Senso con Isabella Giannone Passione e status sociale

Vi riportiamo alla forza del teatro,  lo facciamo esaminando un testo scabroso e originale, magistralmente interpretato da una donna singolare, una straordinaria attrice: Isabella Giannone.Isabella Giannone  18 colore

 

Sempre più rare sono diventate, purtroppo, le brave attrici di teatro, una forma d’arte che ha visto una crescita di pubblico negli ultimi anni ma anche una contemporanea “scomparsa” d’interpreti seri e appassionati. Una di questi è certamente Isabella Giannone, recentemente impegnata nella messa in scena di Senso, con la regia di Francesco Branchetti, adattamento di una novella di Camillo Boito.
La Giannone interpreta la contessa Serpieri, in una vicenda che è trasportata dalle  guerre di Indipendenza alla Seconda Guerra Mondiale e poi agli anni del boom economico, in una Roma già scenografia della Dolce Vita, catturata da un’irrefrenabile voglia di avvenire. La donna è tormentata dal ricordo della sua vendetta, perpetrata anni prima di fronte a un amore tradito, un’immagine che si ripete costantemente nella sua anima, simile ai frame di una pellicola. La scena, come la mente della protagonista, è occupata dalla figura di quel soldato tedesco, che risveglia in lei emozioni contrastanti: felicità perduta, senso di colpa, amore, odio, vendetta, passione in un rapporto che aveva toccato profondi abissi morali e fisici. Uno straordinario monologo, che trascina l’interprete e gli spettatori in un vortice di forza dolorosa e straziante, abbracciando un lungo intervallo di tempo. La messinscena è stata pianificata per assumere tre chiavi diverse di lettura; il rischioso e distruttivo legame tra status sociale e passione, il senso di solitudine che lascia un gesto compiuto, al quale non si può porre rimedio, l’impotenza della volontà umana davanti alla scelta tra bene e male, che porta a desideri e passioni eccessive e sbagliate, questi sono i punti cardine dell’opera. L’imprevedibilità delle passioni e la forza enorme delle loro conseguenze sono il motore della piece, che fa della discesa all’inferno della contessa il suo motivo portante. Come posta di fronte ad un tribunale, che esiste solo all’interno di sé, ogni mattina rivive il suo personale calvario, ripercorrendo tutte le tappe con precisione e minuziosità, in una sorta di girone dantesco personale. L’interpretazione della Giannone ha la potenza e insieme la fragilità delle personalità complesse, delle anime elette. La sua recitazione trasmette per osmosi l’immagine di una donna, archetipo di ogni essere umano, restituendo così al teatro la sua funzione principale di creatore di empatia con il pubblico. Per questo apprezza molto la scrittura di Dacia Maraini, forse l’esempio più fulgido di quella generazione di donne “complete”, che la cultura italiana ci ha offerto e, fortunatamente, ci offre. Una generazione di cui Isabella Giannone fa parte sicuramente.

 

Manuela Pacelli

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