L’ Abbazia di Praglia, un luogo di accoglienza e di ritrovo.

L’Abbazia di Praglia ha alle spalle una lunghissima storia, visto che fu costruita tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII, situata alle pendici settentrionali dei Colli Euganei, lungo l’antica strada Montanara che da Padova conduceva ad Este. Ed inizialmente la comunità religiosa che l’abitava dipendeva dal monastero di San Benedetto di Polirone, e solo nel XIV secolo si rese autonoma eleggendo un Abate tra i suoi monaci. Con l’adesione poi alla riforma del 1448, il numero di monaci crebbe notevolmente, richiedendo un’importante ristrutturazione della struttura monastica, la quale per poter accogliere i ministri del Signore, subì un considerevole ampliamento che portò alla demolizione del comprensorio medievale, di cui ancora oggi rimane soltanto la torre campanaria. Una ristrutturazione che durò parecchio, e che nel ‘500 vide avvicendarsi, per la parte pittorica iconografica, illustri artisti di un certo calibro.

E per un lasso di tempo, l’Abazia visse un periodo di grande crescita e splendore, che si interruppe drasticamente con il decreto imperiale del 13 settembre 1810, da parte di Napoleone, che impose la chiusura di monasteri e conventi, cancellando inoltre tutti gli ordini religiosi e delle confraternite, ad eccezione dei vescovadi e del clero secolare.

Solo nel 1834, grazie all’intervento del governo austriaco, i monaci rientrarono al monastero, ma la vita benedettina all’interno delle mura dell’Abazia, venne nuovamente turbata con la legge emessa il 4 giugno 1867, varata in Veneto, che sopprimeva ancora una volta tutte le corporazioni religiose. La maggior parte dovette, dunque, abbandonare l’Abbazia trovando rifugio nel monastero di Daila (Istria), allora in territorio austriaco, mentre a Praglia rimasero solo due o tre monaci, come semplici custodi. La vita monastica, ricominciò a riprendersi gradualmente solo verso il 26 aprile 1904. Una vita fatta di preghiera e lavoro, che senza più altri impedimenti e decreti, è rimasta tale fino ad oggi. La Comunità Benedettina di Praglia è, infatti, attualmente la più numerosa d’Italia (comunità maschile), contando al proprio interno una quarantina di membri. La maggior parte di loro vive stabilmente a Praglia, mentre alcuni di essi vivono nelle tre case dipendenti situate a San Giorgio Maggiore di Venezia, a Monte della Madonna di Teolo, e a Sadhu Benedict Math in Bangladesh. Attualmente l’Abate in carica è il P.D. Stefano Visintin.

Ogni giorno i monaci si dedicano: alla preghiera seguendo i dettami del Vangelo, al lavoro in modo da far fronte ai loro bisogni terreni di sostentamento, e alla Lectio Divina lo strumento con cui il monaco si allena a riconoscere la voce del Signore.

Una delle attività svolte dai monaci è quella relativa alla coltivazione delle viti dalle quali si ricava un prodotto di alta qualità. Una vinificazione che venne ripresa nel 2011, e che si avvale, per la sua antica cantina, di tecnologie all’avanguardia che impattano il meno possibile sull’ambiente.

Per rispecchiare il profondo concetto dell’ospitalità, fondamentale regola benedettina, l’Abazia accoglie chiunque abbia bisogno di trascorrere presso il monastero alcuni giorni di preghiera e di ritiro spirituale. Invece, per scouts e gruppi che si autogestiscono, Praglia dispone di una foresteria esterna con 20 posti letto, cucina e sala da pranzo/incontri e un ampio parco esterno.

Il monastero, inoltre, si fregia di un’altra grande opera di lavorazione, questa volta dedita al restauro del libro e di opere d’arte su carta. Un vero e proprio laboratorio attivo dal 1951 e che ha eseguito migliaia di restauri di beni culturali librari e archivistici, opere d’arte su carta e pergamena. Negli ultimi anni il laboratorio è intervenuto su beni di pregio e di grande importanza storico-artistica e culturale. Nel 2014, di grande prestigio è stato il restauro di

tredici manoscritti dei sec. XIII – XV provenienti dalla biblioteca del Sacro Convento di Assisi. I codici, dopo il restauro, sono stati esposti eccezionalmente a New York. Tra questi da citare sono: il manoscritto 338, contenente il Cantico delle Creature, il manoscritto 686 con la Vita seconda di san Francesco di Tommaso da Celano, i manoscritti 345 e 347: Legenda Major e Legenda Minor di Bonaventura da Bagnoregio. Nel 2016 sono stati restaurati due codici ricchi di miniature e finemente decorati risalenti al sec. X: Il Sacramentario e l’Evangeliario di Fulda, di proprietà della Biblioteca del Capitolo metropolitano di Udine.

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