Ascesa e declino: l’“unicum” di Roberto Formigoni

Cinque anni e dieci mesi: dopo la sentenza della Cassazione, è questo il tempo che Roberto Formigoni dovrà trascorrere all’interno del carcere di Bollate. Nonostante una lieve riduzione della pena sulla sentenza d’appello e una caduta per prescrizione di certi capi d’accusa, l’ex presidente della Lombardia non è riuscito a ricorrere al trucchetto che spesso – troppo spesso – riesce nel corso di simili inchieste nel nostro Paese. Quanti indagati scampano al carcere, seppur riconosciuti colpevoli da una sentenza in giudicato, per qualche genere di divina intercessione in quel del foro?

Anche per questo motivo, non dovesse bastare l’importanza nazionale del caso in sé, la condanna di Formigoni costituisce un unicum all’interno del sottoinsieme politico e giudiziario degli ultimi anni. Stavolta né la legislazione favorevole, né i macchinosi tempi della burocrazia italiana hanno potuto fare granché per evitare all’ex inquilino del Pirellone di condividere, ora, lo stesso reparto carcerario di Alberto Stasi e Alessandro Boettcher. Nessun genere di impedimento, nessun genere di attenuazione oltre ciò che si potrebbe definire il minimo sindacale.

La condanna per corruzione vede Formigoni colpevole di aver intascato a titolo personale 6,6 milioni di euro da ospedali pubblici e privati, erogati – lo si legge nei documenti giudiziari – in «denaro e altre utilità». Un sistema corruttivo che si è nel tempo esteso a macchia d’olio, contribuendo anche a far abbassare la guardia all’ex governatore; ma quelle spese pazze, tra il lusso degli yacht e delle ville in Sardegna, non sono alla fine passate inosservate.

Colui che fu soprannominato “il Celeste” ha vissuto una storia politica fatta di ascesa e declino, degna della miglior tradizione letteraria. Si riteneva, fino a qualche anno fa, che Formigoni avrebbe potuto costituire il futuro del centro-destra, quale personaggio di raccordo tra Forza Italia e la Lega Nord. Oggi Berlusconi è ancora lì, e la Lega è indiscutibilmente nelle mani di Matteo Salvini. Formigoni, invece, lascia un buco di ottanta milioni nelle casse regionali lombarde e si appresta a contare i giorni dalla luce zebrata di una cella.

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