Vulcano Italia, vini esplosivi!

Ci sono vini e vini, così come territori e territori in grado di donare caratteristiche veramente uniche al nettare di Bacco che, mai come in questo caso, sono in grado di far emergere l’importanza di un terroir nella formazione della personalità di un vino. Una delle categorie enoiche che in questi ultimi anni sta emergendo con maggior successo è quella dei vini vulcanici. I numerosi vulcani che punteggiano la nostra penisola, alcuni antichissimi ed altri meno, hanno dato origine con le loro eruzioni a terreni che con il tempo si sono rivelati adatti alla viticoltura. Che siano ancora attivi oppure oramai spenti, la geografia dei vulcani in Italia copre l’intero stivale, isole comprese; Etna e Vesuvio non sono gli unici, anzi, sono in buona compagnia. Si va dal Piemonte orientale al Veneto, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Basilicata, e poi Sardegna ed ovviamente Sicilia, comprendente l’arcipelago delle Eolie e Pantelleria. È davvero esteso dunque il territorio occupato da quelli che sono, o che sono stati, dei vulcani. Quelli nel settentrione d’Italia, per esempio, sono stati perlopiù vulcani attivi milioni di anni fa quando la Pianura Padana ancora non esisteva, al suo posto c’era il mare e molte di queste formazioni erano sottomarine. La bassa Toscana e l’alto Lazio ospitano vulcani anch’essi inattivi, il cui cratere ospita oggi vari laghi, come il lago di Bolsena o il lago di Bracciano, entrambi nel Lazio. Il sud Italia invece è l’area del Paese in cui l’attività vulcanica è ancora presente, vedi Vesuvio, Etna, Stromboli e Vulcano, ma è anche terra di vulcani oramai spenti, come il Vulture in Basilicata o il Monte Arci in Sardegna. Come spesso è successo nella storia, l’essere umano ha saputo adattare le proprie tecniche agricole ad un terreno ostile, in questo caso formato da detriti vulcanici quali cenere, lapilli, lava, a cui si sovrappone uno strato di terreno fertile il cui spessore è molto variabile. Nel corso dei secoli la viticoltura non si è mai fermata, neanche in questi territori che spesso presentavano criticità legate, oltre al terreno, ad una morfologia caratterizzata da aspri pendii. L’impronta dell’uomo qui è ben visibile, ed i vigneti posti in luoghi impervi sono la testimonianza di una caparbietà tipica di un popolo che ha saputo e dovuto fare di necessità virtù. È proprio grazie a questi tenaci viticoltori se oggi possiamo gustare vini che provengono da queste zone. I vini vulcanici italiani possiamo dire rappresentino una categoria a sé, proprio perché differenti dalla viticoltura “tradizionale” sotto molti aspetti. L’ambiente pedologico è costituito da terreni neri magmatici, frutto del costante lavoro che nel corso delle ere ha rimestato gli strati della terra riportando in superficie materiali preziosi. Qui le sostanze minerali presenti vengono assorbite dalla vite attraverso le radici, e conferiscono al vino le tipiche caratteristiche dei vini vulcanici, quali acidità, complessità aromatica e capacità evolutiva anche nei vini bianchi. Vi è da sottolineare, inoltre, che il terreno di natura vulcanica impedisce il prosperare della temuta fillossera, incapace di trovarvi il suo habitat ideale e neppure di adattarvisi. Troviamo quindi viti “a piede franco”, ovvero non innestate su una radice americana, capaci di evolversi e raggiungere età ragguardevoli e rimanendo produttive, una cosa impensabile per piante innestate. In un ipotetico viaggio attraverso le Denominazioni Vulcaniche d’Italia, ci troveremmo dinanzi ad un panorama che più vario non potremmo immaginare, caratterizzato da vitigni, tecniche e vinificazioni proprie del territorio a cui appartengono, diversissime tra loro e legate a tradizioni centenarie. Non è raro infatti trovare forme di allevamento della vite tipiche di una determinata zona, studiate appositamente per dare la possibilità alla pianta di crescere e di dare un buon frutto in relazione alle peculiarità del territorio in cui si trova. L’esempio forse più clamoroso è l’Alberello Pantesco di Pantelleria, addirittura nominato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, proprio per la sua unicità e la necessità di preservare questo antico sistema di coltivazione; ma c’è anche la Pergola Veronese, tipica del Soave, in cui la superficie vegetativa è disposta su un tetto inclinato leggermente verso l’alto di 20-30 gradi rispetto al palo verticale ad un’altezza di 1,5-2 metri dal suolo. Tante la Regioni e tanti i territori coinvolti in questo viaggio alla scoperta dei vini vulcanici italiani: per ognuna delle aree e delle denominazioni citate vi è una storia lunghissima, che parte da molte generazioni fa e che parla di un lavoro intenso e lungo, per riuscire a coltivare in zone così complicate. Proprio per questi motivi, nel

2012, il Consorzio Tutela del Soave ha creato l’associazione “Volcanic Wines”, a cui hanno aderito i vari consorzi di tutela dei vini nati da territorio vulcanico sparsi per lo Stivale. Volcanic Wines è nata dall’esigenza di dare un’identità distinta a questo particolare mondo vitivinicolo, per troppo tempo dimenticato e relegato ad un ruolo marginale nel panorama nazionale. Al giorno d’oggi sono più di cento le cantine che fanno parte di questa associazione, ed ognuna porta orgogliosamente il marchio di Volcanic Wines sull’etichetta dei loro vini. Dopo otto anni di duro lavoro, l’associazione è riuscita nell’intento di far rivalutare i vini vulcanici, ponendoli anche sotto le luci dei riflettori attraverso eventi e degustazioni sparse per il Paese e non solo. I vini vulcanici sono una realtà bella da scoprire ed interessantissima da degustare, custodi preziosi di una tradizione agricola che ci appartiene e che per nessuna ragione dobbiamo dimenticare. Cosi come indimenticabile sarà il ricordo “esplosivo” delle sensazioni uniche che questi prodotti sono in grado di regalarci.

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