La barca che vorrei Fenomenologia prêt-à-porter della nautica da diporto. Il patio pied dans l’eau

Una villa sul mare. Emozioni di luci, del respiro delle onde. La rassicurante compagnia della famiglia, degli amici. È tutto onirico e tonificante. Ma come completare tanto idillio? Come godere del luogo e del tempo?

Il connubio mare-barca è assodato. La scelta di “quale mare”, in Italia, è ampia e ormai nota. Originali, invece, le proposte per decidere “quale barca”.

L’Arcadia Sherpa, il BG 62 e l’Evo R6 sono un grande patio attrezzato navigante, dove dodici persone abituate ai comfort della villa possono trascorrere una giornata in rada sdraiati al sole, leggendo un libro su un comodo divano, giocando a carte su comodi tavoli all’ombra di tendalini a scomparsa. Piattaforme meccaniche consentono tuffi e risalite a bordo, spazi per alloggiare Sup e Seabob facilitano le attività acquatiche. Frigoriferi capienti e ice-maker assicurano aperitivi e rinfreschi, ma è anche possibile cucinare espresso o divertirsi con una grigliata. Per qualsiasi evenienza ci sono spazi riparati e se serve raggiungere una spiaggetta deserta o il molo del ristorante sul mare, c’è sempre un tender pronto a uscir fuori da qualche parte.

Non sono chiatte da bivacco, ma diciotto metri di scafi disegnati per navigare, affrontare le onde, consentire tutte le operazioni tecniche specifiche senza interferire con gli ospiti. Lo stabilizzatore limita il rollio anche quando si forma l’onda, il desalinizzatore evita di contenere docce e abluzioni. Il sottofondo musicale o la visione di un film si godranno diffusi da impianti eccellenti.

Uguali misure, stessa forte vocazione nautica, destinazione e spazi analoghi, eppure tre esemplari diversi. Sherpa si concede al glamour senza riserve, flirta con la ricercatezza eccentrica riproponendo l’utility vessel, la barca da lavoro tipo il rimorchiatore, in un editing patinato e tecnologico. Il cantiere Arcadia, infatti, è giovane ma si è imposto sul mercato per innovazione, stile dirompente e identificabile e soprattutto una dotazione che connota la sua flotta: le celle solari annegate nelle grandi vetrate, sul tetto anch’esso di vetro, che possono alimentare alcune funzioni di bordo, in rada, senza ricorrere ai generatori. Una scelta eccentrica e sofisticata.

Evo R6 potrebbe essere ammarato lí da un action movie, militare, spigoloso, trasformista. Si abbattono sponde, si allargano gli spazi con piani scorrevoli. Stupefacente, appagante, ingegneristico. Anche questo è un giovane cantiere, anch’esso si è imposto per la sua esclusività di allargarsi meccanicamente.

Il BG 62 soddisfa la più consueta tradizione marinara, ma la stravolge in un inedito che va scoperto, compreso e ammirato. Un motoscafo open gigantesco, ma a sorpresa si svela un sotto coperta con dinette, cucina, due cabine e due bagni. Tutto è filologico, marinaro, essenziale. Il coraggio di chi ha creato un marchio per fare quel che non esisteva, supportato dai contenuti e dalla tradizione di Sanlorenzo, che lo ha comprato per diversificare, sperimentare, inventare nuove richieste e soddisfarle.

Tre barche, ben inteso, che navigano e possono farlo anche a lungo, che sanno stare in mare e si rivolgono ad armatori che il mare lo conoscono.

Sherpa colpisce e soddisfa l’edonismo anticonformista, Evo stupisce con il suo impatto futuribile e il trasformismo scenografico e Bluegame si impone per il rigore stilistico dove tutto è riconoscibile ma niente è ancora visto e ammicca all’intenditore.

Tre splendide dependance pied dans l’eau, tre intuizioni italiane, tre barche che scrivono un nuovo capitolo della nautica e già ne fanno la storia.

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