Stagione estiva 2014 Teatro Romano di Ostia Antico

QQQQQQQQQQQQQQQQQsabato 5 luglio

 

ANTONELLO AVALLONE – GIULIA DI QUILIO

 

LA DEA DELL’AMORE
regia di ANTONELLO AVALLONE

e con Stefano Santerini, Patrizia Ciabatta, Flaminia Parnasi, Daniele Di Matteo, Salvatore Rivoli, Valerio Palozza, Giulia Di Nicola, Francesca Cati, Veronica Di Giacobbe, Roberta Conti, Silvia Augusti

Per diretta e gentile concessione di Woody Allen, arriva, in esclusiva sulle scene italiane, uno dei più divertenti film di Allen degli ultimi anni, interpretato e diretto da Antonello Avallone, definito dalla critica di tutta Italia il Woody Allen italiano, già dal 1992.
Paradossale, imprevedibile e autoironico, Allen mescola le abituali nevrosi newyorkesi con il piacere per la messa in scena, addirittura sostituendo il tradizionale lettino dello psicoanalista con personaggi da coro greco: un capolavoro di equilibrio visivo e narrativo, di humour, di tempismo comico.
La versione teatrale rispetta fedelmente il testo e restituisce un’originalissima comicità, accessibile anche al pubblico italiano, arricchita da gustosi siparietti a sfondo sessuale, che risultano la parte più esilarante dello spettacolo. Il personaggio del corifeo, (nel film Murray Abraham), accoglie e restituisce tutta l’ironia del capo del coro greco e divide con Avallone-Allen una serie di divertentissimi dialoghi che fondono i più alti concetti filosofici con la spicciola quotidianità della vita. Particolarità del film: i costanti interventi del coro greco, furono girati nel Teatro Greco di Taormina.
LA TRAMA: Lenny, giornalista sportivo sposato con Amanda, si lascia da lei convincere ad adottare un bambino. Il bimbo, con la sua intelligenza e la sua vivacità, lo strega al tal punto da fargli nascere l’ossessione di scoprire quali siano i reali genitori. La ricerca ha risultati sconcertanti: la madre è tale Judy Orgasm, il cui nome d’arte è tutto un programma. L’attonito Lenny intraprende così una strana e per lo più platonica relazione con la giovane attrice porno e prostituta a tempo perso, alla quale cerca di procurare un minimo di rispettabilità. Parallelamente deve tenere a bada una moglie irrequieta e uno strano coro greco con velleità canterine, che fa da contrappunto alle sue decisioni.

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venerdì 11 luglio

 

MARIANGELA D’ABBRACCIO

 

ELENA di Ghiannis Ritsos
regia FRANCESCO TAVASSI

Struggente e visionaria la Elena di Troia che Ghiannis Ritsos ci offre, immaginariamente pluricentenaria è assediata dal fantasma maledetto della propria antica bellezza. Sola nel palazzo che fu teatro del suo rapimento da parte di Paride affronta i propri ricordi e l’arrivo della fine tra i pochi resti impolverati e sgretolati di gioielli e vestiti, trofei di un passato fiero, sottratti al saccheggio di giovani e sprezzanti ancelle. Intorno a lei i fantasmi di coloro che le dedicarono la vita fino alle estreme conseguenze. Con Mariangela D’Abbraccio la bellezza di Elena, sarà espressa come traccia di una antica maschera, ancorata alla fine della vita come ultima e beffarda espressione di una umanità trapassata, simbolo della resistenza alla devastazione del tempo e alla morte. L’Elena di Ritsos è la speranza, o meglio la consapevolezza (che è anche atto di fede del poeta) che qualcosa si salva sempre dal naufragio, dalla distruzione totale. Perché “chissà, là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell’uomo.”

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giovedì 17 luglio

 

MARIO BRANCACCIO – ERNESTO LAMA
PATRIZIA SPINOSI – SEBASTIANO TRIGALI

 

PULCINELLA E L’IMPERATORE
regia e coreografia AURELIO GATTI

 

e con Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Tiziana D’Angelo, Gipeto, Rosa Merlino, Virgilio Brancaccio

Nasce per l’ occasione dell’anno augusteo ” Pulcinella e l’Imperatore”  ,una farsa per  danza, musica e teatro  che, attraverso la vicenda dell’imperatore Ottaviano Augusto, ripropone i temi  – mai tramontati – dell’anelito di libertà, della ricerca di un’identità che non sia un sortilegio, un destino da compiere, ma una scelta . Una sorta di dramma giocoso  con  Pulcinella – maschera universale con  la  sua saggezza, l’irriverenza (verso i potenti), lo spirito critico, il grottesco, l’umorismo pungente da una parte e l’Imperatore Ottaviano Augusto ,un “conciliatore” instancabile,  tra tradizione e innovazione, strenuo sostenitore della pace quale condizione necessaria per consentire lo sviluppo e soprattutto il progressivo superamento di ogni stato di crisi ed emergenza. Eppoi la probabile corte augustea con ancelle, concubine, mogli, badanti, figlie gemelle adottate,accanto al mondo militare  e alla casa imperiale fatta di servi, cavallanti, fantesche, cuochi…. .in contatto con l’improbabile mondo dei defunti tra cui Virgilio ed Epicuro che solo Pulcinella può vedere e dialogare. Sullo sfondo, citata per i suoi paesaggi tra cielo e mare, la residenza imperiale di Pausilypon.
E’ stato necessario affidarsi ad una maschera metastorica, capace di permanere e durare oltre le vicende storiche concrete, per raccontare di un uomo- seppure imperatore- che si pone – solo- di fronte alla storia e la cui vicenda coincide con la moltitudine delle gens dell’impero. Di fronte ai “dilemmi imperiali”,  i ragionamenti del personaggio dell’ immaginario  per eccellenza: drammaturgico e teatrale, mimico, pantomimico, coreutico e musicale, artistico e letterario, colto e popolare, religioso e profano –  Pulcinella. Maschera che ci consente un’escursione tra mito e storia in cui è possibile – ancora –  fare emergere le contemporaneità , senza nulla concedere ad una improbabile conciliazione beatificante: miserie e nobiltà , oscenità  e sacralità , ossequi ed irriverenze,  schiavitù e libertà , contraffazioni ed autenticità , quotidianità  e lirismi, interdizioni e dialogo, non sono contraddizioni ma il canovaccio che contrassegna e scandisce l’esistenza . Questo racconta Pulcinella.. offrendosi come nudo contenitore in cui  epoche  e geografie, gruppi sociali e culture, arti e linguaggi  e umanità diversi hanno saputo e voluto rappresentarsi e specchiarsi. In questa maniera  l’Imperatore accoglie  il suo compito e ruolo di  testimone e artefice di storia e Pulcinella  afferma il suo nesso col reale, ribadendo tra le sue tante verità , quella che gli appartiene più profondamente: d’essere appunto , una zona di confine con l’inconciliabile e il non conoscibile. Quattordici  interpreti in scena tra danzatori, musicisti, cantanti e attori con una storia straordinaria come quella di Augusto Imperatore , riletta e misurata dalla maschera di Pulcinella. ———————————————————————————————————————————————————————————


sabato 19 luglio

 

PIETRO LONGHI – FELICE DELLA CORTE

 

I FRATELLI

di Publio Terenzio Afro
regia SILVIO GIORDANI

 

e con Pierre Bresolin, Ariele Vincenti, Danilo Celli, Filippo Valastro, Annachiara Mantovani, Guido Goitre, Olimpia Alvino

 

Questo autore è stato spesso considerato dai suoi contemporanei “troppo moderno” ed ha scritto sei commedie “palliate” ispirate quindi ad un modello greco, diversamente dalle “togate” di ambientazione romana, operando una vera e propria riforma nell’ambito di questo genere, inserendovi nuovi contenuti ideologici ed attingendo nella “NEA” la commedia nuova ellenica di cui Menandro è l’esponente più noto. La carriera drammaturgica di Terenzio, non fu certo facile come quella di Plauto, forse perché nella sua opera non troviamo l’esuberanza, le acrobazie verbali, i giochi di parole del sarsinate. Terenzio, infatti, usa uno stile ed un linguaggio sobrio, naturale, all’insegna della compostezza e della semplicità evitando espressioni popolari e volgari in omaggio forse all’esigenza di equilibrio e di raffinatezza che egli mutuava dal sofisticato circolo scipionico di cui faceva parte. Nel Teatro “naturalistico” di Terenzio troviamo una suspance nuova. Lo spettatore è coinvolto emotivamente nelle vicende, prova le stesse emozioni dei personaggi e l’autore non consente procedimenti “metateatrali” cioè non vuole che venga mai interrotta l’illusione scenica e al contrario di Plauto che tendeva solo a divertire, cerca di trasmettere un messaggio morale.

Nasce, insomma un’attenzione sociale che allora era una vera e propria rivoluzione culturale con dentro un messaggio di HUMANITAS. “…homo sum, humani nihil a me alienum puto…” (sono un uomo e niente di ciò che è umano considero a me estraneo…). Aprirsi agli altri, rinunciare all’egoismo, comprendere i propri limiti ed essere indulgente nei confronti degli errori degli altri: in una parola essere tolleranti e solidali. La nuova comicità non è più nella battutaccia o nell’intrigo e risiede più nel sorriso che nel riso, un sorriso talvolta venato di riflessione e meditazione.

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mercoledì 23 luglio

 

MAURIZIO DONADONI – CINZIA MACCAGNAGNO

 

GLI ARGONAUTI/ Giasone e Medea
di Apollo Rodio, Franz Grillparzer
, Euripide,
regia e coreografia AURELIO GATTI

 

e con Benedetta Capanna, Carlotta Bruni, Stefano Fardelli, Rosa Merlino

 

 

La nave salpa‚ salutata da un’immensa folla. Mentre si allontana dalla spiaggia, Orfeo leva in alto il suo canto‚ accompagnando il ritmo dei remi che tagliano le onde azzurre del mare… E quando la polvere e il fumo cominciano a diradarsi‚ scarmigliato e lucido di sudore appare Giasone. Guida con fermezza le belve‚ che trascinano l’aratro d’acciaio. Gli animali arano la terra‚ mentre l’eroe sparge nei solchi i denti di drago che Eeta gli aveva consegnato. Col sorgere della luna‚ nel campo arato‚ si delineano delle forme che diventano sempre più grandi e più chiare, sono un esercito immane di guerrieri che viene fuori dal terreno. Giasone‚ seguendo ancora una volta il consiglio di Medea‚ scaglia nel mezzo di questi strani e misteriosi esseri un grosso sasso… Quando finalmente la nave Argo approda sulle coste elleniche gli Argonauti si rendono conto che al termine di quell’avventura non portano con sé solo il prezioso e magico vello d’oro‚ ma ognuno ha acquisito doni più’ grandi, come la coscienza dell’essere e la conoscenza dell’ignoto. Le avventure e le continue peripezie li hanno forzatamente coinvolti in situazioni imprevedibili‚ proiettandoli in mondi sconosciuti e a contatto con civiltà’ ignote‚ dai costumi e dalle idee spesso diverse‚ se non addirittura opposte alle loro.
Ed è qui‚ nell’accettare di mettere in discussione le proprie certezze che si rivela la vera‚ straordinaria spregiudicata intelligenza degli Argonauti e in genere di tutti i “navigatori” che decidono di uscire dalla rotta stabilita dalla convenienza e dalle consuetudini per rischiare di perdersi‚ buttando a mare le proprie convinzioni ormai ben ancorate nel calmo golfo dell’inamovibile buonsenso. In realtà‚ il loro è un viaggio onirico‚ visionario‚ tramite il quale raggiungeranno il fondo della loro anima‚ quel luogo remoto e inviolato dove appare la luce della coscienza‚ della consapevolezza. Un viaggio di iniziazione per danza‚ teatro e musica.

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venerdì 25 luglio

 

ROSSELLA BRESCIA – VANESSA GRAVINA

 

CARMEN, MEDEA, CASSANDRA/Il processo*
uno spettacolo di LUCIANO CANNITO

drammaturgia a cura di
PAOLO FALLAI

 

e con Gennaro Di Biase, Amilcar Moret

Una storia di donne colpevoli. Comunque. Carmen, Medea e Cassandra sono tre protagoniste della letteratura di tutti i tempi. Sappiamo che sono tre donne colpevoli, dall’infedeltà all’inutile capacità di “vedere” il futuro col cuore, al più terribile dei delitti. Sappiamo che poesia e musica non hanno saputo resistere alla tentazione di raccontarle. Sappiamo che sono state raccontate da uomini, con occhi, logica e leggi maschili. Questo spettacolo non è un omaggio a queste protagoniste: vuole solo raccontarle con occhi femminili, restituire loro la parola in un “processo” che non è mai stato celebrato, come se ascoltarle non fosse necessario. Per questo la scena si apre su due detenute in attesa di giudizio, non sappiamo per quale reato. Vediamo un ambiente claustrofobico, in cui combattono la paura e la speranza. Osserviamo quello che nella loro storia non si è visto, vediamo movimenti nascosti e ascoltiamo parole che non sono state dette. Carmen, Medea e Cassandra non appartengono ad una leggenda senza tempo che le inchioda a stanchi rituali: sono dei classici perché vivono la nostra contemporaneità, con altri volti e altri nomi. Ma spesso, con identico destino, quello del silenzio e della condanna. Per questo troviamo Carmen a Lampedusa, tra uno sbarco di migranti, i mercanti di carne umana e l’incerta debolezza di una autorità che non sa come opporsi a questa invasione disarmata.  Osserviamo Medea nel momento più drammatico: quello in cui si affronta l’indicibile, purtroppo quasi ogni giorno sulle pagine di cronaca. Durante un interrogatorio un giudice cerca di far confessare a Medea non tanto il delitto orribile ma le sue motivazioni. E’ la sciocca richiesta di spiegare un tabù inspiegabile.  Che viene rimosso, compresso in un angolo del suo animo dove nascondere l’urlo, e insieme annunciato come inevitabile. Ma quante sono le vittime di Medea prima che arrivi al sacrificio dei figli? Esistono quindi morti nobili e morti che si possono dimenticare? Anche Cassandra, osservata in una Sicilia degli anni Cinquanta, è vittima di due colpe convergenti: l’amore puro e la legge maschile del potere. Viene condannata perché rappresenta la minaccia di chi è capace di “guardare con il cuore” e quindi “vede” quello che gli occhi – da soli – non riescono a guardare. Ma Cassandra, pur nella sua sconfitta, rappresenta la superiorità del sentimento sul calcolo, dell’emozione sulla convenienza, dell’istinto sulla strategia. La capacità di osservare tutti gli Ulisse del mondo, così tronfi del potere delle loro armi e così ciechi da non vedere l’agguato mortale che li attende proprio dietro l’ultimo trionfo. Così banali da farsi addormentare da un televisore, novello cavallo di Troia.

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sabato 26 luglio

 

Comp. CASTALIA

 

LE NUVOLE di Aristofane
regia VINCENZO ZINGARO

e con Fabrizio Passerini, Ugo Cardinali, Rocco Militano, Piero Sarpa, Laura De Angelis, Erika Puddu, Carmen Landolfi

Un tuffo nell’immaginario giocoso e infantile, nella distesa immensa di paesaggi assolati, nel bagliore caldo delle fiaccole notturne,  nell’incanto di un mondo, dove tutto si dispone in un’ armonica  composizione: è questa la sensazione che ho ricevuto da Aristofane quando mi immersi per la prima volta nella lettura de LE NUVOLE. Meteorismi e defecazioni, lazzi, percosse, scherzi osceni, come per magia si fondono, senza alcuna stonatura, nella delicatezza delle immagini poetiche con le quali il drammaturgo ci fa librare in volo. Anzi, sta proprio in questo il fascino delle sue creazioni, in quella inafferrabile ed eterogenea varietà di colori, tipica delle opere dei grandi geni, che nel sottrarsi a regole e classificazioni, raggiungono le più alte vette della comunicazione.
Aristofane ha un guizzo tutto suo: egli parte da una iniziale situazione di disagio di un personaggio o della collettività, cui fa seguire l’elaborazione di un piano bizzarro, che per rimediare a quel disagio,  ricorre ai rimedi più stravaganti. Di lì una serie di gag scoppiettanti,  affidate a una irresistibile carrellata di personaggi, quasi da Cartoon. E’ un mondo che trasmette gioia, freschezza, trasparenza, in cui l’osceno non è mai morboso e la profondità del messaggio passa attraverso i toni della leggerezza e della provocazione. E’ il caso de LE NUVOLE, dove l’autore, pur condannando l’arroganza  intellettuale di Socrate (la cui immagine scenica non corrisponde certamente a quella reale del filosofo). E’ una grande lezione di libertà intellettuale, dove svetta sempre un sentimento di riconciliazione, di riappropriazione di una perduta semplicità. Ed è con semplicità che mi addentro nuovamente nel “pensatoio”, per imparare non a “imbrogliare” ma a capire di più e a gioire, insieme agli attori, della possibilità che mi è data. Diceva Hegel: “Chi non ha letto Aristofane non può capire cosa vuol dire la felicità”.
Sono trascorsi più di 2000 anni dalla prima rappresentazione de LE NUVOLE ed è impressionante quanto l’opera riesca a conservare intatta e attuale la forza del suo messaggio. L’attacco contro i sofisti, dipinti da Aristofane come cialtroni, dediti a contrabbandare idee senza senso, pericolosi, in quanto capaci di attrarre i giovani con l’abilità dialettica, allontanandoli dai valori veri, oggi potrebbe essere rivolto contro la degenerazione del sistema televisivo, che riesce ad imporre fenomeni e modelli spesso senza alcuna consistenza.

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martedì 29 luglio

 

uno spettacolo di GIORGIO ALBERTAZZI

 

MITI ED EROI*

… Poi un giorno qualcuno pronunciò la fatidica parola: un mito! Sacro racconto di gesta di Dèi ed eroi. E si parlò subito di Achille, del Pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei. E Ulisse – per chi parteggiare? Ulisse il lungimirante, lo scopritore d’ uomini che dice “No” alla bellissima maga Circe – dalla quale non si è fatto sedurre e trasformare in porco.
E il viaggio di Enea (superstite dalla distrutta Troia) che con il padre Anchise sulle spalle traversa i mari e arriva nel Lazio dove fonda Roma. Chi sono gli eroi? Incarnano i nostri sogni? Sono figli degli Dèi e degli uomini. Sono immortali.
La Duse che camminava – dice Visconti che ebbe il tempo di vederla – camminava sollevata dal palcoscenico. E Icaro che sfida Giove e vuole volare fino al Settimo Cielo e vola finché il sole non fa sciogliere le sue ali di cera. E Dante col suo viaggio allegorico, mistico e umano o Shakespeare, lo scuoti lancia ,il fool, il genio? E i piccoli soldati della Crociata dei Bambini che vanno tutti a morire per liberare il mondo? E gli eroi dei primi aerei (il “velivolo” di D’Annunzio) e Moby Dick , la mitica balena bianca?
E Cinita che è un mio mito – che forse rivelerò – e mia nonna Leonilde.

Mito e infinita dolcezza del morire corteggiando la morte come da Gacia Lorca.

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mercoledì 30 luglio

 

DEBORA CAPRIOGLIO – ANTONELLA PICCOLO – CHIARA CAVALIERI

 

CERCASI DEA, DISPERATAMENTE!!
da Aristofane
regia ROSARIO COPPOLINO

Avere poteri divini non è cosa facile, ed anche quattro Dee navigate ed esperte come Afrodite, Artemide, Atena ed Estia soffrono la loro condizione diventata ormai frenetica e routinaria quanto eterna. Nel loro ufficio in cui quotidianamente smistano e valutano le preghiere dagli esseri umani tutto sembra procedere “nervosamente” bene da millenni, fino a quando un giorno Estia, la dea della casa, scompare misteriosamente lasciando le tre dee nel panico, tanto da portarle alla decisione di assegnare un potere divino ad un’umana! Ma a chi? Il problema delle tre diventerà il motivo per compiere un excursus tra le figure femminili nel teatro di Aristofane; da Lisitrata a Prassogora de “Il Governo delle Donne” fino alle Tesmoforiazuse. Grazie anche alle descrizioni Omeriche delle protagoniste, lo spettacolo metterà in luce la complessità della figura femminile sia sulla terra, sia nell’ Olimpo, ma sempre in modo ironico e accattivante oltre che fedele ai testi di riferimento. La dura scelta della sostituta, evidenzierà l’eterno, quanto attuale, dilemma dell’influenza del potere sull’uomo e sull’ancor più attuale influenza dello stesso sulla figura della donna di cui ogni giorno si dibatte ormai da decenni. Il viaggio delle tre dee nel teatro di Aristofane si risolverà in un finale riflessivo e ironicamente amaro, volto a dare uno spunto nuovo e di speranza.

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giovedì 6 agosto

 

RENATO CAMPESE – CRISTINA CIRILLI

 

AGAMENNONE di ESCHILO trad. Pier Paolo Pasolini
regia PIETRO CONVERSANO

 

e con Pietro Conversano, Laura Mazzi, Angelo Tanzi

“Dio fa che finisca presto questa pena”. Con parole cariche di angoscia, nella traduzione di P. P. Pasolini, si apre l’Agamennone di Eschilo. La scena è ad Argo; la notte sta per finire, di un giorno di tardo autunno. Davanti alla reggia il guardiano avvista il messaggio di fuoco, che ripetuto di monte in monte, annuncia la presa di Troia giunta al suo decimo anno di guerra. Il Coro ricorda come Ifigenia fu sacrificata dal padre Agamennone e accenna al diffuso timore per le colpe del Re. Nelle parole della Regina Clitemnestra, la donna dal cuore maschio, si riflettono dieci anni di dolore represso per la morte della figlia. La sua gioia per la caduta di Troia non inganna nessuno. Come posseduta da un selvaggio Daimon ella viene sospinta all’azione. Attende il ritorno del Re che arriva seguito da Cassandra, figlia di Priamo, sua schiava. Persuade lo sposo a entrare nel palazzo. Il Coro si fa ora teso e sinistro. Il tema dello Stasimo è ora la paura che vince la speranza. L’angoscia culmina nella scena centrale della tragedia, quando Cassandra catturata dal delirio profetico, rivive in una terribile visione tutte le atrocità che hanno contaminato la casa degli Atridi e svela la serie dei mali che verranno, conseguenza dei primi. L’uccisione di Agamennone è inevitabile. Dall’interno del palazzo solo gli urli del Re ucciso dalla Regina. La porta si spalanca offrendoci i cadaveri di Agamennone e Cassandra. Davanti a loro Clitemnestra, lorda di sangue, ed Egisto, suo amante. Colpa chiama colpa e sangue chiama sangue. Nuova colpa rinasce e la vendetta non si ferma. Questa è la realtà del ghenos degli Atridi, un mondo caotico e primitivo non ancora regolato dalla forza della legge.

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Gli spettacoli avranno inizio alle ore 21,00
Il prezzo dei biglietti intero € 20,00 ridotto € 16,00

E possibile acquistare i biglietti anche con carta di credito al telefono e ritirare direttamente il giorno dello spettacolo.

 

INFO E PRENOTAZIONI
ANNACHIARA MANTOVANI

Tel. 348.7890213380.5844086

Orario: mar-dom 10,00-20.00

dal 03 luglio aprirà il BOTTEGHINO TEATRO OSTIA ANTICA
Via dei Romagnoli, 717 Ostia Antica – OSTIA 

Orario
:mar-dom 16,00-19,00 – Tel. 06. 5650072
sito www.ostianticateatro.it 
mail
ostianticateatro@libero.it

https://www.facebook.com/ostianticateatro SEGUICI SU FACEBOOK

 

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