Moscadello di Montalcino: il vino dimenticato che ha reso famosa la Val d’Orcia

Il Moscadello DOC è il vino che ha reso famosa Montalcino, ma nel tempo è stato dimenticato.

Tra le colline della bionda Val d’Orcia, il borgo di Montalcino primeggia su un collinotto. Tutto intorno i vigneti si alternano ai cipressi e alle bionde colline di grano. Montalcino è una delle città più importanti del territorio, un gioiello che racchiude tesori architettonici e artistici e che è nota in tutto il mondo per la produzione del suo Brunello di Montalcino DOCG, uno dei più famosi vini italiani.

Ma il Brunello non è sempre stato il principe della storia della viticoltura toscana. Ben prima di diventare famosa per il suo rosso rubino, il paese valdorciano aveva conquistato la sua notorietà grazie a un vitigno dalla bacca bianca: il Moscadello di Montalcino.

Fino alla fine dell’Ottocento, il borgo medievale di Montalcino era rinomato per le sue uve bianche.

Le prime testimonianze sul Moscadello risalgono al ‘600 e citano la coltivazione di moscato bianco. Un tempo definito “il dolce nettare” di Montalcino era decantato da scrittori, artisti e studiosi. Se nei secoli addietro era molto diffuso, oggi solo una decina di aziende riescono a produrlo, essendo diventato molto raro. Parliamo di qualche centinaio di litri per tenuta.

Nel 1540, Pietro Aretino, scrittore, in una lettera diceva: “un caratello di prezioso, delicato Moscadello, tondotto, leggiero e di quel frizzante iscarico che par che biascia, morde e trae di calcio, parole che parrebbon la sete in su le labbra”.

Nel tempo, il gusto del Moscadello conquistò sempre più estimatori, anche fuori dal confine nazionale. Nel 1685 il medico-poeta Francesco Redi, decantava “Del leggiadretto/del sì divino/Moscadelletto/di Montalcino” nella sua opera Bacco in Toscana, in cui decantava i migliori vini della sua zona. Ugo Foscolo, durante il suo soggiorno fiorentino, incontrò Quirina Mocenni Magiotti, nobildonna senese. In una lettera a un amico, risalente al 1813, raccontava della donna: “mi regala starne e beccacce sanesi, e panforte, e parecchi fiaschetti di Montalcino”, intendendo il pregiato Moscadello.

Il Moscadello ha una dolcezza inconfondibile ed è stata proprio questa a permettergli di conquistare anche i palati più esigenti. Allora, perché col passare dei secoli è caduto nel dimenticatoio diventando prodotto di nicchia? I motivi sono tre: oidio, peronospora e fillossera, malattie che colpirono i vitigni dalla metà del XIX secolo fino all’inizio del Novecento. È stato in questo momento che i viticoltori decisero di abbandonarlo a favore del Sangiovese, di più facile coltivazione, con cui si iniziò a produrre il Brunello.

Il Moscadello e Montalcino sono, però, legati a doppio filo, perché qui il clima è particolarmente favorevole alle uve a vendemmia tardiva. Si tratta di una zona calda, secca, con una buona ventilazione, ottima per le vendemmie tardive. A Montalcino le uve moscate arrivano a maturazione agli inizi di settembre e la raccolta avviene dopo un mese. In questo periodo gli acini si disidratano e aumenta la concentrazione di zuccheri, acidi e aromi, che rendono il Moscadello unico e inconfondibile.

Ne esistono tre versioni: Frizzante, Tranquillo e Vendemmia Tardiva. Alla vista è giallo paglierino tenue nella versione Frizzante, nel Tranquillo si scurisce e diventa giallo dorato nella Vendemmia Tardiva. Il risultato è un prodotto che in bocca regala un’esplosione di gusto e sapori, come ogni vino ottenuto per appassimento. Il colore è dorato intenso, con un inconfondibile naso da moscato, impreziosito da note persistenti floreali e fruttate, gusto morbido, dolce e concentrato, sorretto da una buona acidità.

La produzione annua del Moscadello DOC è di circa 50mila bottiglie. Infatti, le uve per la produzione hanno una resa per ettaro molto bassa. La lavorazione dell’uvaggio segue un rigido disciplinare, che va a tutelare tutte le fasi di produzione, dalla raccolta fino all’affinamento. Dal 13 novembre 1984 ha ottenuto la DOC, per cui può essere imbottigliato solo nella zona di produzione: il Comune di Montalcino.

È un vino ottimo per il fine pasto, per accompagnare il dessert. Si sposa bene con dolci complessi, a base di creme, ma anche con la pasticceria secca: biscottini, crostate, o i dolci tradizionali della zona di Siena, come

i cantucci o il Panforte. Tuttavia, si tratta di un vino di carattere, che può accompagnare anche piatti salati come: patê de foie gras, formaggi erborinati e crostini di fegatelli toscani. Il Frizzante e il Tranquillo sono da consumarsi giovani, quello a Vendemmia Tardiva esprime il meglio di sé col passare degli anni. Oggi viene prodotto da una decina di cantine della zona, che se ne occupano con grande passione e amore per la tradizione.

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