Intervista al giornalista Angelo Barraco Autore del nuovo libro “Caos”

Intervista al giornalista Angelo Barraco

Autore del nuovo libro “Caos”

È uscito da qualche settimana il nuovo libro “Caos” del giornalista Angelo Barraco. Il volume pubblicato da Bertoni Editore, vanta l’eccezionale Prefazione di Bruno Mohorovich.

Ho deciso di intervistare, con enorme gioia, il Dott. Angelo Barraco per l’amicizia che ci lega e per la stima che nutro nei suoi confronti. Ormai, da più di un anno ospita i miei articoli, e i miei saggi letterari, all’interno del suo Magazine “Il Salto della Quaglia” ed io sono lieta di far parte del suo prestigioso Staff.

Angelo Barraco è un giornalista pubblicista e collabora con diverse testate nazionali, internazionali, cartacee e web. Ha sempre amato la scrittura, sin da bambino e la ritiene un comodo rifugio per proiettare i pensieri e descrivere la realtà che si prospetta ogni giorno davanti ai suoi occhi: dal giornalismo alla poesia, dai racconti alla narrativa. Indistintamente. Ha curato la quarta di copertina della seconda ristampa di “Una Promessa per Sempre” di Silvia Maira e Valerio Sericano (Bertoni Editore). Insieme al giornalista Massimo Beccarelli ha curato la quarta di copertina di “Breve dialogo sulla felicità” di Frank Iodice, ispirato alla storia di Josè “Pepe” Mujica, ex Capo di Stato uruguayano e guerrillero rivoluzionario. Il libro è distribuito in tutto il mondo e tradotto in varie lingue.

 

  • Dott. Barraco, il 31 Marzo è uscito il suo nuovo libro “Caos” può spiegarci perché ha scelto questo titolo?

Ho scelto questo titolo prendendo spunto dalle dinamiche che ho vissuto in prima persona. Ho iniziato a scrivere le prime poesie in treno, durante i miei viaggi. Il “Caos” è quello che ogni essere umano porta dentro di sé. Nessun essere umano è immune alle emozioni, ma ognuno le comunica in modo diverso. L’interazione tra gli esseri umani, anche se avviene con uno sguardo, può essere la sintesi di emozioni ben più grandi che possono essere scoperte attraverso la reciproca conoscenza.

  • Cosa l’ha spinta a comporre questi versi?

Il viaggio. Il viaggio è sempre un momento particolare, perché entrano in gioco dinamiche molto particolari dal punto di vista della comunicazione: ognuno siede al suo posto, in silenzio, talvolta si interagisce e talvolta no. Durante il viaggio, tra una stazione e un’altra, c’è chi parla al telefono, chi cerca il posto ma anche chi ride e chi piange. Un accumulo di emozioni che transita all’interno di un vagone o di un semplice spazio con quattro posti a sedere. In molti casi non si parla, ma si rimane in silenzio e sono gli sguardi a raccontare quello che proviamo in quel momento. La nostra mente, allora, cerca di interpretare quell’emozione, di capirla e metabolizzarla, anche se non conosciamo la persona che abbiamo di fronte. Ecco io ho fatto proprio questo e, oltre ad aver guardato le persone che mi passavano davanti, il primo impulso che ho avuto è stato quello di impugnare carta e penna e cercare di interpretare quelle emozioni, sempre diverse, sempre nuove…

  • Come mai ha definito le persone che ha incontrato: “Presenze, ectoplasmi volti indistinti e indefinibili”?

Le ho definite in questo modo perché erano persone a cui non ho mai saputo dare un nome, non avendole mai conosciute. Nel corso dei miei viaggi, in treno o in aereo, ho incontrato persone che poi non ho mai più rivisto, persone che hanno transitato davanti ai miei occhi anche per 10 minuti, ma che mi hanno lasciato qualcosa attraverso un’emozione e che ho saputo soltanto interpretare.

  • Ci dica quali sono gli aspetti che emergono dalla sua attenta e rigorosa analisi della società contemporanea. Sì, perché si percepiscono diversi elementi importanti come ad esempio: “Una realtà fatta di inutili apparenze”.

La società in cui viviamo, purtroppo, non tende la mano al prossimo, ma preferisce lanciare la pietra che può farlo affondarlo. Questo accade nella vita reale come sui social network, dove i principi morali sono stati soppiantati da comportamenti irrispettosi nei confronti dei più deboli. Però, nel mondo del web, dove tutto corre veloce, ogni giorno la gente si insegue il topic del momento e quindi rincorre il like e si indigna per le stesse cose di cui il giorno prima aveva riso. Ecco, questa è la realtà fatta di inutili apparenze, una società poco coerente, plastica e che dimentica gli ultimi.

  • Cosa rappresenta per lei la poesia? Quale messaggio vuole trasmettere ai suoi lettori?

Quando scrivo qualcosa su carta, non parto mai con l’impostazione mentale di trasformarle in poesie. Solitamente lascio scorrere ciò che in quel momento mi arriva, un flusso di coscienza libero che poi si incastra automaticamente con le rime e la poesia si materializza davanti a me. Non scrivo mai con la predisposizione mentale di fare un testo poetico. Tutto avviene in modo naturale, senza alcuna forzatura. Il messaggio che voglio trasmettere ai miei lettori è di provare a non ignorare mai ciò che li circonda perché uno sguardo o un saluto, anche se arriva da una persona che non conosciamo, possono nascondere un microuniverso di emozioni, un Caos interiore…

  • Ho prestato molta attenzione alla forma del testo poetico. Due elementi hanno colpito la mia attenzione: l’assenza della punteggiatura e la varietà del metro. A cosa è dovuta questa scelta?

L’assenza della punteggiatura è dovuta a diversi fattori: uno è riconducibile alla volontà di conferire maggiore carico emotivo al testo. La punteggiatura, come sappiamo, porta maggiore respiro al testo attraverso le pause e gli stacchi. Io ho voluto annullare questo tipo “respiro” (eccetto in qualche raro caso) per conferire maggiore drammaticità alle poesie; l’altra mia fonte di ispirazione è stata indubbiamente William Burroughs e il suo approccio alla scrittura fuori dagli schemi.

  • Lei predilige tanto la metafora, perché?

Mi piace utilizzare le metafore, perché mi piace pensare che il lettore possa vivere la lettura attraverso delle immagini molto personali che si proiettano nella sua mente e che, forse, possono diventare simili a quelle che ho vissuto io quando le ho scritte.

  • Prima di salutarla vuole rivelarci qualche storia, o situazione, particolare legata ad una delle sue poesie?

Tutte le poesie non hanno un titolo, ma sono denominate “Caos#” e poi c’è un numero. Un nome, come sappiamo, racchiude l’essenza della poesia. Il numero non segue un ordine preciso, ma varia perché provengono da un lotto ben più grande. Ho scelto di non attribuire un nome a nessuna delle poesie, perché mi piaceva l’idea che fosse il lettore ad attribuire qualcosa alle singole poesie.

Leggere “Caos” ha aperto tanti piccoli cassetti della mia memoria, dove conservo buona parte delle sensazioni descritte dall’autore.

Ho apprezzato davvero tantissimo lo stile poetico del Dott. Barraco e non potrei mai scegliere una sola delle sue poesie, perché ognuna trasmette la lettura di diverse percezioni della società. La capacità evocativa dell’autore suscita il totale coinvolgimento del lettore che, fino all’ultima pagina del libro, aspetta di vedere la conclusione di questo meraviglioso mosaico, fatto di strofe che compongono un’armonia perfetta. Direi che ho avuto l’impressione di riscontrare tratti della poesia futurista, per l’assenza di punteggiatura e la presenza degli spazi bianchi, e della poesia ermetica, per le molteplici metafore ardite e le tante analogie.

Voglio citare la scrittrice Kirsten Miller: “Tutte le più potenti emozioni vengono dal caos: paura, rabbia, amore“. L’ordine prestabilito ti impedisce di vivere pienamente ogni situazione che la vita ti presenta ogni giorno. Solo quando riesci a comprendere l’importanza del “Caos” continuerai il viaggio della tua esistenza, cogliendo ogni sfaccettatura della realtà e della conoscenza di te stesso e degli altri.

Non mi resta che ringraziare il Dott. Barraco per questa intervista. Mi auguro che il libro ottenga un grande successo e raggiunga meravigliosi traguardi. Vi lascio con un punto di domanda: E questa vita fosse un sogno? Ognuno di noi attende qualcosa, una nuova storia, una nuova esperienza, un nuovo cammino che ci consenta di continuare, o in certi casi di riprendere, a vivere. Allora, perché non seguire il consiglio dell’autore: “Immergetevi nel Caos della mente umana e delle sue mille sfaccettature!” Tuffiamoci, non serve aspettare.

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