Donna Karan tra Moda, Letteratura e Impegno

Donna KaranQuanti di noi amano il connubio Moda-New York hanno ben presente un nome, quello di Donna Karan. La nota stilista newyorkese ha appena pubblicato un libro autobiografico, intitolato Connecting The Dots, che tradotto letteralmente significa Tirare le fila. In questo volume, presentato in un’intervista esclusiva al mensile Elle, la Karan parla di sé, della sua arte, degli affari della Maison – DKNY (Donna Karan New York) – e soprattutto di Stephan Weiss, suo marito e socio scomparso nel 2001. Per raccontare questa terribile perdita ha dovuto aspettare ben 12 anni. E d’altra parte anche quando lo conobbe, lei aveva 18 anni lui 28, Donna dovette attendere parecchio tempo per rivederlo e sposarlo. Nel frattempo, lei aveva sposato il suo migliore amico, Mark Karan del quale ha conservato il cognome, e  lui si era dedicato alla pittura e ad una vita da artista bohemien. In una torrida estate dell’83, ricorda la Karan, fu celebrato il loro matrimonio. A quel tempo lei aveva 35 anni ed era già avviata sulla strada del successo. Senza Stephan Weiss, tuttavia, non avrebbe avuto il coraggio di fondare, nel 1985, la propria casa di moda, dopo un lungo e faticoso apprendistato presso Anne Klein. La verità è che Donna e Stephan si sono ispirati a vicenda. Nel suo lavoro di scultore e di ideatore di alcune bottiglie dei profumi DKNY lui aveva scelto come modella la moglie ed in particolare le sue curve. La loro è stata una coppia pienamente inserita nel jet-set della Grande Mela degli anni 80 e 90. Il sopraggiungere della malattia di Weiss arriva come un evento incredibile, poiché sembra impossibile che un uomo con tanta forza d’animo, un vulcano di idee e creatività, posso ammalarsi e morire. Il colpo è fortissimo per Donna che però, seguendo gli insegnamenti del marito, non si arrende. Manda avanti gli affari e fonda Urban Zen, un’associazione che si occupa di diffondere terapie alternative all’interno degli ospedali. Nella parte conclusiva dell’intervista ad Elle, la Karan spiega inoltre l’urgenza di integrare la medicina occidentale con pratiche orientali come l’agopuntura, lo yoga e la meditazione, il tutto in un’ottica di sviluppo sostenibile. L’impegno della fondazione per le donne e i bambini è altrettanto forte. Per riprendere il titolo del suo libro, che leggeremo tutti Connecting The Dots, per rinascere sia individualmente sia collettivamente, dobbiamo connetterci, tirare le fila. Appunto.  

 

Pasquale Musella

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