Il reato di “porno vendetta” passa alla Camera con voto unanime

Un “sì” unanime alla Camera non si vedeva da parecchio: è successo, per la precisione, solo tre volte nella storia della Repubblica. Protagonista del voto è stata la proposta introduzione del reato di “porno vendetta”, o “revenge porn” che dir si voglia; vale a dire, la diffusione illecita di video privati senza il consenso dell’interessato. Pratica tristemente comune sia come – appunto – ritorsione per la fine di una relazione, sia in seguito all’acquisizione illecita da parte di hacker.

La proposta ha visto, come raramente accade, una concordia compatta nel perseguire questo reato con la reclusione da uno a sei anni, e una sanzione penale da cinquemila a quindicimila euro. La Lega rinuncia, per il momento, all’emendamento con il quale intendeva introdurre la pena di castrazione chimica, forse eccessiva in un Paese che si definisce democratico.

La “porno vendetta” è un reato telematico in crescita nella misura in cui lo è l’utilizzo delle nuove tecnologie: a scatenare il caso odierno, tanto da spingere per l’introduzione del reato nel Codice Rosso in discussione in Parlamento, è stata la vicenda che vede protagonista addirittura una deputata, la riminese Giulia Sarti che ne è stata vittima poche settimane fa.

Si potrebbe osservare in maniera critica che una simile fattispecie fosse già coperta dall’esistenza di altre norme giuridiche: in particolar modo quelle sulla privacy della corrispondenza e sulla diffusione illecita di immagini pornografiche. Ma è pur vero che la “porno vendetta” meriti, per la gravità implicita dell’atto, affermazione legislativa a sé stante.

Al di là del recente caso Sarti, non ci si può dimenticare del fatto di cronaca che vide protagonista la giovane Tiziana Cantone, il cui video hard circolò indisturbato da un telefono all’altro fino a diventare virale, per tutta Italia. La ragazza, vedendo la propria reputazione irrimediabilmente distrutta, poca possibilità di azione legale, e venendo infine circondata da orde di odiatori virtuali, optò infine per il suicidio. Una scelta estrema che, si spera, la presente legge possa risparmiare a molte altre persone che rischiano di finire vittima della “porno vendetta”.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares