“BORROMINI. LA VITA E LE OPERE” IL LIBRO DI PAOLO PORTOGHESI. LA PRESENTAZIONE ONLINE

FOTO BORROMINI. LA VITA E LE OPERE DI PAOLO PORTOGHESI. LA PRESENTAZIONE ONLINE. SANT’IVO ALLA SAPIENZA ROMA

Continua il ciclo di video conferenze “Manteniamo e Custodiamo le Parole” ideato e curato da Francesco Moschini. E’ stato presentato sul sito NAM e sul canale youtube dell’ Accademia Nazionale di San Luca il bellissimo volume “Borromini. La vita e le opere” dell’architetto Paolo Portoghesi. Oltre 600 pagine tra architettura e simbologia, tenebre e splendore, dedicate alla vita di uno dei più grandi artisti del Barocco, in un’ edizione rivista e ampliata del celebre testo del 1967. Nel 1967 infatti, in occasione del terzo centenario della morte del grande architetto ticinese, uscì il libro “Borromini, architettura come linguaggio” dell’architetto, critico e storico Paolo Portoghesi. Tale opera che per decenni è stata il punto di riferimento imprescindibile per chiunque si interessasse al Borromini, è rimasta finora la più ricca e completa pubblicazione a lui dedicata ed è stata fondamentale per la diffusione dell’opera borrominiana in tutto il mondo. Da anni però il libro è ormai introvabile sul mercato, se si esclude quello antiquario. Questa nuova edizione colma un vuoto rispondendo a una necessità e lo fa con un testo riscritto dal medesimo autore, indiscusso esperto mondiale del Borromini inoltre accresciuto in modo considerevole, che rispecchia il grande lavoro di ricerca filologica e documentaria proseguito senza sosta negli ultimi 40 anni. Il libro è voluminoso, denso e seducente, immagini e riflessioni di grande rilievo, che raccontano la vita e le opere di uno dei più grandi protagonisti del 600 visto da un altro protagonista, questa volta del 900. Un genio ricostruito da un maestro della critica quale Paolo Portoghesi, autore di originali studi del Rinascimento ad oggi e architetto protagonista di una delle stagioni più felici e controverse del secondo 900 italiano. Paolo Portoghesi ripercorre la vita dell’artista in un viaggio che ne ricostruisce l’animo e la spinta creativa. Ad emergere è un genio diverso, dotato di una personalità forte, fatta di chiaroscuri su cui domina una orgogliosa indipendenza. Siamo di fronte così ad un’analisi di un precoce talento, del suo volersi continuamente superare, spiccare nel contesto, vincere ad ogni costo e per indiscutibile merito fino all’apice, che ne rappresenta il rovesciamento. Fino ad ammalarsi nella spasmodica ricerca della bellezza e del suo ideale. Inserito nel contesto delle più complesse vicende dell’arte seicentesca e al tempo stesso sospeso in una sorta di splendido isolamento, il volume di Portoghesi delinea le peculiarità e il carattere dell’artista, dal suo sorgere sulla scena romana alla diffusione e proliferazione delle sue opere, anche attraverso la simbologia argomentata nelle facciate, nei dispositivi planimetrici o nella scansione scultorea degli spazi. Francesco Borromini è diventato negli ultimi decenni una delle figure centrali nel dibattito della storia dell’architettura occidentale e al suo profilo di artista e alle sue opere sono stati dedicati molti libri, convegni, un numero impressionante di saggi e persino diversi romanzi ispirati alla sua vita e alla leggendaria rivalità rispetto a Gian Lorenzo Bernini. Nato a Bissone, sulle sponde del lago di Lugano, nel 1599, Borromini trascorre la sua adolescenza a Milano iniziando la sua formazione intellettuale nel clima creativo della città borromaica. Giunto a Roma intorno ai 20 anni, inizia a lavorare nella fabbrica di San Pietro come scalpellino e incontra Carlo Maderno, suo lontano parente e ne scopre le doti di architetto avvalendosi della sua collaborazione nella chiesa di Sant’Andrea della Valle. Alla morte del Maderno, Bernini lo sceglie come collaboratore per il baldacchino di San Pietro e per il palazzo Barberini, fino a che nel 1636, avviene tra i due una rottura che segna l’inizio di una rivalità destinata a diventare leggendaria. Le sue opere principali sono le chiese di San Carlo alle Quattro Fontane, Sant’Ivo alla Sapienza, di Santa Maria dei Sette Dolori e di Sant’Andrea delle Fratte e gli interventi nei palazzi Falconieri, Giustiniani, Carpegna e di Propaganda Fide. Innocenzo X, nell’imminenza del Giubileo del 1650, gli affida l’incarico più importante della sua vita, il restauro della costantiniana basilica Lateranense. Nonostante il valore e il significato di questo restauro, che conserva come reliquie le mura della basilica paleocristiana, Borromini rimase insoddisfatto per la mancata realizzazione della volta che aveva progettato. Negli ultimi anni della sua vita il lavoro diminuisce e l’architetto, pur realizzando ancora dei capolavori come il campanile e la cupola di Sant’Andrea delle Fratte, la cappella dei Re Magi e la facciata del palazzo di Propaganda Fide, diventa sempre più malinconico e inquieto fino al gesto estremo del suicidio avvenuto nel 1667, che non gli impedisce però, prima di morire, di ravvedersi e di raccontare il tragico evento in una drammatica confessione rilasciata al suo medico, messa in musica da due musicisti contemporanei, Salvatore Sciarrino e Peter Max Well Davies. Francesco Borromini ha influenzato in modo determinante lo sviluppo dell’architettura europea nel XVII e XVIII secolo, in particolare per quanto riguarda le forme, lo spazio, l’uso della luce e dei materiali costruttivi. Filippo Baldinucci, il suo biografo, attesta che Francesco Borromini era “uomo di grande e bello aspetto, di grosse e robuste membra, di forte animo e d’alti e nobili concetti”. Fu sobrio nel cibarsi e visse castamente. Stimò molto l’arte sua, per amor della quale non perdonò a fatica”. Custodiva i propri lavori con scrupoloso riguardo, sicchè “ non fu mai possibile il farlo disegnare a concorrenza di alcun altro artefice. Diceva che i disegni erano i propri figliuoli e non voler che egli andasser mendicando la lode per lo mondo, con pericolo di non averla, come talora vedeva a quei degli altri addivenire”. Era talmente geloso delle proprie opere che, prima di morire, consegnò tutti i suoi disegni alle fiamme, in modo che i suoi nemici non potessero appropriarsene indebitamente. Borromini infatti ebbe un carattere inquieto, schivo, quasi ombroso: per tutta la sua carriera fu perseguitato dall’ombra del Bernini, che si attenuò solamente con l’avvento del Pontificato di Innocenzo X, quando il suo competitore subì un’ eclissi. Nel corso della sua esistenza Borromini ebbe numerosi amici e consiglieri, tra i quali l’aristocratico Emiliano Virgilio Spada, il Papa Innocenzo X (dal quale godette la protezione) e il marchese di Castelo Rodrigo Manuel de Moura Corte Real, al quale dedicò il suo libro “Opus Architectonicum”. In conclusione il libro di Paolo Portoghesi è il racconto di un continuo tentativo, da parte del Borromini, di esibire il mondo con la sua complessità semantica e iconografica, rispettando al tempo stesso le leggi dell’architettura, a lui contemporanee, nello sfondo di avvicinarsi al Divino tramite opere dai volti ascetici e spirituali che s’inseriscono nello spazio urbano assecondandolo e nel contempo spettacolarizzandolo nella pratica architettonica, pensata come sorpresa nel tessuto in cui si inserisce. La volontà del libro è quella di illustrare in modo esaustivo come l’opera del maestro lombardo-ticinese sia, da una parte, caratterizzata da una fantasiosa veste decorativa e dall’altra, da una spazialità accogliente che contraddistingue in modo inconfondibile la scena urbana barocca romana.

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