Dal vinile al digitale, ecco l’evoluzione della musica

Le nuove tecnologie dei giorni nostri non potevano di certo risparmiare il mondo musicale. I fruitori del genere hanno dovuto affrontare già negli anni ’80 il passaggio dal caldo e amato disco in vinile, che offriva un suono riprodotto in modo meccanico ed analogico garantendo una fedele riproduzione della musica, al più pratico e diffuso Compact Disc. Era un primo passo verso la digitalizzazione della musica che, ad oggi, ci vede circondati da brani musicali che non riusciamo a toccare con mano perché non hanno consistenza fisica, sono dei meri file, termine che ha poco a che vedere con il gusto e il calore delle nostre canzoni preferite. E’ indiscutibile la praticità di tali mezzi, per diffusione, scambio e commercializzazione, ma gli esperti (e in verità anche gli utenti con un orecchio posto all’ascolto attento) si rendono conto che la comodità ha un prezzo, che è quello della qualità. Il passaggio da vinile a CD ha già comportato in passato una perdita delle armoniche sonore che compongono il segnale originale, mantenendo comunque una qualità elevata. Ad oggi la praticità ha avuto decisamente la meglio sulla qualità sonora con la nascita dei file musicali (mp3, wma, etc.), dando vita ad un modo diverso di diffusione musicale: sempre meno dischi acquistati, e un’enorme varietà di scambio musicale tra persone (il cosiddetto file sharing, spesso illegale) e mediante gli acquisti online alla fonte (o a provider che gestiscono la vendita per conto delle case discografiche). La mia opinione al riguardo è che probabilmente abbiamo perso qualcosa, ad esempio il gusto di essere affezionati a qualcosa di tangibile e caro a noi stessi come un bel disco in vinile, ma allo stesso tempo la velocità di diffusione e scambio garantisce senza dubbio una maggior condivisione di spunti, idee ed impressioni.

Vincenzo Pietropinto

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