Ci sono dei luoghi della memoria, che neanche l’oblio del tempo li potrebbe cancellare; magari non sono conosciutissimi, famosissimi, magari non hanno il giusto appeal turistico, da renderli così facilmente riconoscibili, ma sono luoghi preziosi ai nostri occhi, luoghi in cui abbiamo lasciato un pezzetto del nostro cuore, e anche se nelle altre persone riscuotono scarso interesse, per noi questi luoghi sono unici.
L’errore sta nel non comprendere quanto il nostro patrimonio storico, artistico, culturale, paesaggistico sia unico; nostro, dell’Italia, appunto. Spesso dimentichiamo che l’Italia non è solo Roma, Milano, Torino, Napoli, non è solo Firenze, Siena, Assisi, l’Italia è un insieme di luoghi unici, sparsi su tutto il territorio del nostro Belpaese, e non concentrati e localizzati solamente in alcuni punti; la nostra grande Storia ha pensato bene di lasciare le testimonianze della nostra grandezza passata, seminandola in ogni dove, e così ogni nostra città, paese, borgo conserva gelosamente un pezzetto di questa testimonianza, anche se spesso l’oblio dei tempi, la scarsità dei finanziamenti, e talvolta, un’arrogante burocrazia, fatta di competenze e rimpalli, produce lo strano effetto di abbandonarli, quasi inevitabilmente, al loro destino.
In questa situazione viene ad articolarsi lo stano caso di Collepardo, piccolo borgo di quasi mille anime, arroccato sulle colline ciociare, a poche ore dalla Roma Caput Mundi, ma anniluce lontana dai grandi circuiti turistici. In questo lembo di terra, la Ciociaria, che il sommo poeta Giosuè Carducci così definì: “grande e solenne Paese, che circonda, con la solitaria irradazione di memorie, la divina Roma“, sorge, appunto, Collepardo, uno dei 91 comuni facenti parte della Provincia di Frosinone, uno scrigno prezioso di tesori e testimonianze, che la memoria collettiva ha terribilmente e colpevolmente dimenticato.
Provate ad immaginare che in questo piccolo borgo medievale si possono trovare spettacoli naturali unici, come la dolina carsica più profonda d’Europa, il Pozzo d’Antullo, le grotte carsiche “Regina Margherita“, che furono così chiamate in onore della Regina sabauda, che le visitò nel 1904, definendole “bellissime e senza confronti“, ma che furono da sempre, sin dalla notte dei tempi, chiamate “le Grotte dei Bambocci“, perché qui, in questo luogo, la natura ha sprigionato tutta la sua fantasia, usando l’acqua come bulino, per scavare la roccia, creando stanze suggestive, dove la forza dell’acqua, la magia dello stillicidio delle sue gocce, ha creato stalattiti e stalagmiti dalle forme più bizzarre, tanto che lo storico tedesco Gregorovius, visitandole, così le descrisse: “queste grotte non si possono descrivere perché ognuno le vede in modo speciale e le popola di fantasmi diversi, secondo l’immaginazione individuale…ora pareva di entrare in un tempio egiziano sostenuto da nere colonne, fra le quali fossero sfingi ed idoli scolpiti. Ora invece sembrava girare in un bosco di palme e di altre fantastiche piante di pietra. Dalle pareti sembrava pendessero lance, sciabole e rigide armature di nani e giganti“; uno spettacolo suggestivo unico, un luogo dove la fantasia trova casa, nel gioco delle ombre e dei chiaroscuri, con quelle forme strane e stravaganti che la natura ha creato, avvolgendole di un misterioso fascino che penetra ogni suo vistatore.
Collepardo è stato anche crocevia di asceti e mistici religiosi, che nelle grotte e nelle caverne, nascoste tra i boschi che la circondono, con questa sua natura selvaggia ed inaccessibile, hanno trovato l’humus ideale per una loro più intima ricerca spirituale, per una maggiore vicinanza al divino e luogo fertile per predicare la parola di Dio. Qui sono passati ed hanno predicato San Benedetto, Patrono d’Europa, San Domenico e San Francesco d’Assisi, che hanno lasciato tracce e testimonianze del loro cammino instancabile per portare in ogni luogo la divina “buona novella”.
E qui, avvolta tra questi secolari boschi, emerge, nel silenzio della cupa natura, toccando quasi il cielo, la meravigliosa Certosa di Trisulti, voluta fortemente da Papa innocenzo III, che l’affidò al nuovo ordine Certosino di San Bruno. Una maestosa costruzione, pur nella sua semplicità architettonica, squarcia la linea continua del fitto bosco, quasi fosse stata calata dall’alto qui sui monti, perché cielo e terra si potessero finalmente toccare.
Prezioso scrigno, la Certosa al suo interno conserva innumerevoli tracce e preziose testimonianze del suo passato: la Farmacia, decorata in stile pompeiano, che conserva vasi maiolicati abruzzesi, filtri in pelle, mobili, cristalli e un preziosissimo erbario; la Chiesa, in stile gotico, dedicata a San Bartolomeo, con il suo duplice portale d’ingresso e la divisione in due sezioni: la più grande, con l’altare maggiore ed il coro ligneo, riservata ai religiosi, la minore, adiacente all’ingresso, con una sorta di iconostasi a dividerla dalla prima, riservata ai conversi. Tele ed affreschi del pittore napoletano Lippo Balbi, del Caci e del Cavalier d’Arpino, ne decorano l’interno. Inoltre, possiamo vedere la suggestiva Sala Capitolare, la superba Biblioteca, il piccolo chiostro, il palazzo duecentesco di Innocenzo III e la foresteria nobile, sulla cui parete esterna spicca l’orologio solare con i segni zodiacali.
Un luogo mistico e suggestivo, la Certosa di Trisulti, un luogo che, come disse il Petrarca: “in esso lo spirito è portato al raccoglimento ed è rapito come fuori dal mondo” tanto da “non aver trovato altrove tanto brevi i giorni e tanto lunghe le notti“.
Ecco, la Certosa di Trisulti, dichiarata monumento nazionale nel 1890, è ferita e troppo spesso dimenticata, necessita di interventi ordinari e straordinari, affinché ciò che fu costruito qui secoli fa, possa essere visto e visitato anche dai posteri.
Ma la burocrazia lenta, le competenze legislative, la penuria continua di finanziamenti pubblici, che con i continui tagli fatti nelle stanze del potere, sono sempre minori in rapporto alle necessità, hanno fatto si che ciò che doveva essere fatto non è stato ancora compiuto, e la nostra Certosa, da secoli immobile lì sui monti, nascosta dalla fitta boscaglia, sembra soffrire ancora più questo nostro colpevole abbandono.
Si è mosso il sindaco di Collepardo, il sig. Mauro Bussiglieri, lanciando un appello al Ministro dei Beni Culturali, affinché venga a visitarla e valuti la necessità di un intervento; abbiamo avuto il piacere di incontrare l’Assessore alla Cultura ed il Turismo, la sig.ra Cristiana Cristini, una donna energica e capace, una battagliera che non si arrende a quell’oblio del tempo, che sembra calare talvolta, sul piccolo borgo ciociaro di Collepardo; una donna forte e volitiva, proprio come lo sono le donne di queste parti, una che impegna tutta se stessa perché il suo paese non venga lasciato al suo destino, avvolto dal disinteresse della collettività.
“Collepardo è un borgo meraviglioso, e per certi aspetti unico – ci confida l’Assessore Cristini – qui puoi trovare ancora una natura rigogliosa e selvaggia, puoi visitare meraviglie come le Grotte carsiche, o la dolina più profonda d’Europa, o il giardino botanico-museo “Flora Ernica”, oasi del WWF; hai la Certosa di Trisulti, il Santuario della Madonna delle Cese, a cui siamo particolarmente legati, noi collepardesi, i resti del Monastero di San Bartolomeo e quelli di San Nicola; abbiamo un borgo medievale ancora intatto e ben conservato, con le sue tre porte d’accesso, ed il suo intricato sistema di viuzze e piazzette, in cui perdersi è sempre piacevole“.
Un territorio così raccolto e così ricco, però, anche così poco conosciuto: “purtroppo – sostiene l’Assessore Cristini – i grandi circuiti turistici non passano da queste parti, anche se Roma è a poco più di un’ora di distanza, mentre Napoli è a circa due ore; nonostante ciò, le Grotte di Collepardo hanno registrato anche punte di circa 17.000 visitatori, La Certosa di Trisulti, invece, anche punte di 80.000 visitatori, e ciò dovrebbe farci riflettere; infatti, i pullman turistici vengono a visitare le Grotte, oppure la Certosa di Trisulti, ma è spesso un turismo mordi e fuggi, un turismo che non sosta nel paese, non si ferma ad ammirarlo, e questo crea sia una scarsa conoscenza del nostro territorio, nel suo insieme, sia una mancanza di risorse economiche, che dovrebbero provenire dal turismo stesso, e che avrebbero potuto sostenere ed incrementare la qualità dell’offerta turistica di Collepardo“.
E qui andrebbe aperta una lunga parentesi sulla cecità politica di chi ha governato nel tempo, tutto il territorio ciociaro, non solo Collepardo; perché quello che lamenta l’Assessore Cristini, un piano turistico strategico del territorio ciociaro, è un problema che riguarda tutti i paesi e i borghi della Ciociaria, non solo Collepardo. Una politica che ha preferito qui aprire fabbriche nel deserto, per interesse di pochi, fabbriche e stabilimenti che poco alla volta sono naufragate sotto i colpi della crisi, della mancanza di infrastrutture, chiudendo e lasciando migliaia di persone disoccupate; però, la medesima politica territoriale non ha mai pensato di valorizzare il territorio e ciò che la natura e la Storia ci ha lasciato a testimonianza, perché bastava investire sul territorio, invece che aprire stabilimenti inutili, per avere oggi una ricchezza economica e lavorativa straordinaria, a costo praticamente, zero.
” Purtroppo – sostiene l’Assessore Cristini – manca anche una vera sinergia, non solo tra i vari Comuni confinanti, ma nello stesso Comune; ad esempio, qui a Collepardo, le Grotte dei Bambocci e la dolina carsica sono gestite da un consorzio, in cui il Comune stesso, pur presente in esso, ha scarsa voce in capitolo, mentre la Certosa è gestita dall’Ordine Cistercenze; ed è difficile dialogare con tutti i vari attori, trovare tutti insieme una strada comune; è questo, un impegno spesso difficoltoso, perché gli interessi culturali sono diversi, perché c’è una scarsità di denaro pubblico da investire, e spesso, mancano anche gli strumenti legislativi per poter agire più velocemente e in sinergia“.
Ecco, avere le mani legate come Comune, è l’elemento più penalizzante, perché l’Amministrazione può fare tanto, ma fino ad un certo punto; può dare un indirizzo, creare i presupposti, battere una strada strategica, ma, ad un certo momento deve interrompere questo percorso, perché entrano in scena anche altri attori protagonisti, con tutte le loro proprie difficoltà, che frenano in ultimo, quei piani strategici di più ampio respiro.
“Noi, come Amministrazione – ci conferma l’Assessore Cristini – abbiamo prodotto tantissimo a livello culturale: qui, è stata portata la produzione cinematografica di un importante spot a livello nazionale della telefonia, che ha dato una grande visibilità a tutto il territorio; qui siamo riusciti a creare, finalmente, anche se con tantissime difficoltà, l’Ecomuseo, il Museo del territorio, con cui possiamo promuovere in maniera sinergica tutto il nostro territorio, da quello naturalistico, con i percorsi di Caporio e Capofiume, i due corsi d’acqua che solcano e scavano i nostri boschi selvaggi, a quello geologico, con la valorizzazione delle Grotte dei Bambocci, che sono state dichiarate Sito di Interesse Comunitario, e della dolina carsica Pozzo d’Antullo; ed infine quello quello delle erbe, perché Collepardo è il Paese delle erbe, con la sua antica tradizione erboristica. Abbiamo fatto molto, è vero, ma ancora tanto deve essere fatto affinché, attraverso una pubblicità mirata, attraverso una scelta mirata del target turistico di riferimento, possano esserci ancora più benefici, non solo per la conoscenza del nostro straordinario territorio, ma anche per le notevoli ricadute economiche e lavorative“.
Ed eccoci quindi arrivati ad affrontare lo strano caso della Certosa di Trisulti, e quell’invito rivolto dal Sindaco Bussiglieri al Ministro dei Beni Culturali; “tranquillizziamo tutti – afferma l’Assessore Cristini – la Certosa non è in pericolo di crollo; ma necessita di alcuni interventi restaurativi, ed è per questo che abbiamo appoggiato, come Amministrazione, anche l’iniziativa del FAI “i luoghi del cuore”, affinché ci sia sempre un riflettore acceso su questo territorio, per far sì che non ci si dimentichi di noi, delle nostre straordinarie bellezze e testimonianze storiche, e magari, anche per trovare nuove soluzioni economiche per fare ciò che andrebbe fatto da tempo, e che per i tanti motivi prima spiegati, non sono stati ancora fatti“.
Questo per non dimenticare mai che abbiamo, come società un dovere morale enorme: salvare la nostra memoria storica, conservare le testimonianze del nostro passato, siano esse le più famose oppure le più sconosciute, perché la nostra Italia ci ha regalato tanto del nostro grandioso passato e, dimenticarselo sarebbe un delitto.
R.Z.