C’è sempre il mare di Domenico Russello

C’è sempre il mare

di Domenico Russello

Il 24 novembre, alle ore 17.00, presso il Museo Archeologico di Licata, ho avuto l’onore di partecipare alla presentazione di un meraviglioso libro dal titolo: “C’è sempre il mare”, scritto dal giornalista dott. Domenico Russello. Al mio fianco il prof. Francesco Pira, sociologo di fama nazionale e internazionale, Delegato del Rettore alla comunicazione presso l’Università di Messina e Direttore del Master in Esperto della Comunicazione Digitale PA e Impresa, e Salvo D’Addeo, un grande musicista e regista. Un momento culturale ricco di spunti di riflessione e di emozioni forti. Suggestioni che hanno reso la serata indimenticabile per tutti i presenti.

Nel mio intervento ho avuto modo di sottolineare l’importanza del mare all’interno della letteratura nazionale e internazionale. Sì, perché sono stati tanti i poeti e gli scrittori che, nel corso del tempo, si sono confrontati sul mare e lo hanno reso protagonista di romanzi, testi poetici e racconti.

Già nell’Odissea il mare ha rappresentato l’emblema del viaggio della vita. L’uomo rimane in balia delle onde, rischiando di naufragare e di perdersi durante il suo percorso. La sua grandezza consiste nel riuscire a portarsi in salvo e nel riconquistare ciò che crede perduto.

Ma non solo. Basta dare uno sguardo alla letteratura dell’Ottocento che ha visto l’affermasi del “romanzo marinaro”. Un genere letterario che aveva le caratteristiche adatte al Romanticismo, movimento artistico, musicale, culturale e letterario sviluppatosi al termine del XVIII secolo.

Tanti i nomi eccellenti, che hanno dedicato le loro opere al mare, ricordiamo: Foscolo (A Zacinto), Leopardi (L’Infinito), D’Annunzio (L’onda – Alcyone), Palazzeschi (Mar Grigio) e poi non possiamo non pensare ai poeti ermetici.

La Sicilia, terra circondata da mare, ha dato i natali a grandi personalità letterarie come: Luigi Pirandello e Giovanni Verga. Il mare ha assunto grazie a loro prospettive nuove e interpretazioni diverse.

Pirandello era molto legato alla sua terra e al mare. Addirittura avrebbe voluto che le sue ceneri fossero disperse tra le onde del “Mare africano”, ma questo non fu possibile.

Verga con I Malavoglia, uno dei romanzi del Ciclo dei vinti, dimostrò che il mare incute paura, minaccia, fatica, insicurezza, riflessione e guerra interiore.

Una citazione tratta da I Malavoglia sintetizza, secondo me, la rappresentazione del mare affrontata da Domenico Russello: “Il mare non ha paese nemmeno lui ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare di qua e di là dove nasce e muore il sole.” Nei Malavoglia il paesaggio non è mai descritto, ma viene narrato; questo restituisce l’idea del legame esistente tra l’ambiente e i personaggi.

Lo spazio del villaggio è controllato dalla presenza continua del mare che pare guidare, come un sottofondo musicale, le attese e le sofferenze dei pescatori.

Questo perché in fondo “il mare è di chi lo sa ascoltare, di chi lo sa amare, di chi ad esso dedica tutti i suoi sogni ad occhi aperti” (Fernanda Irlante). Il mare è proprio il posto di questo turbamento, è ricerca ma anche smarrimento e allontanamento da sé, da cui solo si può poi riconoscere sé stessi.

E Domenico è un uomo che sa udire il mare e quel mare che conserva i ricordi dolci di un’infanzia passata, custodisce le confessioni più segrete e difficili, è testimone delle esperienze più dolci e più amare, celebra chi non c’è più e riempie ogni vuoto dell’animo. Ecco, perché per Domenico riuscire a scrivere i suoi pensieri non deve essere stato semplice, poiché per primo ha dovuto compiere un itinerario introspettivo davvero profondo.

Il mare descritto da Domenico Russello è portatore di consapevolezze, conduce le persone per mano nelle loro vicende di ogni giorno, trasformandosi in palcoscenico essenziale di ciascuna storia. Il fil rouge di questa raccolta di racconti percorre e attraversa temi attuali quali gli amori, le violenze, i turbamenti del cuore e della mente. Insomma, Eros e Thanatos insieme.

Una narrazione coinvolgente che abbraccia il lettore, facendolo sentire parte del testo. Difatti Domenico è riuscito a dar vita ad un perfetto “patto narrativo” tra il lettore e l’autore. Questo significa che chi legge si allontana dal mondo esterno e si immedesima nelle vicende, partecipando emotivamente e fino in fondo ai fatti narrati.

La descrizione precisa e minuziosa dei racconti trasmette la bellezza dei luoghi e spiega il contesto in cui è vissuto l’autore. L’abilità dell’esposizione dell’autore è dovuta anche alla sua capacità di utilizzare con intelligenza la punteggiatura, rendendo i periodi brevi e immediati. La struttura paratattica viene preferita alla struttura ipotattica e il lettore non deve faticare per comprendere il testo.

Non abbiamo più tempo e non riusciamo a porre attenzione anche alle piccole cose e nemmeno allo splendore di ciò che ci circonda e l’autore ci ricorda che bisogna porre attenzione anche alla natura e soprattutto alle persone per ritrovare quell’umanità che ormai sembra quasi perduta.

Tanto è vero che la prima cosa che ha colpito la mia attenzione, aprendo il libro è stata l’epigrafe ovvero quella frase – una dedica, una citazione, un’anticipazione – che troviamo scritta all’inizio del libro. L’epigrafe per definizione può essere un’apertura non strettamente legata al contenuto successivo, può evocarlo, o improntare un sentimento o un atteggiamento, o può schematizzarlo ed esserne quasi un indice. L’autore scrive: “A chi, nel buio, ci aiuta a trovare la luce”. Una frase profonda e ricca di significato perché, oggigiorno, è davvero raro trovare qualcuno che diventi luce da seguire nella propria esistenza.

Tra i racconti ce n’è uno straordinario: “Le sue mani bianche”, dedicato a sua nonna che non è più in vita. Le parole di Domenico mi hanno fatto rivivere il rapporto con mia nonna e soprattutto mi hanno trasmesso il vero senso dell’amore.

Alcune frasi, presenti in questo racconto, spiegano il valore di un’assenza: “Giorno dopo giorno, ci si abitua a tutto. Ma ci si abitua soprattutto alle assenze, quelle che con il loro vuoto perpetuo ci sottolineano la grandezza di chi non c’è più. Quel vuoto diventa il riflesso di un valore, anzi di un amore, e te lo tieni stretto, imparando ad amarlo. Sì, si può amare l’amore. Sì, si può amare anche un’assenza”. Il senso di queste frasi è arrivato dritto al mio cuore, poiché anche io so cosa vuol dire amare un’assenza. Ho imparato ad amare l’assenza di mia nonna e ancora di più l’assenza di mio padre. Allora, sì l’amore non ha limiti e la morte non interrompe mai l’amore eterno.

I nonni, che rappresentano un punto di riferimento con il quale potersi confrontare, donano amore e protezione, trasmettono gioia e sicurezza. Domenico ha delineato con estrema sensibilità l’immagine della sua nonna.

Nella società odierna, che cerca di uscire dalla pandemia e dall’ombra della guerra, sono molte le famiglie che riescono ad andare avanti grazie a ciò che precedentemente i nonni sono riusciti a “costruire” e questo non bisogna dimenticarlo.

Papa Francesco ha istituito, la quarta domenica di luglio, la giornata dedicata ai nonni e agli anziani, perché per lui i nonni sono “libri parlanti” ricchi di sapere e di abilità. Quest’anno, il Pontefice, ha dichiarato: “In un periodo storico difficile come quello che stiamo vivendo abbiamo bisogno di un cambiamento profondo, di una conversione, che smilitarizzi i cuori, permettendo a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello. E noi, nonni e anziani, abbiamo una grande responsabilità: insegnare alle donne e gli uomini del nostro tempo a vedere gli altri con lo stesso sguardo comprensivo e tenero che rivolgiamo ai nostri nipoti”. Dobbiamo diventare i protagonisti di una “rivoluzione della tenerezza” cosi come ci suggerisce il Santo Padre.

Mi ritengo fortunata per aver avuto l’opportunità di conoscere Domenico Russello e ancor di più per essere riuscita a godermi il suo mare, un po’ calmo e un po’ agitato. Auguro molta fortuna a questo volume perché in fondo, come ha scritto Alessandro Baricco nel suo romanzo “Oceanomare”: “Il mare è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare… Ma soprattutto: il mare chiama… Non smette mai, ti entra dentro, ce l’hai addosso, è te che vuole… Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti… Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà”. Auguro a Domenico di scrivere ancora tanti racconti e di veicolare altri valori importanti per scuotere le coscienze e accarezzare i cuori.

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