Covid19, perché i dati ufficiali non convincono del tutto

Nella morsa della paura del contagio da Covid-19 cerchiamo l’interruttore della razionalità. Vogliamo capire cosa sta accadendo, perché conoscere e capire rappresentano una forma di riparo nei confronti del virus. La comunicazione delle informazioni ha reso il sistema dei media una sorta di ininterrotto vaticinio, perché quello che sta accadendo potrebbe dire qualcosa di più, dare in fondo un senso a quello che accadrà. Al netto delle fake news e delle più fantasiose ricostruzioni sul virus e sul fatto che sarebbe stato prodotto in laboratorio dagli americani per mettere in ginocchio la Cina e l’Europa (in realtà, gli effetti sono pandemici sul piano economico e finanziario), il dibattito sulla attendibilità dei dati, in particolare quelli dei contagiati, dei morti, e perfino dei guariti, ha assunto toni molto polemici. Partiamo dal numero dei contagiati nella martoriata Lombardia. Lunedì 23 marzo i contagi sono aumentati di 1.555 unità, meno rispetto ai 1.691 di ieri. I decessi sono stati 320, a fronte dei 361 di domenica, cioè sono morte 41 persone in meno. Il totale dei decessi rimane comunque altissimo: 3.776 persone. Fermiamo il film al dato dei contagi, quindi alla fase antecedente al possibile aggravamento delle condizioni, prima dell’ospedalizzazione e della terapia intensiva, laddove necessaria. In un articolo apparso ieri su The Post International, la giornalista Selvaggia Lucarelli rivolge un severo j’accuse alla gestione dell’emergenza da parte della Regione: “Il numero dei contagiati in Lombardia non può essere calcolato semplicemente perché non si fanno tamponi neppure ai sintomatici gravi. Sintomatici gravi che non vengono dunque mappati, isolati, che non hanno neppure l’obbligo di stare in casa (ci si affida al buonsenso). Se hai tosse, febbre, congiuntivite, problemi respiratori ma non stai morendo, ti dicono di stare in casa e chiamare il medico di base, che ti dice di prendere la tachipirina. Nei casi più seri devi procurarti l’ossigeno. Fine.” D’altra parte questa situazione di “abbandono” delle persone in quarantena lancia un’ombra lunga sulla attendibilità dei dati, nella misura in cui i casi registrati come Covid-19 positivi potrebbero rappresentare soltanto la punta dell’iceberg. Un sistema di conteggio inaffidabile renda inefficaci le misure restrittive anche le più severe, poiché un soggetto asintomatico che non sa di esserlo può contagiare familiari, parenti, colleghi se continua a lavorare, persone incontrate in fila al supermercato o in farmacia. Sulla base della sua esperienza personale Lucarelli dichiara: “Ho amici, parenti, conoscenti che hanno chiamato il numero preposto per dire ho la febbre. Sto male. Sto molto male. È un terno al lotto. A qualcuno viene detto sarà influenza. Ad altri chiami il medico. Ad altri non esca di casa e richiami se peggiora. Nessuno viene monitorato. Sono persone che con ogni probabilità hanno il Coronavirus e che non entreranno mai nella lista dei contagiati, se guariscono.” Il problema dei tamponi non effettuati ci porta all’altro grande problema, vale a dire l’attendibilità dei dati sui deceduti con/per/di coronavirus. Si insiste molto, da parte delle autorità, sul fatto che a morire siano le persone anziane con patologie pregresse. Quando poi le si elenca, lo sconcerto aumenta. Spesso si tratta di problemi ricorrenti nella popolazione più anziana come l’ipertensione e il diabete. Patologie importanti, certo, ma che da sole non spiegano un così elevato numero di morti. Rimane poi il problema dell’impennata dei decessi nelle cliniche private, nelle case di cura e di riposo, nelle abitazioni, dal momento che il tampone post mortem quasi mai viene eseguito. Forse non sapremo mai se l’infezione da Covid-19 abbia avuto un ruolo nel porre fine a quelle troppe vite spezzate. “I focolai nascosti nelle strutture private – scrive ancora Selvaggia Lucarelli – sono stati un veicolo del contagio micidiale. Così come nelle case di riposo, per cui vale lo stesso identico discorso (nella casa di riposo di Mediglia sono morti 50 anziani). Molti parenti di questi poveri anziani sono andati in giro per la Lombardia magari con una positività latente o ammalandosi, facendo ammalare. Poi non hanno saputo più nulla dei loro cari a cui spesso non è stato fatto il tampone. Ed è per questo, anche, che i morti in Lombardia sono di sicuro molti di più di quelli dichiarati.” C’è infine il dato dei guariti che è positivo e che fa tirare un sospiro di sollievo: +408 su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, gli scienziati cinesi mettono in guardia dal pericolo di recidiva. Al momento pare che la possibilità di un secondo contagio sia remota, ma con un nemico sconosciuto come il coronavirus non si può e non si deve escludere nulla a priori.

Foto tratta dal sito fanpage.it

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