L’ECLETTISMO GENOVESE E L’ARTE DI PIETER PAUL RUBENS.

Genova è una città curiosa, misteriosa, solare, intricata, culturalmente attiva, socialmente affabile. Genova lega la sua storia antica col mare, con i viaggi, con i marinai, i suoi caruggi, i suoi borghi pittoreschi, i suoi palazzi decorati, la multiculturalità, la pluralità delle sue tradizioni più remote, l’apertura dei suoi abitanti. Genova è una città da vivere e da scoprire in ogni suo angolo, in ogni sua via, ad occhi ben aperti e spesso a sguardo alzato. Genova è eclettica, vivace, moderna, è stata crocevia di artisti, di merci, di popoli, ma tiene bene in conto le sue peculiarità e le sue usanze che tende a preservare con orgoglio e con amore. Una delle cose più meravigliose e attraenti sono le sue chiese, i suoi scorci, la sua ricca storia che viene raccontata dalle persone del posto con estrema pazienza e gentilezza. Proprio questa affabilità è una delle caratteristiche più inaspettate, quanto gradite, della città ligure. Basta entrare in un luogo e subito qualcuno è disposto a trascinarti emotivamente e cognitivamente in un tour alla scoperta delle curiosità artistiche e culturali. Dunque, Genova è cibo, è mare, è natura, è storia, è arte. In questa rientrano le decorazioni dei palazzi e le sue chiese variopinte, molte delle quali restaurate da poco grazie all’intervento dei suoi abitanti che desiderano mantenere questo patrimonio antico inestimabile.MAgli inizi del 1600 in città arrivò Pieter Paul Rubens, il noto pittore fiammingo molto attivo in Italia ove si formò prima a Venezia studiando i lavori di Tiziano, di Veronese e di Tintoretto, poi a Mantova per la corte dei Gonzaga. Inoltre, nel soggiorno romano ebbe modo di ampliare ulteriormente i suoi orizzonti figurativi, grazie alla copia di modelli di Michelangelo e Raffaello, allo studio dell’antico, ma guardando anche alla coeva produzione artistica del Carracci, di Caravaggio e di Federico Barocci. Insomma, anche nella penisola, oltre che in Francia, Rubens lasciò il suo segno ed i suoi capolavori. A quei tempi Genova era una potente Repubblica, nel pieno del suo splendore e delle sue ricchezze, e le grandi famiglie borghesi decisero di investire i loro soldi in arte commissionando autoritratti. Rubens vi soggiornò a più riprese, meravigliato dai palazzi genovesi (tanto da pubblicare nel 1622 un libro dal titolo emblematico “I Palazzi di Genova”) ebbe modo di realizzare anche diversi dipinti per la nobiltà, molti dei quali trovano ancora in città. Oggi è possibile ammirare in luoghi pubblici quattro sue opere accuratamente conservate, motivo di orgoglio e di vanto per i genovesi.Il primo lavoro degno di nota è sicuramente la “Circoncisione” ospitata nella Chiesa del Gesù, conosciuta anche come Chiesa dei santi Ambrogio e Andrea, che si trova a fianco di Palazzo Ducale. La Pala della “Circoncisione” è probabilmente la prima opera eseguita da Rubens a Genova: gli fu commissionata nel 1604 da Marcello Pallavicino, religioso appartenente all’ordine dei Gesuiti ed esponente di una delle famiglie più in vista della città. Si tratta di un quadro molto importante, come viene gentilmente spiegato dai signori che curano la chiesa di San Pietro in Banchi, che sorge in piazza Banchi quella che fu la prima vera piazza di Genova secondo la ricostruzione dei suoi storici abitanti. La “Circoncisione” rappresenta il momento in cui Gesù Bambino versa il suo sangue per la prima volta. Data la crudità e la forza del tema, viene narrato che si tratta dell’unico dipinto di tale genere a risiedere nell’abside di una chiesa.Sempre nella stessa chiesa, precisamente nella Cappella di Sant’Ignazio, risiedono i “Miracoli di sant’Ignazio”, che il pittore dipinse ad Anversa e spedì a Genova presumibilmente nel 1620. Per dipingere questa composizione, che ha per protagonista il fondatore dell’ordine dei Gesuiti Sant’Ignazio di Loyola, Rubens si basò su una biografia, la Vitae Ignatii Loyolae Societatis Jesus Fundatoris, scritta dal gesuita Pedro de Ribadeneyra, pubblicata una prima volta nel 1572.Uno dei ritratti più noti di Rubens, nonché uno dei pezzi di maggior pregio della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, dove l’opera arrivò nel 1988, è il “Ritratto equestre di Giovanni Carlo Doria”. La famiglia Doria commissionò questo ritratto a Rubens nel 1606 per celebrare il conferimento dell’Ordine di San Giacomo, da parte del Re Filippo III di Spagna, a Giovanni Carlo: il dipinto rimase di proprietà della famiglia fino al 1838, quando passò al ramo napoletano del casato. Nel 1940 fu acquistato da una collezionista privata che nel 1941, per ordine di Mussolini, dovette cederlo a Hitler, che lo destinò al Museo di Linz, in Austria. Nel 1948 l’opera fu restituita all’Italia e fu esposta: dapprima a Palazzo Vecchio; nel 1985 arrivò al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli; infine, nel 1988, fece ritorno definitivo a Genova.Per concludere, è bene citare “Venere e Marte”, che risiede nel Palazzo Bianco della nota Via Garibaldi. Questo dipinto, in realtà, non fu realizzato per Genova, ma arrivò in Liguria successivamente. Alla scomparsa dell’artista, nel 1640, era ancora attestato ad Anversa: girò per diverse collezioni private e giunse a Genova, nella raccolta di Francesco De Mari, nel 1691, per poi passare nella collezione del doge Giovanni Francesco II Brignole Sale. Nel 1889, l’ultima erede dei Brignole Sale, Maria duchessa di Galliera, donò una vasta porzione delle collezioni della famiglia al Comune di Genova: tra queste opere c’era anche “Venere e Marte”. MMMAnticamente l’opera era nota come Lanzichenecco con amante, proprio perché il personaggio maschile al centro è ritratto in veste di lanzichenecco (nel 1987 è stato proposto, sulla base di raffronti con altri dipinti, di identificare l’uomo come un membro della famiglia Van den Wijngaerd di Anversa). Data però la presenza di alcuni elementi tipici dell’iconografia di Venere e Marte (primo tra tutti il Cupido che disarma Marte togliendogli la spada) è stata anche avanzata l’ipotesi secondo la quale i personaggi potrebbero sottintendere a un’allegoria mitologica. Il dio della guerra si lascia dunque sedurre dalla bellezza della sua amata (Venere) e dalla gioia di vivere fornita dal vino, che facilita l’amore e che è rappresentato dal dio Bacco. Si tratta di un’opera della maturità di Rubens, databile a un periodo compreso tra il 1632 e il 1635. Una curiosità: in passato ci furono storici dell’arte che pensavano che i due personaggi principali fossero lo stesso Rubens e la moglie Hélène Fourment.Dunque, nessun motivo potrebbe dissuadere dal visitare una città così antica, colta ed affascinante come Genova, con tutti i suoi tesori artistici e culturali.

Piera Feduzi

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