Arpino, Arpino, quale massima occasione perduta! Un gioiello urbanistico e storico come i più celebrati specialmente della Toscana e dell’Umbria ma con una sola pregiudizievole negatività nefasta: trovarsi in Ciociaria e, ancora peggio, nel capoluogo tra i più sgangherati e cementificati del Paese, come le statistiche annualmente confermano. Ma qui ci arrestiamo, senza importunare il sonno colposo e le malefatte o le cose-fatte-male di certi sindaci e segretari e di certi squinternati uffici tecnici, salvo le immancabili eccezioni, che si sono alternati negli anni alla non-guida della sfortunata città, come si legge guardandosi attorno.
Alle pendici di Monte S.Girolamo che si distende ai piedi di Civitavecchia e che degrada dolcemente fino alla Via Agrippa, fino a pochi anni addietro e per secoli percorso da suggestivo sentiero di comunicazione Arco-Acropoli, oggi meglio non descriverlo, si trovano solo piccoli oliveti che lo ricoprono intieramente per tutta la estensione. E in realtà in questo dolce declivio si respira e si gode una temperatura ed atmosfera particolari, senza parlare della veduta che vi si osserva. E se oggi si ha piacere ad inoltrarsi sulla cosiddetta Via Greca e ci si arresta davanti ad un cancelletto del vecchio muro intorno all’oliveto, alzando lo sguardo, di fronte e in corrispondenza, a tre-quattro metri in linea d’aria, si assiste ad un vero e proprio miracolo della natura: un piccolo vecchio pero tutto fiorito, in piena effiorescenza, fiori bianchi quali gemme preziose, già dai primi di ottobre!
Un dono impagabile della natura.