LE ANTICHE TERME DI VESPASIANO A CITTADUCALE

Nell’alta Sabina, sulla sommità di Caporio di Cittaducale, lungo la verde vallata attraversata dal fiume Velino e dalla via Salaria, antica strada su cui si portava, verso le aree interne, il sale prodotto dalle saline della foce del Tevere, è ubicato il sito archeologico delle Terme di Vespasiano che faceva parte dell’area del Vicus Cutiliae.

La collina è ancora ampliamente selvaggia ed i molti ruderi hanno un’immagine nettamente scenografica. La natura e la destinazione di tale struttura non è ancora attualmente ancora chiara, ma quasi certamente, in questo posto l’imperatore Tito Flavio Vespasiano e suo figlio Tito venivano d’estate in vacanza, come traspare dai reperti della maestosa villa rustica vicino Paterno, e fra l’altro entrambi erano nati in questi luoghi.

In tale zona, sono presenti abbondanti sorgenti di acque acidule, solforose e ferrate che attirarono molto gli antichi romani.

Le acque di Cutilia sono citate da numerose autori per le loro proprietà curative straordinarie, quasi miracolose.

Vitruvio (Vitruv., 8,3,5), nel “De architectura”, le qualifica come frigidae e nitrosae, Plinio il Vecchio (Plin., N. H. 31,9 e 59) ne menziona la temperatura molto bassa e le proprietà terapeutiche in relazione alle malattie dello stomaco, del sistema nervoso e dell’intero corpo.

Strabone ancora, (Strabo 5,3), specifica che erano impiegate per la cura di determinati tipi di malattie immergendovisi seduti, mentre Celso (Celsus 4, 12, 7) nel “De Medicina”, opera composta in età tiberiana, sottolinea il loro effetto nella cura dei disturbi dello stomaco.

Celio Aureliano medico e creatore di un componimento enciclopedico e traduttore dei trattati di Soranos di Efeso, la indica per la cura della artrite, delle affezioni dello stomaco, e della vescica.

Le Terme connesse al lacus Cutiliae e alla leggendaria popolazione dei Pelasgi, era ritenuto da Varrone “Umbilicus Italiae”, l’ombelico d’Italia. L’imperatore Vespasiano è peraltro il rappresentante più celebre, proveniente infatti dalla Sabina e frequentatore abituale delle terme, andava regolarmente nella sontuosa villa, di cui sussistono prove rilevanti nei pressi di Paterno, in cui si spense nel 79 d.C., e morendo due anni dopo anche il figlio Tito, che nello stesso tempo lo aveva divinizzato.

Tito Flavio Vespasiano, è reputato il fondatore della dinastia Flavia, il suo luogo di origine era appunto nei pressi dell’antico Vicus Phalacrinae, in Sabina, l’attuale Cittareale in provincia di Rieti..

“La dinastia Flavia, fu la seconda dinastia imperiale romana, che detenne il potere dal 69 al 96. I Flavi Vespasiani erano una famiglia della classe media, d’origine modesta, giunta poi all’origine equestre grazie alla militanza fedele nell’esercito, che giunse al potere quando Tito Flavio Vespasiano, generale degli eserciti d’oriente, prese il potere durante l’Anno dei quattro imperatori”. Rodolfo Lanciani

Vespasiano nasce il 17 novembre del 9 d.C. da una famiglia di ordine equestre: il nonno Tito Flavio Petrone era stato centurione nell’esercito di Pompeo Magno ed era successivamente diventato esattore delle tasse e argentarius, una specie di banchiere, mestiere ereditato poi dal padre di Vespasiano, Tito Flavio Sabino, il quale era entrato in relazione con la nobilitas romana in virtù del matrimonio con la madre di Vespasiano,

Vespasia Polla, sorella di un senatore e figlia di un militare di alto grado (già il loro primo figlio, Tito Flavio Sabino, era divenuto praefectus urbi).

Dopo essersi opposto alla carriera politica per un determinato periodo, comincia poi a scalare le cariche del cursus honorum, divenendo, per la parentela della madre, tribuno laticlavio fra il 30 e il 33, poi questore a Creta nel 34, dopo edile nel 38 e infine pretore nel 40.

In tali anni prende in matrimonio Flavia Domitilla maggiore da cui avrà i due figli, Tito e Domiziano, ambedue futuri imperatori; ma purtroppo la moglie e la figlia Flavia cesseranno di vivere.

Vespasiano continua la carriera militare contraddistinguendosi come comandante lungo la campagna per la conquista della Britannia guidata da Aulo Plauzio nel regno di Claudio e nel 51 divenne console suffetto. Infine, prima di essere mandato da Nerone nel 66 a reprimere la ribellione giudaica, diviene governatore dell’Africa proconsolare.

Si ritiene che Vespasiano non sia stato un esemplare soldato, come invece il figlio Tito, ma dette prova di grande forza di carattere e abilità, e dimostrò forza e desiderio nel dare ordine e sicurezza sociale ai suoi sudditi.

Arrivato a Roma, nella primavera del 70 d.C., Vespasiano si occupò da subito nel risanare i danni provocati dalla guerra civile. Nel suo regno, seguito al biennio 68-69, nel quale si erano avvicendati sul trono cinque imperatori, Vespasiano riuscì a ristabilire nell’Impero l’equilibrio politico, economico e sociale, compiendo una revisione del catasto e prendendo provvedimenti riguardanti le province.

Ripristinò il rigore nell’esercito che nel periodo di Vitellio era stato trascurato, e con la collaborazione del Senato, ricondusse il governo e le sue finanze su solide basi. Attuò la riscossione delle imposte non pagate sotto Galba, creandone poi di nuove ancora più pesanti; incrementò le tasse delle province, anche raddoppiandole in alcune circostanze, globalmente fu molto attento alle finanze pubbliche per la grandissima povertà del fiscus e dell’aerarium.

Famoso l’aneddoto secondo cui egli introdusse un tributo addirittura sugli orinatoi, i gabinetti pubblici, che dall’epoca vengono denominati anche vespasiani.

Mediante l’esempio della sua semplicità di vita, espose al disprezzo generale il lusso e la stravaganza dei nobili romani e instaurò sotto molteplici aspetti un netto miglioramento del tono totale della società.

L’insigne storico Tacito, di Vespasiano scrisse: “(….) era dotato di tali severi costumi, da essere considerato l’iniziatore, egli stesso uomo per educazione e per modo di vivere simile agli antichi”.

Fu preciso e rigoroso nelle sue abitudini, dedicandosi ai suoi uffici la mattina e godendosi il riposo. Fortificato dalla disciplina dei legionari, realmente non fu avvezzo a nessuna forma di vizio. Probabilmente non ebbe i requisiti previsti per un imperatore della passata dinastia giulio-claudia, ma fu stimato da tutto il popolo, sia dalla plebe sia dal patriziato senatorio.

Vespasiano fu dunque il promotore di un rinnovamento economico e sociale in tutto l’impero che beneficiò, grazie al suo governo, di una pax rimasta celebre.

Svetonio lo presenta come un uomo giusto, onesto, molto legato alle sue origini famigliari, con il solo difetto di essere avido di denaro. “(….) per tutto l’arco del suo impero, niente considerò più importante che cercare di dare consolidamento e poi anche splendore allo Stato, ora quasi afflitto e vacillante”.

Per tale motivo fu uno degli imperatori più amati della storia romana.

Molti e importanti furono anche i suoi interventi urbanistici nella città di Roma: riedificò il tempio di Giove Capitolino, rimuovendo lui stesso le macerie e trasportandole personalmente in spalla; in tale ambito fece ricostruire le 3000 tavole di bronzo distrutte dall’incendio, testimonianze antichissime e di estrema rilevanza; iniziò la costruzione di un nuovo foro, il terzo dopo quello di Cesare e Augusto, collegato ad un tempio dedicato alla Pace, ornato con statue prese da Nerone in Grecia e in Asia Minore, antichi splendori di pittura e scultura, oltre che con la suppellettile d’oro del tempio dei Giudei.

Terminò sul Celio il tempio del Divo Claudio, cominciato da Agrippina ma quasi totalmente distrutto da Nerone; realizzò infine un monumentale anfiteatro, il Colosseo, idioma ancora oggi dell’antica Roma.

Vespasiano scherzò anche nei suoi ultimi attimi di vita, quando esclamò: “Purtroppo temo che mi stia trasformando in un Dio”, in latino: “Vae, puto deus fio”.

A peggiorare la sua malattia sembra sia stata un’indigestione, per avere bevuto una quantità eccessiva di acqua gelata. Egli proseguiva, però, ad esercitare i suoi doveri di imperatore, ricevendo anche le delegazioni mentre era a letto sofferente.

Sentendosi infine morire per un intenso e improvviso attacco di dissenteria, disse con enfasi: “Un imperatore deve morire in piedi”. E mentre cercava di alzarsi, si spense tra le braccia di chi lo stava aiutando, il 23 giugno del 79, all’età di 69 anni, un mese e sei giorni. Spirò nella sua villa nelle terme di Cotilia, dove ogni anno passava l’estate.

Sarà divinizzato, in seguito, dal figlio Tito e gli viene intitolato il Tempio del Divo Vespasiano nel Foro Romano, di cui attualmente rimangono alcuni resti, che però fu ultimato soltanto dal fratello di Tito e suo successore Domiziano, quasi sicuramente nell’87 d.C..

Il complesso termale di Domiziano, caratterizzato da quattro successivi terrazzamenti, inizia dalla via chiamata Strada Vecchia, che ripropone a grandi linee il percorso della Salaria romana, con un fronte di circa 300-400 metri, fra le rovine della chiesa di Santa Maria dei Cesoni ed il canale della centrale idroelettrica di Cotilia, che ha tagliato una parte delle strutture.

I resti monumentali visibili, sono quelli del secondo terrazzo, prodotto sia di ritrovamenti, sia di campagne di scavo e restauro avutesi dal 1969 al 1986.

Al centro è stata rinvenuta, anche se solo parzialmente, una vasta piscina, metri 60 X 24, ricavata nel banco affiorante e regolarizzata solo in determinati punti con opere in muratura: parliamo presumibilmente della natatio, con accesso tramite ripide scalette situate simmetricamente sui lati lunghi. Lo scavo ha evidenziato uno spesso strato di deposito calcareo, mentre non vi sono, ad esclusione di tracce sul bordo di coccio pesto, elementi riferiti alla pavimentazione della vasca che, in considerazione della natura della sorgente, doveva essere adoperata a scopo terapeutico.

Sui lati vi erano vari ambienti, articolati con un fronte composito, di cui oggi sono esistenti i lati nord ed est, le cui strutture arrivano a metri 5 di altezza. Sulla facciata settentrionale, lunga metri 76,9, si aprono alternativamente nicchie rettangolari e semicircolari posizionate ai lati di un ambiente a pianta rettangolare e con abside sul lato di fondo, il fulcro dell’articolazione della parete. La presenza nell’abside di otto aperture, concernenti ad altrettante bocche d’acqua, il cui getto doveva confluire in una piccola vasca, ha consentito di considerare tale struttura come un ninfeo detto a “camera absidata”.

Dietro questo prospetto è presente un corridoio, coperto a volta, che corre per tutta la lunghezza parallelo al fronte. La realizzazione di questa parte dell’edificio, ha occluso strutture antecedenti, soprattutto due ambienti disposti con orientamento diverso da quello del complesso.

La facciata orientale, lunga metri 66,95, è caratterizzata da ampie zone rettangolari, alternate a piccole absidi mentre, nell’angolo nord est, la scala di entrata al piano superiore, che su questo lato si presentava con un portico-terrazza ha attualmente pilastri e parte della pavimentazione in mosaico.

Sono stati rinvenuti nel corridoio parti decorative come: mosaico, intonaco dipinto, cornici marmoree ecc., mentre dalla vasca ceramiche di diverse età. Escludendo i materiali sopra riportati e alcuni lacerti di mosaico, mantenuti sul posto stesso, poco rimane dell’apparato decorativo. Le ricerche sino ad oggi eseguite, limitate in rapporto alla enorme estensione delle terme, non consentono di capire in modo globale il funzionamento e l’articolazione strutturale dell’impianto.

La tecnica costruttiva adoperata, opera incerta, con ammorsature in blocchetti, permette di datare la struttura tra la seconda metà del II secolo a.C. e la prima metà del I secolo a.C., anche se molto probabilmente è una frequentazione in età passata, come è dimostrato da alcune strutture scoperte nell’angolo nord-ovest e da rari frammenti ceramici (bucchero).

Durante il medioevo, nell’area archeologica, si edificò la Chiesa di Santa Maria di Cesoni, in stile romanico a navata unica, presumibilmente sorta su strutture romane, i cui resti si vedono su un fianco del complesso, e l’esistenza di questo luogo di culto cristiano potrebbe attestare la tesi della preesistenza di un santuario pagano.

Questa zona, era molto importante anche sotto il profilo religioso e forse il non lontano lago Paterno era il noto lago di Cotilia, considerato anticamente, lo Italiae Umbilicus. In questi luoghi doveva esserci il sito centrale del culto della Dea Vacuna, infatti oggi si crede che si venerava in quel santuario.

Un’altra chiesa fu realizzata, nel Seicento, più in basso vicino la via Salaria: è quella intitolata a San Vittorino, che fu giustiziato costringendolo a respirare i vapori solforosi del ruscello che qui scorreva, il quale successivamente causò lo sprofondamento della chiesa medesima.

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