La Santa Prassede di Pasquale I

Il IX secolo a Roma vide una ripresa decisa del modello basilicale tardoantico, soprattutto nella forma politicamente significativa dell’impianto costantiniano, ossia delle grandi basiliche fatte edificare da colui che la tradizione celebrava – e avrebbe continuato a celebrare – come il primo imperatore cristiano; non ci sono notizie certe in merito alla fede di Costantino, ma la sua scelta politica di incentivare la diffusione del cristianesimo rispondeva in modo efficace ed efficiente a problemi di gestione estremamente concreti, che gravavano su un impero ormai troppo vasto per essere controllato nella sua interezza, troppo poco armato per far fronte adeguatamente a tutte le minacce esterne ed economicamente non più florido.

Ciò nonostante, nel IX secolo la Roma costantiniana era vista come l’archetipo di una città sia santa che imperiale, un connubio perfetto per esprimere il concetto, caro ai papi di questo secolo, di eredità diretta del trono papale da quello di Pietro, a sottolineare la continuità – e di conseguenza la legittimità – del suo potere sulla città, peraltro coadiuvata, ormai, dall’intesa con l’impero.

Tra i papi che contribuirono maggiormente a questa esaltazione della tradizione cristiana a Roma vi fu Pasquale I, papa dall’817 all’824, committente prolifico in campo architettonico, musivo e suntuario.

La basilica di Santa Prassede (benché rimaneggiata nei secoli XVI e XVIII) rappresenta uno degli esempi più eloquenti di questa temperie edilizia. A volerne la ricostruzione fu Pasquale I, che volle per essa una struttura imitante le basiliche fondate da Costantino e che avesse inoltre, come modello diretto, la basilica di San Pietro, della quale infatti emula la monumentalità – benché non raggiunga le dimensioni della basilica vaticana S. Prassede vanta comunque una scala di gran lunga superiore alla media dei secoli immediatamente precedenti – e della quale riproduce la cripta (quella vaticana secondo la tradizione era stata aggiunta alla basilica da papa Gregorio Magno), oggetto poi di rimaneggiamenti.

Proprio in questa basilica Pasquale I fece inoltre costruire un sacello funerario per sua madre Teodora. Si tratta di una cappella cruciforme, nota come Sacello di San Zenone (perché qui sarebbe stato sepolto il santo), ricoperta di mosaici a fondo oro che sviluppano il tema di Cristo luce del mondo, un concetto illustrato dalla processione dei santi che incedono, muniti delle corone del martirio, verso la finestra posta al di sopra dell’altare: la luce che da essa si riversa in questo spazio sacro ha valore teologico – è appunto simbolo di Cristo – e si riflette sui mosaici facendoli splendere come se si trattasse di immagini ultraterrene.

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