Ritratti di pittrici: Maria Bashkirtseva

La vita di Maria Bashkirtseva può essere paragonata ad un turbine di vento: veloce, frenetica e poco chiara.

Nata nel 1860 circa in quella che oggi è l’Ucraina e allora era la Russia degli zar, la Bashkirtseva ricevette dal nonno materno un’educazione vasta ed eterogenea, che comprendeva le lingue classiche, la letteratura e la musica. Col tempo però divenne sempre più chiaro che la passione della giovane Maria era la pittura, passione che sarebbe diventata sempre più totalizzante man mano che il talento e le ore dedicatevi crescevano.

Già a quindici anni esponeva pubblicamente: una curiosità quasi pittoresca per il pubblico, tanto che la notizia di questa enfant prodige della pittura, nobile, ricca ed elegante, giunse fino alla lontana Parigi, che era in quel momento in pieno fermento impressionista. Si trasferisce nella capitale francese insieme alla madre; qui studia pittura all’Académie Julian, non potendo, in quanto donna, frequentare l’Académie des beaux arts. Ebbe vari maestri, tra i quali Fleury e Julian, ma il suo mentore indiscusso rimarrà per tutta la vita Bastien-Lepage.

Si disinteressa completamente dell’amore, per lei non ha alcun significato. La sua amante sarà la pittura, alla quale si dedicherà nelle forme più diverse: dipingerà scene campestri alla Millet – da lei ammiratissimo – ma anche brani tratti dalle opere letterarie – di Hugo, Balzac, Stendhal – delle quali era stata avida lettrice; non mancheranno tra le sue rappresentazioni pittoriche episodi storici e scene popolari, come nel suo quadro più celebre, esposto al Salon del 1884 e oggi conservato (diversamente dalla maggior parte delle sue opere, distrutte dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale) al Musée d’Orsay, Le meeting. Le scene di carattere infantile, come questo incontro di bambini dei bassifondi parigini che lei, da aristocratica, guarda con un certo distacco, sono quelle che più la inorgogliscono, tanto che il mancato conferimento di un premio la offenderà profondamente.

La sua carriera di pittrice sta procedendo con discreto successo, e Maria, che sin dalla giovinezza, dalle prime pagine del suo diario (che sarà pubblicato postumo), cerca ossessivamente un modo per ottenere la gloria, inizia a pensare in grande. È infatti a questo punto che elabora il suo progetto più ambizioso, quello che occuperà la sua mente fino alle ultime settimane di vita: vuole realizzare un quadro monumentale, ossia di grandi dimensioni e di argomento aulico e, possibilmente, moralmente edificante. Sceglie il soggetto: il racconto accorato e commosso che Odisseo fa delle sue peripezie alla corte di Alcinoo, re dei Feaci. Immaginava di ambientarlo in una galleria di colonne in marmo rosato: in mezzo ai nobili del loro regno Alcinoo e la regina, seduti in trono, dietro di loro, un po’ in disparte, la giovane Nausicaa.

Ma, come se si trattasse di uno dei passaggi più tristi del racconto di Odisseo alla corte dei Feaci, Maria Bashkirtseva scopre di essere malata di tubercolosi. Non demorde: trova modelli per il suo grande quadro e ne abbozza la composizione. Scopre anche un nuovo modo di dipingere: in auto, precisamente dalle cinque alle sette del mattino, godendo degli angoli di strada che di volta in volta sceglie per la sua tela.

Ma la disperazione pervade nuovamente le pagine del suo diario: il suo maestro, Jules Bastien-Lepage, è anch’egli gravemente malato. Lei ne riporta minuziosamente le condizioni, quasi un tentativo di dominare il male che lo opprime, ma sa bene che la fine è prossima per entrambi: il 1 ottobre del 1884 scrive “sono un’ombra a metà”, “non posso lavorare, il mio quadro non verrà mai fatto”. Il 31 dello stesso mese le febbri avranno la meglio; morirà lei e, poco più di un mese dopo, anche Bastien-Lepage.

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