IL DEBITO DEL CALCIO Il collasso economico dall’inizio della pandemia Covid ad oggi.

Il sistema del calcio è al collasso da molto tempo e, proprio, dall’inizio della pandemia Covid i bilanci delle società hanno subito un ulteriore impennata del disavanzo di gestione.

I costi operativi superano costantemente i ricavi, caratterizzando perdite plurimilionarie che, ogni anno, rendono sempre più rosso il bilancio societario, oltre al cash flow o flusso di cassa azzerato.

In qualsiasi altro mercato, tale situazione avrebbe provocato la presentazione dei libri contabili in Tribunale, conseguentemente alla richiesta di concordato preventivo o, addirittura, di fallimento. Questi rischi, sembrerebbero non esistere per l’industria del calcio italiano ed europeo che vive da anni in una gestione dissennata e priva di ogni equilibrio economico aziendale.

Infatti, i numerosi bilanci in rosso (tranne sparute eccezioni) sono affidati ai giochi contabili derivanti dagli scambi di giocatori durante il calciomercato, utilizzando le plusvalenze come unico strumento per generare ricavi straordinari e mantenere il livello di indebitamento più basso possibile.

Analizzando i vari prospetti contabili si evince, palesemente, che la maggior parte delle squadre di calcio sono aziende economicamente e gestionalmente malate da anni, soprattutto in conseguenza alla pandemia Covid, aggravando, altresì, il deficit strutturale.

Come documenta l’ultimo report annuale della FIGC e della Società PricewaterhouseCoopers sul calcio italiano professionistico di serie A, B e C, nelle ultime cinque stagioni dal 2014 al 2019, quindi ante pandemia, le perdite cumulate sono state circa di 1,6 miliardi, mentre l’ultimo anno 2018-2019, ha evidenziato perdite per le tre serie professionistiche di 395 milioni su ricavi totali di 3,85 miliardi; in poche parole, ogni 100 euro incassati 10 diventano perdite secche. Ad aggravare ulteriormente la situazione sono i faraonici stipendi di calciatori e allenatori che incidono mediamente sul 60% dei ricavi e gli ammortamenti annui dei calciatori raggiungono quasi il miliardo di Euro. I diritti tv rappresentano la maggior quota del fatturato che è di circa 1,4 miliardi l’anno. I ricavi da biglietti, anche nel periodo ante-Covid, hanno un’incidenza di meno del 10% dei flussi delle entrate, mentre le plusvalenze derivanti dal calciomercato solo nel 2018-2019 sono state di ben 753 milioni di Euro.

Nella maggior parte dei casi, questa tipologia di ricavo straordinario (la plusvalenza) rappresenta un artificio contabile, in quanto lo scambio di giocatori movimenta i ricavi senza effettivi flussi di cassa, caratterizzando quindi compensazioni economiche derivanti dai valori maggiori legati al costo del cartellino del professionista.

Occorre sottolineare che senza tali ricavi aggiuntivi, il calcio italiano perderebbe, ogni anno, oltre un miliardo di Euro, rendendo, pertanto, la situazione economica del settore ancora più grave.

Per quanto riguarda invece l’aspetto finanziario, i debiti rappresentano un ulteriore aggravio della gestione del mondo calcio. Infatti, i debiti cumulati, saliti a quota 4,6 miliardi nella stagione 2018-2019 superano ampiamente i ricavi complessivi fermi a 3,8 miliardi. Questa situazione di default rappresenterebbe il certo fallimento di ogni Società di capitali in qualsiasi altro settore economico.

I grandi club sono gli assoluti protagonisti di questa gestione aziendale poco ortodossa, i cui bilanci d’esercizio sono in profondo rosso. Nella fattispecie, siamo di fronte a delle perdite complessive pre-Covid all’incirca di 600 milioni, con debiti netti finanziari che valgono quasi 1,4 miliardi di Euro.

Il calcio è lo sport più diffuso, ma la sua gestione aziendale dissennata per rincorrere la maggiore visibilità e soprattutto i risultati immediati, sta lacerando e portando al collasso economico il gioco più bello del mondo.

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