Il Papa a scuola: l’importanza dell’«amatorialità»

Oggi il Papa ha sorpreso tutti con un gesto semplice. Ha visitato una ordinaria scuola pubblica del centro di Roma, il Pilo Albertelli. È la scuola dei giovani della via crucis del 2018, ma non è diversa da tante altre scuole, con la sua atmosfera effervescente, calda, caotica.

La preside nel presentare il liceo ha sottolineato che la struttura, situata vicino la stazione Termini, attua di fatto un’integrazione sociale fra giovani provenienti non solo da Roma-centro. Del resto il cortile gremito e rumoroso che accoglieva il pontefice, circondato da giovani sbalorditi della sorpresa, rappresentava perfettamente la sfida dello stare insieme, stretti attorno a un ospite con il quale intrattenere subito un dialogo diretto.

La novità dell’evento era tutta qui. Non si è trattato di una visita formale e unilaterale, né di un discorso «sui giovani» o «ai giovani» del Papa in cattedra. Da subito, appena dopo il benvenuto degli applausi e della preside, si è aperta una serrata conversazione fra i giovani e Francesco, fra i giovani e Jorge Mario. Chi c’era (come chi scrive) non ha potuto non stupirsi della semplice profondità di alcune domande («come amare gratuitamente?», «come comunicare la fede?», «che valore hanno i sogni e il gioco?») e anche del loro carattere personale («a cosa pensa il Papa prima di dormire?»). Domande dirette, domande di giovani in crescita e in ricerca, alle quali Francesco rispondeva da pari a pari, innanzitutto dicendo «bella domanda», esortando alle domande profonde e sincere, e poi accompagnando le domande verso un orizzonte di speranza e di senso.

Una risposta in particolare ha sottolineato la vicinanza fra gli interlocutori: quando si è chiesto sul valore del gioco il Pontefice ha suggerito un collegamento fra «amatorialità» e «amore». Un riferimento molto azzeccato in quel chiassoso cortile in cui ogni giorno gli studenti giocano con vecchi palloni. Francesco parla in quella lingua lì, incoraggiando ad accogliere e considerare senza pregiudizi e snobismo le espressioni spontanee di quotidiana gioia vitale, a partire dai piccoli giochi, dallo sport amatoriale, preferito al professionismo. In questo senso ha poi detto che oltre i professori esistono per ciascuno dei «maestri», fuori o dentro la scuola, che sono un dono: la crescita è un dono d’amore che nasce spontaneamente, da amatori, all’interno di una relazione, «una linea» che unisce discepolo e maestro. Un legame orizzontale che Francesco ha il coraggio di costruire e indicare senza nessun paternalismo e formalismo, parlando nel modo in cui chiosa spesso le sue lettere: «fraternamente».

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