Il Santuario di Giove Anxur sorge sulla sommità dell’Acropoli di Terracina, a picco sul mare e domina la pianura pontina, il Circeo, la piana di Fondi, i monti Aurunci, il mare con le isole Ponziane, fino a Ischia e al Vesuvio. La vista del Tempio spazia infatti direttamente sul mare essendo il sito archeologico un’eccezionale terrazza panoramica. Ma non meno importanti sono gli aspetti storici e archeologici, emergenze legate ad una storia di gran lunga superiore a 2000 anni. Dalla via Appia al Teatro Romano all’interno del centro storico di Terracina, al cammino di ronda che porta verso il Tempio dedicato al Dio fanciullo. Sito di interesse comunitario nel Parco Naturale monti Ausoni e lago di Fondi e Monumento naturale dal 2000, il Tempio di Giove Anxur è una grande area sacra sull’originario tracciato appunto della via Appia, la regina delle strade romane, che attraversava il nodo strategico e militare di Terracina. Sulle pendici meridionali del monte Sant’Angelo noto anche come monte Giove (per i Romani Mons Neptunius, 227 m s. l. m.) era sorto il centro ausonio di Terracina, poi volsco con il nome di Anxur e conquistato definitivamente dai Romani alla fine del V secolo a. c.. Nel 329 a. c. la città divenne colonia romana e nel 312 a. c., il monte fu aggirato alle spalle del tracciato della nuova via Appia, che congiungeva Roma con Capua. Da quest’epoca risalgono i primi terrazzamenti in opera poligonale, per l’erezione di un primo santuario, probabilmente legato al culto oracolare e forse non comprendente un tempio. Alla seconda metà del II sec. a. c. si deve un rifacimento con una serie di ambienti addossati alla roccia a monte (cosiddetto “piccolo tempio”). In epoca sillana, agli inizi del I sec. a. c., si data una monumentale ricostruzione, con una cinta muraria e un campo militare per il controllo del passaggio della via Appia e il nuovo grande Tempio, edificato su una scenografica terrazza di fondazione in opus incertum, con portico retrostante. Il santuario di Terracina si inserisce nel quadro dei grandi santuari repubblicani del Lazio, costruiti tra la metà del II e la metà del I sec. a. c. in posizioni scenografiche e dominanti, su imponenti sostruzioni e terrazze. Viene utilizzata la nuova tecnica edilizia del conglomerato cementizio (opus caementicium), recentemente elaborata a Roma, con le forme degli ordini architettonici, derivate dalla tradizione ellenistica. Il modello infatti per la tradizione scenografica su terrazze digradanti può riferirsi ai grandi santuari della città di Pergamo, in Asia Minore, mentre i templi salgono su alti podi e privi del colonnato sul retro (sine postico, inutile per la prevalente visione frontale). Le terrazze sono spesso circondate da portici su tre lati e spesso le arcate e le volte si affiancano o vengono nascoste dai colonnati. Dopo l’epoca romana il santuario fu distrutto e incendiato e i resti furono noti in epoca medievale con il nome di palazzo di Teodorico. Nell’alto Medio Evo, nella zona del cosiddetto “piccolo tempio”, si insediò un monastero benedettino dedicato a San Michele Arcangelo, dal quale l’intero colle prese il nome attuale. In particolare un corridoio interno di sostruzione fu trasformato in chiesa, con affreschi del IX sec.. Altre strutture medievali (resti di una torre quadrata e di mura di recinzione e tracce di frequentazione del XIII sec.) testimoniano la continuazione dell’uso militare della sommità del colle. L’area venne definitivamente abbandonata alla fine del XVIsec., con lo spopolamento della città di Terracina. Al 1894 risalgono i primi scavi, condotti dallo studioso locale Pio Capponi, seguiti da altri scavi di Luigi Borsari due anni dopo. La tradizionale identificazione della divinità del Tempio con Iuppiter Anxur (Giove fanciullo), divinità protettrice della città e probabilmente oggetto di culto urbano è messa in dubbio sia dal ritrovamento di un’ iscrizione recante il nome della dea Venere che dalla presenza di alcuni oggetti votivi (tra cui colombe in pasta vitrea) che recavano incisioni con dedica a Venus Obsequens. Il santuario minore probabilmente il più antico doveva invece essere dedicato al culto della dea Feronia, forse introdotto nella regione già all’epoca dell’occupazione volsca nel V sec. a. c.. Si racconta una leggenda che il tempio dedicato appunto alla dea non appena fu eretto, i campi circostanti sembrerebbero essere diventati molto più fertili grazie a lei. La dea Feronia era infatti protettrice della terra, dei raccolti e soprattutto era simbolo della fertilità. La dea è identificata anche come ” Giunone Vergine”, a volte come la stessa Venere, come Persefone oppure con i nomi “Libera ” e “Flora”. Sempre la figura di Feronia è legata alla leggenda che narra di un incendio nel bosco sacro della dea che rimase intatto tra le fiamme, anzi rinverdì per cui fu chiamata da alcuni Anthophoros ovvero “portatrice di fiori” o “Philostephanos” cioè amante di corone di fiori. Si tramanda inoltre che Feronia fosse protettrice di tutto ciò che sottoterra esce alla luce del sole e quindi delle acque sorgive e di ogni tipo di fertilità: da quella dei boschi e delle messi a quella umana. Note erano anche le sue proprietà guaritrici confermate dai numerosi ex-voto ritrovati per cui era venerata dai malati. A Terracina nel Tempio di Giove, nel suo santuario, veniva celebrata la famosa cerimonia di liberazione degli schiavi essendo la dea Feronia anche protettrice degli stessi. Presenze, quindi nel Tempio di Giove, leggende e magia. Oggi il Tempio di Giove Anxur di Terracina è nuovamente accessibile ai turisti, gratuitamente. Una novità che ha segnato in positivo l’estate 2020 per la città, già duramente colpita dal Coronavirus, la gestione infatti dell’area archeologica torna nelle mani del Comune, in collaborazione con Fondazione città di Terracina e Azienda speciale. In conclusione il Tempio nel tempo ha celebrato la vittoria di Silla e ha assistito al taglio di Pisco Montano, ha osservato la bonifica delle paludi pontine e oggi tollera, un po’ stranito, l’illuminazione notturna che cambia di colore ai suoi archi poderosi. Per quanto non sia affatto il Tempio di Giove e per quanto sia rimasto molto poco degli antichi fasti di epoca sillana, inerpicarsi fino al Tempio risalendo la tortuosa strada di Monte di Giove è una sorta di minuscolo pellegrinaggio che vale la pena di compiere e al termine del quale si potrà godere di una vista impagabile sul mare di Circe.