L’arte di Filippo Gastone Scheggi: l’armonia di stili e la valorizzazione dell’antico e del moderno

La connessione fra l’antico e il moderno è un denominatore comune dello stile dell’architetto Filippo Gastone Scheggi. Come a Villa Bell’aria: la cornice in legno massello del camino in cucina, il grande lavello di pietra rettangolare, il cotto antico del pavimento e i mobili di antica fattura, si mescolano a divani quadrati, a vasi di vetro soffiato, a tavolini e a lampade degli Anni’20 e 30. La sensazione è quella di passare da un antico convento, a un’abitazione in stile coloniale, a una fantascientifica stanza dei bottoni di un’astronave moderna. Senza rendersene conto, in un’equilibrata composizione degli elementi.

Come nella tenuta di Argiano, la “Argiano Dimore”.

La cinquecentesca struttura offre uno spettacolo di rara bellezza e purezza di linee. Il bianco delle pareti, i mattoncini, le volte, i pavimenti in cotto, e la presenza di tronchi di legno di varie dimensioni, che ricordano quanto la creatività dell’essere umano possa amalgamarsi bene con la bellezza e il calore degli elementi naturali. La bottega dell’artigiano, in effetti, lì dove si “crea” e si “modella” tutto ciò che ci circonda, ha bisogno di entrambi: l’ingegno umano e la qualità della materia prima. Pero, però…è il legno che dà la misura di ogni cosa, che “fa casa”, che occupa il posto d’onore. Le Dimore trasmettono un legame profondo con la natura, suscitano rispetto e modi attenti nel trattarla. E nel dare valore ai prodotti della terra, come il vino. Le bottiglie sono esposte, messe in evidenza una per una, ognuna con pari e autonoma dignità. Il prodotto che contengono, il vino rosso di questa tenuta, a Montalcino, è esso stesso “arte”.

Arte non meno preziosa degli affreschi di “Casatorre dei Leoni”, in città, a Siena. Qui, le linee essenziali del bianco e dello stile moderno accompagnano i colori e le immagini delicate degli affreschi, che hanno si resistito al tempo e al susseguirsi delle stagioni, ma che hanno bisogno di essere visti e non “coperti” da altri arredi e tonalità. Lo stile, quindi, è molto delicato, la presenza di oggetti e complementi è studiata per non distogliere l’attenzione dalle immagini sulle pareti. Lì dove emergono i mattoni rossi e, sopra di loro, degli affreschi, anch’essi rossi, una bianca scala in ferro battuto, a sinistra, si confonde con lo sfondo senza “rubare la scena” a quella immagine di stratificazione dei tempi.

Ecco, appunto, la stratificazione dei tempi.

Argiano, per esempio, è storia del territorio di Montalcino. I primi insediamenti risalgono all’epoca romana, tanto che il nome potrebbe derivare da “Ara Jani”, con riferimento al Dio Giano, oppure a quello di “luogo sul fiume Orcia”, chiamato anticamente “Orgia” e quindi poi Argiano. È però nel XVI secolo che Argiano conosce un’evoluzione, quando passò dai Tolomei alla nobile famiglia senese dei Pecci, con la costruzione, tra il 1580 ed il 1596, della splendida villa cinquecentesca. Il nome della villa, “Bell’Aria”, deriva proprio dal fatto che si trova in collina e gode quindi di aria buona. La presenza di una magnifica cantina ne ha inoltre facilitato la vocazione vinicola. Ma, già nel 1616, oltre al vino, si cita anche la qualità pregevole dell’olio che viene prodotto ad Argiano.

Nel corso dei secoli, la tenuta è passata di mano in mano, fino a quando, nell’Ottocento, ne è diventata proprietaria Ersilia Caetani Lovatelli, che riuscì a far conoscere e promuovere nei migliori salotti culturali dell’epoca i prodotti di Argiano. Lo stesso poeta Carducci li cita in una delle sue opere, dove scrive: “nella quale asprezza mi tersi col vin d’Argiano, il quale è molto buono“.

Nel restauro della Villa, si è tenuto conto delle intenzioni progettuali iniziali e, infatti, ogni intervento è stato calcolato, affinché si rendesse viva nuovamente la funzionalità, la distribuzione e l’ordine architettonico studiato dall’Architetto Pecci. Il progetto originario peraltro presenta straordinari soluzioni architettoniche, come il sistema di controllo dell’aria delle cantine tramite moto-convettiva naturale, l’accumulo delle acque piovane nella cisterna interrata nel piano cantina, un sistema di doppie scale che permetteva il passaggio continuo fra la servitù e la nobiltà, senza che fra di essi ci fosse mai un punto di incontro.

Il restauro dell’arch. Scheggi ha ripreso e interpretato alla perfezione il connubio fra storia e attualità, fra disegno moderno ed elemento di recupero. Filippo Gastone Scheggi, è nato a Siena nel 1987 e ha studiato presso le Università di Firenze e di Roma. Lavora come progettista e direttore tecnico per l’impresa specializzata in restauro “Sical Circe Restauri”. Ha prestato la sua opera in cantieri per il Vaticano, come per esempio, per il restauro della Sala Capitolare a San Paolo Fuori le Mura, Casino Pio IV, Stufetta Cardinal Bibbiena, Cortile della Pigna, Galleria dei Candelabri, Basilica di San Giovanni in Laterano, Stradone ai Giardini, Biblioteca appartamento papale, Nicchione di Pirro Logorio nel cortile del Belvedere, S. Anna, Braccio Nuovo di Stern, Accademia di Francia presso Villa Medici.

Lo stile dell’architetto Scheggi è in effetti inconfondibile. Nel progettare abitazioni e ville, ma anche negozi ed esterni. E cantine….

Il wine cellar di Argiano è un’immersione nella storia, nella cultura, nella produzione del vino di Montalcino. Il cammino, lungo una scala a chiocciola, passando da un ambiente a un altro, da file e file di bottiglie, dentro la cisterna è un vero e proprio tour in un luogo sacro. Alle pareti, le bottiglie di vino “parlano” della tradizione locale, della sapienza artigiana, della passione che per secoli ha portato a perfezionare la coltura delle viti e il processo di vinificazione. Si entra (con sommo rispetto!) nel luogo di nascita del Brunello. Bottiglie e botti si estendono ordinatamente per metri e metri.

Ricorda il caveau di una banca! Una banca del tempo e di una ricchezza enologica conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.

In religioso silenzio quindi restiamo in contemplazione dell’”oro rosso” di Montalcino e di Argiano.

Uno stile personale e inconfondibile quello dell’arch. Scheggi.

Lo riconosci nelle sue creazioni.

È la sua “firma”.

Ad Argiano come alla “Pallacorda”

C’è una semplicità nelle linee di design dell’abitazione privata, la “Pallacorda”, che accompagna chi la visita, un ambiente dopo l’altro, alla scoperta di ogni angolo della casa, passando di stanza in stanza. Dai soffitti in legno, classici, grezzi se vogliamo, alle linee essenziali in metallo del guardaroba, alle pareti di mattoni bianchi e al rosso dei mattoni del soffitto “a volta” del soggiorno. Viene automatico fare un confronto, immaginando quegli spazi prima della ristrutturazione e ora: la mano umana non ha tolto niente della sua “anima” originaria; ne ha semplicemente fatto emergere l’essenza. Un’abitazione che ha mantenuto il proprio legame con il territorio, quello senese, toscano.

Così come l’abitazione “Bellosguardo”, a Firenze. Anche qui, il pavimento in cotto rosso, i soffitti alti, le finestre dal taglio antico e con i battenti bianchi, il meraviglioso tavolo da cucina in legno massello rimandano ai racconti o ai ricordi (per chi ha origini in zona) della casa dei nonni, al calore e alla genuinità di un luogo antico. Un antico che ha saputo comunque accogliere il “nuovo”, come un lavabo in ceramica ovale, una lampada di design, un portavasi alto e stretto come vanno di moda oggi, le stampe moderne.

In entrambe non manca il richiamo a un oggetto simbolo, a un “prodigio della tecnica” d’antan: la macchina da scrivere a nastro nella prima; una radio Anni ’50 nella seconda.

Cosa dire, invece, della proposta di abitazione “Whale” di Roma? Dove si accompagna un pavimento in parquet chiaro, di rovere, alle pareti della casa, alle porte, agli armadi navy blu. Al colore grigio perla della cucina, del bagno, della scala a chiocciola e alla sobria e quasi impalpabile presenza di complementi d’arredo che offrono uno sguardo un po’ retrò. In questo progetto, a differenza dei primi due, prevale un disegno moderno che si accompagna a elementi classici che danno una sensazione di calore antico, un’essenzialità delle linee.

Tornano le pareti in mattoni bianchi e i soffitti in legno “a cassettoni”, anch’essi bianchi, nella proposta “Vallepiatta”. Qui, l’elemento che risalta in primo piano è dato dalle porte a vetri che dividono sapientemente gli ambienti, facendo un gioco di specchi, ampliando quasi gli spazi di un’abitazione di dimensioni contenute. Marmo chiaro in cucina, parquet a listoni chiari e grezzi, il nero della struttura della libreria che riprende le cornici delle porte a vetri, anch’esse nere. I colori si richiamano e si riprendono a vicenda, offrendo sempre uno sguardo ordinato e armonioso.

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