Italiani a Londra, non sempre solo belle storie.

Secondo alcuni dati il saldo tra emigrazione italiana all’estero e immigrazione straniera in Italia finisce più o meno in pareggio.

Se ne vanno quindi circa 5 milioni di connazionali, ma abbiamo più o meno lo stesso numero di nuovi arrivi, ma ragionandoci un pò si capisce che non c’è da stare così tanto allegri se vediamo i dati che emergono dal rapporto Migrantes 2018 sugli italiani all’estero da cui risulta che la mobilità degli italiani verso l’estero è aumentata del 64,7% passando dai poco più di 3,1 milioni di iscritti nel 2006 agli oltre 5,1 milioni del 2018 (+2,7% sul 2017).

Tra i dati più inquietanti, va segnalata una tendenza crescente a lasciare il Belpaese anche in età avanzata.

Tra questi molti saranno sicuramente i «migranti previdenziali», cioè coloro che vanno a godersi la pensione in paradisi tropicali, o anche in Paesi europei con regimi fiscali meno opprimenti.

Ma il quadro è ancor più nero se pensiamo che, probabilmente, i numeri reali dell’emigrazione sono ancora più ampi.

Nel libro Quelli che se ne vanno, scritto da un sociologo della Sapienza, Enrico Pugliese, viene spiegato che l’Istat registra solo chi trasferisce la residenza e non gli italiani che se ne vanno rimanendo iscritti all’anagrafe del loro Comune.

Ad esempio nei cinque anni che vanno dal 2012 al 2016 l’istituto di statistica ha contato poco più di 60.000 italiani diretti in Germania, tuttavia, all’ufficio statistico federale tedesco, ne risultavano quattro volte e mezzo di più, per la precisione 274.000 italiani.

Il punto è che, mentre in Italia non si è obbligati a dichiarare l’espatrio, a Berlino, per poter svolgere un lavoro o affittare una casa, è necessaria l’iscrizione all’ufficio comunale.

Allo stesso modo, nel 2015 risultavano partiti per la Gran Bretagna poco meno di 40.000 italiani, me peccato che agli inglesi ne risultassero arrivati quasi 160.000.

Non sappiamo se tutti i dati in proposito vadano sempre moltiplicati per quattro, ma certo, in generale, il quadro non è roseo.

Eppure non cessiamo di vedere certi giornali e certi siti che pubblicano senza sosta storie bellissime di ricercatori sottopagati nelle disastrate strutture italiane e che, una volta varcato il confine, diventano luminari acclamati e ricoperti d’oro, perché migrare è bello, migrare è giusto.

Eppure, sono sempre più le storie di emigrazione italiana prive di lieto fine, e come testimoniato dal console generale a Londra, Marco Villani, c’è stato un incremento dei senzatetto così come c’è stato un incremento dei connazionali ricoverati nei centri di salute mentale.

Numerosi infatti sembrano essere gli italiani che vivono in povertà estrema a Londra, e la nazionalità italiana è al quarto posto tra quelle europee presenti nella capitale inglese tra i senza dimora.

Tra di loro, persone con problemi di alcol, droga o salute mentale.

Tra il 2010 e il 2017, 422 cittadini italiani sono stati inoltre portati in centri di detenzione per immigrati irregolari in Australia.

Ma le storie dei barboni italiani a Londra o quelle dei nostri clandestini in Australia non le racconta nessuno, dato che la cosa rovinerebbe l’idillio.

Il sogno non sempre si rivela tale, i difetti della madrepatria, amplificati a dismisura dalla solita propaganda anti nazionale, si ritrovano spesso anche oltre confine e l’assenza di radici e riferimenti crea precarietà esistenziale, ma tutto questo non interessa di sicuro ai propalatori di favole globaliste che diffondono solo quello che gli pare.

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