“Long Covid” postumi di una pandemia

L’infezione da SARS-Cov-2 fa paura quando si fa largo nel nostro corpo, la fase acuta più grave può provocare delle conseguenze critiche per il nostro organismo quali polmonite bilaterale e una imponente reazione infiammatoria.

A distanza di un anno dall’inizio della pandemia facciamo i conti non solo con chi ha avuto a che fare direttamente o indirettamente con questo virus ma con chi, a distanza di settimane o mesi ne subisce ancora le conseguenze.

Essendo noi l’uno diverso dagli altri e in nome della nostra univocità, avremo una risposta/reazione al virus diversa per tutti. Molte persone hanno miglioramenti dopo pochi giorni, altre in poche settimane, statisticamente la maggior parte delle persone che hanno contratto il virus si riprenderanno completamente entro 12 settimane.

Uno studio cinese parla di 3 pazienti su 4 che manifestano almeno un sintomo anche sei mesi più tardi. Uno studio Italiano evidenzia come le manifestazioni post covid 19 che riguardano il piano neurologico e quello psichiatrico sono quelle che svaniscono più lentamente (difficoltà di concentrazione e attenzione, perdita di memoria, disturbo post-traumatico da stress)

Ovviamente gli studi sono in una situazione di “work in progress” quindi in continuo aggiornamento.

A tal proposito, ultimamente stiamo sentendo parlare di “Long Covid”, questo nome viene utilizzato oggi dai medici per definire l’insieme dei sintomi (fisici-neurologici-psichiatrici) riscontrabili in alcuni dei pazienti contagiatisi nei mesi scorsi.

In linea di massima, più grave è stata la malattia, maggiore rischia di essere l’entità dei sintomi nel tempo. Questo non vuol dire che, comunque, la Long Covid possa accompagnare anche persone che abbiano sviluppato una lieve sintomatologia.

Nello specifico andiamo a scoprire quali sono i sintomi più evidenti del “Long Covid”

In base agli ultimi studi i sintomi più facilmente riscontrabili sono la “fame d’aria” e l’astenia.

La prima rappresenta il comune “affanno” cioè la percezione di una respirazione difficoltosa, l’incapacità di effettuare un respiro profondo, un senso di costrizione sul torace.

L’astenia invece si manifesta con mancanza o perdita di forza dell’intero organismo o dei suoi singoli apparati o organi, una situazione che si manifesta con uno stato di debolezza generale con facile affaticamento ed insufficiente reazione agli stimoli.

A questi sintomi si associano altri sintomi secondari ma non meno importanti.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le donne sembrano avere il doppio delle probabilità di sviluppare la “Long Covid”, rispetto agli uomini, ma solo fino a circa 60 anni, quando il livello di rischio diventa simile.

Nei fattori di rischio di incorrere nella “Long Covid” ci sono anche l’età avanzata e un indice di massa corporea più alto.

E i bambini? Sono esclusi da questo rischio?

No, uno studio fatto su 129 bambini e ragazzi tra i 5 e i 18 anni con diagnosi di Covid-19, portato avanti da una collaborazione tra il Policlinico Gemelli di Roma e la Federazione Italiana Medici Pediatri ha evidenziato come un terzo di questi ha riferito persistenza di sintomi più o meno evidenti a distanza di mesi.

Il New York Times in un recente editoriale parla del Long Covid come di uno dei “più grandi eventi invalidanti di massa nella storia moderna”

la strada per uscirne è ancora lunga, non si dovranno sottovalutare gli effetti a lungo termine, non si potrà prescindere da un corretto ed efficace supporto sanitaria in grado di migliorare la qualità della vita di chi pensa di esserne uscito ma in realtà sta pagando ancora i postumi di una pandemia.

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