CARAVAGGIO IN ROMA Cristiano conteso tra popolo e mecenati

CARAVAGGIO IN ROMA
Cristiano conteso tra popolo e mecenati
 
Respirare i luoghi e le opere di un’artista di ben quattrocento anni fa in soli cinquecento metri è possibile soltanto a Roma. Qui si può scoprire Michelangelo Merisi (1571-1610), meglio conosciuto come Caravaggio, artista lombardo che si trasferì nella Capitale nel 1592 e che diede inizio ad una nuova idea di pittura, mai sperimentata fino ad allora. Proprio qui il “pittore maledetto” trarrà profondo ispirazione dai grandi classici, elaborando i suoi progetti in maniera organica e produttiva; purtroppo il resto della sua vita, altrettanto straordinaria, lo vedrà protagonista di diverse fughe in giro per il sud Italia.  Apparentemente un “romanzo noir” il cui protagonista è vittima di se stesso,  senza mai legare particolarmente con gli ambienti dei “palazzi” della controriforma. In realtà la Chiesa sarà il suo committente principale, dalla Fabbrica di San Pietro ai cardinali Barberini, dimostrando di apprezzarlo e stimarlo. Alcuni tra i suoi estimatori erano legati all’ambiente oratoriano e dunque alla frangia pauperista e populista della Chiesa, i cui ideali di religiosità popolare collimavano con quelli  borromaici che il giovane pittore aveva assorbito in Lombardia e che la sua pittura traduceva perfettamente in immagine. Il Merisi conosceva bene lo scopo divulgativo che la Chiesa attribuiva alle opere d’arte: istruire e confermare il credente, aiutandolo a ricordare i passi biblici in modo semplice e immediato; in sostanza evangelizzare attraverso il piacere estetico ed il coinvolgimento emotivo. Dunque a pochi passi da Piazza Navona,  possiamo visitare in poche ore e gratuitamente la casa del pittore e vedere almeno cinque capolavori che adornano chiese stupende.
Il ciclo su “San Matteo” presso San Luigi dei Francesi
Il posto migliore per una “iniezione” di Caravaggio a Roma, è la piccola chiesa di San Luigi dei Francesi vicino a Piazza Navona. In un’unica soluzione riuscirete a leggere l’intera poetica dell’artista sintetizzata in tre capolavori assoluti collocati all’interno della Cappella Contarelli, raffiguranti il ciclo dedicato a San Matteo: “La vocazione di San Matteo”, “L’ispirazione di San Matteo” e “Il martirio di San Matteo”. Sono tre opere di importanza fondamentale per la storia dell’arte: nuovi schemi rivolti al realismo ed alla ricerca della luce, molto evidente ne “L’ispirazione di San Matteo” (la cui prima versione sembrerebbe essere stata rifiutata dai committenti in quanto ritenuta troppo realistica). Il dipinto iniziale sembrerebbe essere stato rifiutato per mancanza di “decoro” e in particolare per quei “piedi rozzamente esposti al popolo”, con il santo che sembra un povero analfabeta, guidato letteralmente nella scrittura del Vangelo dalla mano dell’angelo, tanto da essere sostituito dal più composto dipinto che tutt’oggi ammiriamo in chiesa. Ma davvero andò così? In realtà il San Matteo e l’angelo”  del 1602 olio su tela, 223 x 183 cm esposta al Kaiser Friedrich Museum di Berlino, fu  distrutta durante un incendio nella la seconda guerra mondiale e potrebbe non essere mai entrata in San Luigi dei francesi (ma ci piacerebbe pensare più ottimisticamente che siano stati trafugati, e che un domani qualcuno possa tornare alla luce). Dato il formato pressoché quadrato e poco adatto a una pala d’altare (con una altezza sensibilmente minore rispetto alla seconda versione), assieme all’assenza di documenti a corredo (altrimenti sempre reperiti per gli altri lavori di Caravaggio nella cappella Contarelli), l’opera potrebbe essere stata commissionata direttamente come quadro “da stanza” dal marchese Vincenzo Giustiniani. Ancora oggi la leggenda del “pittore maledetto” è estremamente affascinante e dura da scalfire.
Ma tornando all’impostazione pittorica per quello che oggi è visitabile in San Luigi dei francesi, Caravaggio studiò ogni minimo dettaglio per la collocazione in questa cappella; per cui le tele si trovano lì fin dal momento in cui l’artista le consegnò ai committenti. Lo confermano i tagli di luce rispettivamente in diagonale sinistra, centrale e destra che provengono dall’apertura superiore della navata (effetto sottolineato in presenza di luce solare bassa).  Trovare un’opera nell’ambiente per cui fu realizzata, oltre a essere un’emozione unica, perché apprezziamo l’intenzione originale dell’autore, è una testimonianza storico-artistica di notevole importanza.
Per esempio, nella “Vocazione di san Matteo”, la luce è la protagonista dell’opera: una luce naturale che come in una sceneggiatura cinematografica guida l’osservatore e lo accompagna nella narrazione, illuminando il Santo chiamato da Cristo e lasciando nell’ombra chi non si cura della presenza del Signore. Ed infine l’ennesimo mistero sull’identità di San Matteo, il giovane seduto che conta le monete oppure il vecchio che indica stupito col dito se stesso: ciascuno di noi può identificarsi con il Matteo vocato e non saranno gli anni a svelarlo. Lo stesso Papa Francesco conobbe quest’opera in qualità di Arcivescovo dell’Argentina, visitando spesso la chiesa di San Luigi dei Francesi e contemplando il quadro della vocazione di San Matteo di Caravaggio.
 
Intervista al rettore di S. Luigi dei Francesi:
Il Monsignor François Bousquet a Roma dal 2011, ormai a termine mandato, ci conferma l’interesse unico verso queste opere. Lui stesso ama da sempre l’arte, ha insegnato in Quebec, già Docente onorario della Facoltà di teologia dell’Institut Catholique di Parigi (dove è stato vicerettore alla ricerca) ed è membro del Pontificio Consiglio della cultura, consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.  Durante l’intervista il Monsignore descrive le numerose attività parrocchiali e culturali, riconoscendo la dimensione quasi da Santuario del luogo, consideratone il flusso continuo di pellegrini.  L’ingresso nella chiesa è gratuito ed accoglie la comunità francese nella Capitale compreso studenti e dipendenti della Santa Sede. Definita chiesa nazionale, rappresenta a Roma la comunità di una nazione straniera (quattro in totale le chiese francofone a Roma). Il santo a cui la chiesa è dedicata è un santo francese: re Luigi IX che fu canonizzato da papa Bonifacio VIII nel 1297. Da sottolineare la presenza di un eccellente centro culturale: nel secondo dopoguerra il filosofo Jacques Maritain, all’epoca ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, fonda il  Centro di Studi San Luigi di Francia con l’obiettivo di divulgare presso il clero e i religiosi il pensiero laico francese e, nello stesso tempo di rappresentare, e diffondere il pensiero e la cultura cristiani d’origine francese presso i cittadini di ogni nazionalità presenti a Roma. Il Centro viene allora ubicato presso un’ala del Palazzo di San Luigi, fondato su un terreno ceduto ai Francesi, come testimoniato nella bolla di Sisto IV, del 2 aprile 1478 e amministrato (ancora oggi), dai Pii Stabilimenti della Francia a Roma e a Loreto.  E francese era anche il cardinale a cui era dedicata la cappella per cui furono realizzate le opere di Caravaggio che si trovano all’interno dell’edificio sacro: si trattava di Mathieu Cointrel (italianizzato in Matteo Contarelli: la cappella è quindi la celebre cappella Contarelli. Il Merisi ottenne l’incarico di decorare la cappella con tre tele grazie all’intercessione del suo mecenate, il cardinale Francesco Maria del Monte, presso la comunità francese.
Di fatto noterete come tutti i visitatori e fedeli non resisteranno ad entrare, puntando in fondo a sinistra per ammirare le opere del Michelangelo da Merisi, quasi come fosse una icona o la meta stessa del pellegrinaggio. Tuttavia oggi capire o dimostrare se Caravaggio fosse cattolico, lascia il tempo che trova, quale fosse il suo sentire è impossibile dirlo. Innegabile è il suo rapporto con Roma e l’amore e l’apprezzamento di questa città per lui. “Non solo un gran pittore, ma sicuramente un uomo ed un cristiano” conclude con estrema ospitalità il  Monsignor François Bousquet, incarnando appieno lo spirito misericordioso della Chiesa contemporanea.
“La Madonna dei Pellegrini” in Sant’Agostino
La chiesa di Sant’Agostino è situata nelle vicinanze di piazza Navona. Qui, l’artista lavorò quando era all’apice del suo successo: nel 1603 la famiglia Cavalletti in omaggio alla Madonna di Loreto, commissionò a Caravaggio un dipinto per la cappella di famiglia all’interno della chiesa. Dopo le trattative il pittore si mise all’opera e, forse nel 1606, consegnò il suo capolavoro, “la Madonna dei pellegrini”. Il Merisi sceglie pertanto di realizzare un dipinto sul tema, rappresentando la Madonna che appare dinanzi a due poveri pellegrini, sporchi e con le vesti logore, discostandosi dall’iconografia classica che vede la Vergine Lauretana in volo sulla casa Santa. Proprio per l’elevato realismo e il fatto che i protagonisti sono due persone semplici (e senza contare il fatto che anche la Madonna viene raffigurata in modo molto semplice, come se lei stessa fosse una popolana del tempo), l’opera ottenne un grande successo tra il popolo della Roma dell’epoca.
Il Bellori scriverà: “L’estrema povertà, gli abiti sdruciti, i piedi sporchi del pellegrino posti in primissimo piano, la povera cuffia della donna che lo accompagna, inginocchiata e, come lui, con le mani giunte in preghiera”. Afferma il Bologna che” quei pellegrini, solo in quanto popolani veri sono in grado di riconoscere per Madonna quell’altra popolana col figliolone in braccio, ch’è uscita ad appoggiarsi allo stipite della porta di casa (resto di un antico monumento diroccato), e incrociando familiarmente le gambe si china verso di loro” . Lo studioso sottolinea che quei poveri affidano alla Madonna le loro miserie perché non sentono in lei un essere superiore, ma la riconoscono come una di loro. Lo stesso studioso riporta che la modella fu Maddalena Antognietti (detta Lena), cortigiana d’alto bordo nota nella Roma del tempo. Lena era una delle frequentazioni di Caravaggio, per il quale fungeva da modella e sembrerebbe che  lei sia stata la causa dell’aggressione al notaio Mariano Pasqualone una sera d’estate del 1605 da parte del pittore. Il caso vuole che sul lato della cappella stessa sia raffigurata la “Maddalena” in un’altra opera e che prima della famiglia Cavaletti la cappella fosse appartenuta ad nobile “accompagnatrice” convertitasi in età matura. Ma siamo solo sul piano delle ipotesi che contribuiscono ad aumentare la suggestione dei luoghi.
 E certo è suggestivo, e volendo anche simbolico, che nella scena finale del film «Romanzo criminale» il protagonista Freddo venga assassinato sulla scalinata della basilica di Sant’Agostino, ma soprattutto alle spalle di Sant’Apollinare; quest’ultima sembrerebbe essere  la chiesa dov’è stato sepolto in un sarcofago per un lungo periodo Enrico De Pedis, detto «Renatino» nel film  Dandi (un vero componente della banda della Magliana). In una scena iniziale del film La Madonna dei Pellegrini viene visitata dal Freddo con la fidanzata che lo invita alla contemplazione dell’opera. Una storia che si intreccia con il furto della “ Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi” nel  1969 dall’ Oratorio di San Lorenzo a  Palermo, mai recuperata. La “Natività”, il cui valore di mercato si stima oggi intorno ai 20 milioni di dollari secondo l’FBI, è inserita nella lista dei dieci capolavori rubati più importanti al mondo. Opera probabilmente realizzata a Roma dal pittore, è avvolta dal mistero in questa dimensione del Male, che la vedrebbe riapparire e scomparire dalla scena; qualcosa che carica la sua leggenda umana e artistica, anche di questo intreccio mafioso-criminale, avvicinandolo ancor più al popolo dei “pellegrini”.
“La crocifissione di San Pietro” e la famosissima “Conversione di san Paolo sulla via di Damasco” in  Santa Maria del Popolo
Si può ammirare un altro capolavoro gratuitamente a Roma presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo che si trova nel lato nord della centralissima Piazza del Popolo sul lato opposto rispetto a via del Corso e alle due chiese gemelle, Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Monte Santo. All’interno della Cappella Cerasi si possono ammirare due opere straordinarie di Caravaggio: “La crocifissione di San Pietro” e la famosissima “Conversione di San Paolo sulla via di Damasco”.
A seguito del grande successo raggiunto grazie alle tele realizzate per la cappella Contarelli, il pittore ottenne questo nuovo incarico. Qui il committente fu Tiberio Cerasi, uno dei giuristi più influenti della Roma del tempo, con anche importanti incarichi istituzionali (diventò anche tesoriere del papa). Tiberio Cerasi si affidò ai due più grandi artisti attivi a Roma a quel tempo: Annibale Carracci, che realizzò l’Assunzione della Vergine, e ovviamente il nostro Merisi che dipinse la Conversione di san Paolo e la Crocifissione di san Pietro. Le prime versioni realizzate vennero rifiutate dal committente e Caravaggio dovette a quel punto realizzare due nuovi quadri che furono collocati nella cappella, dove tuttora sono conservati. I due dipinti raffigurano due momenti diversi della vita dei santi: per san Pietro il martirio, per san Paolo la conversione sulla via di Damasco. Anche queste due opere si distinguono per il loro eccezionale realismo e per lo stravolgimento delle iconografie: basti pensare che nella “Conversione di san Paolo”, il cavallo occupa uno spazio di gran lunga maggiore rispetto a quello riservato al santo, e inoltre l’episodio non avviene all’aperto, come voleva la tradizione, bensì in una stalla buia. “La crocifissione di San Pietro” denota uno schema compositivo unico dove le diagonali principali disegnano loro stesse una croce.  Il realismo è  ancora una volta ottenuto grazie all’utilizzo di alcuni modelli. Entrambe le opere furono iniziate nel 1600 e terminate nel 1601. La luce ancora una volta la fa da protagonista, come era successo nelle tele per la cappella Contarelli; la luce violenta arriva dall’alto e va ad illuminare la scena e i protagonisti, facendoli quasi uscire dal quadro. La luce abbaglia il peccatore e allo stesso tempo rappresenta la grazia che si impossessa dei personaggi.
 
La presunta casa al vicolo del Divino Amore nr. 19
Ma come e dove viveva l’artista lombardo. Appena arrivato a Roma verso il 1592 e dopo alcuni anni bui, Caravaggio visse dal cardinale Del Monte in Palazzo Madama dal 1595 al 1601 circa. Dopo il successo e la fama a seguito dei capolavori nella cappella Contarelli (in San Luigi dei Francesi) e nella cappella Cerasi (in Santa Maria del Popolo), fu ospitato – 1602-1603 circa – probabilmente presso i fratelli Mattei.
Nel 1603 si rese autonomo fittando per conto proprio fino al 1605 una casa nel vicolo di San Biagio, oggi vicolo del Divino Amore che tuttora congiunge piazza Borghese e via dei Prefetti, in Campo Marzio. Qui il pittore dopo due anni fu accusato dalla proprietaria, Prudenzia Bruni, di aver rotto un “suffitto”: da qui la teoria secondo la quale Caravaggio bucasse i soffitti delle case per le sue esigenze pittoriche, avvalendosi di un gioco di specchi.
Dopo una serie di ricerche si ipotizza essere un edificio a due piani, nell’attuale vicolo del Divino Amore al civico 19. In ogni caso le ricerche proseguono sia sul fronte biografico, ma soprattutto su quello relativo alla sua tecnica pittorica e alla sua poetica (specie per l’uso delle fonti di luce).
“Ragazzo morso da un ramarro”  a Palazzo Caffarelli e non solo
Qui troviamo esposti i  capolavori della collezione di Roberto Longhi “Il tempo di Caravaggio”. Proprio al Campidoglio, nei prestigiosi saloni dei Musei Capitolini, sono esposte alcune opere del celebre Michelangelo Merisi e dei suoi seguaci che fondarono la scuola caravaggesca, opere ammirabili fino al 13 settembre 2020. In mostra il famoso “Ragazzo morso da un ramarro” del Caravaggio , acquistato da Roberto Longhi alla fine degli anni venti, e oltre quaranta opere che mostrano l’importanza dell’eredità del Maestro e della sua poesia: dalla  “Negazione di Pietro”, grande capolavoro di Valentin de Boulogne , recentemente esposto al  Metropolitan Museum of Art di New York e al  Museo del Louvre di Parigi, all’” Allegoria della Vanità”,  una delle opere più significative di Angelo Caroselli , ad opere di grande rilievo di artisti che hanno assimilato la lezione del Caravaggio, come – solo per citarne alcuni – Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo, Matthias Stomer, Giovanni Lanfranco.
La mostra curata da Maria Cristina Bandera, direttore scientifico della  Fondazione Longhi rappresenta un doveroso omaggio al grande storico dell’arte e collezionista Roberto Longhi (Alba 1890 – Firenze 1970), di cui ricorre nel 2020 il cinquantenario della scomparsa. Nella sua dimora fiorentina, villa Il Tasso, oggi sede della Fondazione che gli è intitolata, raccolse un numero notevole di opere dei maestri di tutte le epoche che furono per lui occasione di ricerca. Tra queste, il nucleo più rilevante e significativo è senza dubbio quello che comprende le opere del Maestro e dei suoi seguaci. Longhi rappresenta ancora oggi colui che ha cambiato il modo di vedere il Rinascimento, ha riletto Giotto, Masaccio, Piero della Francesca e, letteralmente, ha “riabilitato” la figura di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.
Sullo stesso solco la mostra di “Orazio Borgianni. Un genio inquieto nella Roma di Caravaggio”, a cura di Gianni Papi in corso dal 6 marzo a Palazzo Barberini in Roma, fortunatamente prorogata fino al 1° novembre 2020.
Genova riapre il Palazzo Bianco di Strada Nuova, con   un’intera  sala dedicata a Caravaggio e ai caravaggeschi, con l’” Ecce Homo” del Merisi, con il  “David con la testa di Golia” di Simon Vouet e la  “Salomè con la testa del Battista” di Mathias Stomer.
Napoli, in tempi di pandemia in esclusiva sul canale YouTube del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è disponibile il video «Caravaggio» del Museo e Real Bosco di Capodimonte https://youtu.be/HY9rvClxJxY che racconta e approfondisce il soggiorno napoletano del pittore lombardo e l’eredità lasciata nella città partenopea. Proprio a Napoli Merisi arrivò in fuga da Roma, dove era stato coinvolto nell’omicidio di Ranuccio Tomassoni, e visse nella meravigliosa capitale del meridione per complessivi 18 mesi tra il 1606 e il 1610
Un’altra buona notizia da Bergamo, con   I musici” di   Caravaggio. Il rientro negli States , sarebbe stato il 17 maggio, una volta terminata la mostra  Tiziano e Caravaggio in Peterzano.  E invece “I musici” di Caravaggio resteranno ancora a Bergamo, fino alla fine dell’estate, grazie ad una proroga del prestito concessa dal Metropolitan Museum of Art di New York, proprietario dell’opera.
Una serie di straordinarie occasioni offerte al pubblico, per godere dell’opere del “pittore maledetto” ed una imperdibile opportunità di studio. Basti pensare che nel 2016, durante la mostra “Intorno a Caravaggio ” alla Pinacoteca di Brera di Milano, (dove alcuni dipinti di Caravaggio vennero mostrati a confronto con quelli del caravaggista fiammingo Louis Finson), si riaprì il caso della celebre opera “Giuditta e Oloferne” finita poi all’asta nel 2019. Il Caravaggio di Tolosa fu venduto in una trattativa privata a una cifra riservatissima, impossibile da rifiutare, il mercante francese Marc Labarbe che, dopo il restauro, ne seguì la vendita, comunicò la chiusura dell’affare.
Roma si conferma la città con le raccolte private più belle del mondo. Tra cui la Galleria Borghese che conserva una straordinaria collezione d’arte nata dalla passione del celebre nipote di papa Paolo V. La raccolta di Scipione Borghese è tutt’oggi una delle più grandi dell’epoca: ancora Caravaggio con la celebre “Madonna dei Palafrenieri”, fra i primi capolavori che entrarono nella collezione del potente Cardinale nel 1605, qualche anno prima del sequestro dei dipinti dello studio del Cavalier d’Arpino con il quale il nipote di Paolo V entrò in possesso di 100 quadri.
Insomma possedere un Caravaggio rimane ad oggi nell’immaginario del pubblico e dei collezionisti un’opportunità da sogno. Nel ‘600 fa la sua pennellata fece proseliti ed ancor oggi una sua sola opera è in grado di attirare nei musei migliaia di visitatori laici, cristiani, collezionisti colti, pellegrini, mecenati e gente del popolo; Caravaggio è tra noi, come ogni artista che si rispetti, grazie alle sue tele, icone immortali che noi tutti ammiriamo con il naso all’insù.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares