione discontinua o di semplice attesa o custodia (custodi, guardiani diurni e notturni, portinai, uscieri, camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, sorveglianti che non partecipino materialmente al lavoro, centralinisti, e così via); i lavoratori a domicilio; i commessi viaggiatori o piazzisti; gli operai agricoli a tempo determinato; il personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali; alto personale espressamente indicato dal decreto.

Le ore di lavoro settimanale, normalmente distribuite su 6 giorni, possono essere ripartite su 5 giorni (c.d. settimana corta) dal contratto collettivo o dal datore di lavoro previa comunicazione o trattativa.

Invece, è considerato lavoro parziale, l’orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui è tenuto il lavoratore, che risulti comunque inferiore alle 40 ore settimanali, ossia inferiore al normale orario di lavoro.

L’art. 4 D.Lgs. 66/03 stabilisce la durata massima settimanale dell’orario di lavoro, nel rispetto della durata complessiva media prevista dalla legge che non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore (compreso il lavoro straordinario effettuato).

Il calcolo della media deve essere riferito ad un periodo non superiore a 4 mesi (il periodo di riferimento può essere elevato dai CCNL fino a sei mesi in ogni caso ovvero fino a 12 mesi a fronte di obiettive motivazioni tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro purché specificate nei contratti stessi).

Ai fini del computo della durata media non sono considerati i periodi di ferie, malattia, infortunio e gravidanza (tutti i restanti periodi di assenza che comportano la conservazione del posto di lavoro restano ricompresi nel computo); le prestazioni di lavoro straordinario per il quale il lavoratore ha beneficiato dei riposi compensativi in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive.

La determinazione dell’orario di lavoro spetta al datore di lavoro, nell’esercizio del potere direttivo, la determinazione dell’orario normale che i lavoratori devono rispettare nei diversi giorni della settimana.

Il datore di lavoro può stabilire che l’orario iniziale e quello finale della giornata lavorativa non sia fisso ma possa variare, a discrezione dei lavoratori, nell’ambito di fasce orario predeterminate (es. inizio dalle ore 8:00 alle ore 08:30 e termine dalle ore 17:00 alle 17:30 con un’ora di pausa per il pranzo).

È considerato lavoro a turni qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro (anche a squadre) in base al quale più lavoratori vengono successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo (che può essere di tipo continuo o discontinuo) e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane.

Il lavoratore turnista ha il diritto di conoscere preventivamente la collocazione oraria della sua prestazione anche in un futuro non prossimo, per consentirgli la programmazione del proprio tempo di vita (sent. Cass. 21/05/2008 n. 12962).

Per lavoro straordinario si intende quello prestato oltre l’orario normale di lavoro (40 ore straordinarie) il ricorso ad esso deve essere contenuto ed è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore, per un periodo che non superi le 250 ore annuali.

Il lavoro straordinario viene compensato con una maggiorazione della retribuzione spettante al lavoro normale, secondo le previsioni dei contratti collettivi di lavoro (Cass. 01/02/2006 n. 2245).

Nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo parziale, si intende per lavoro supplementare quello reso in aggiunta all’orario (ridotto) di lavoro concordato ma entro i limiti dell’orario a tempo pieno.

Il lavoro supplementare riguarda il solo rapporto di lavoro part time orizzontale, dal momento che nel part time verticale l’orario di lavoro giornaliero è già a tempo pieno.

Lavoratore con contratto part-time orizzontale di 20 ore settimanali (il ccnl applicato prevede come orario normale 40 ore settimanali) distribuite 4 ore al giorno dal lunedì al venerdì. Il lunedì e il martedì avrebbe dovuto lavorare per 4 ore dalle 8 alle 12, invece lavora dalle 8 alle 14, le 4 ore eccedenti (2 ore il lunedì e 2 ore il martedì) sono considerati lavoro supplementare in quanto 20 ore settimanali (4 ore dal lunedì al venerdì) + le 4 ore di lavoro eccedenti (2 ore il lunedì e 2 ore il martedì) sono inferiori alle 40 ore settimanali (40 > 24).

È uno strumento creato dall’autonomia collettiva attraverso il quale il lavoratore può optare, in alternativa al pagamento del compenso per le ore prestate in più oltre l’orario normale, per l’accantonamento delle stesse su di un conto individuale dal quale attingere per fruire in periodi successivi di una corrispondente entità di riposi compensativi.

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