Polish Your Cinema – A Roma dalla Polonia tre film “da Oscar”

Sabato 21 febbraio, presso l’Istituto Polacco di Roma, CiakPolska si sono festeggiate  le 4 nominations agli Oscar  2015 per il cinema polacco. Proiettati “Ida”, di Paweł Pawlikowski, candidato per le categorie Miglior Film in lingua straniera e Fotografia, e vincitore del Premio LUX del Parlamento europeo 2014. Gli altri due film  sono nominati nella categoria Miglior Cortometraggio Documentario: “La nostra maledizione (Nasz klątwa)” di Tomasz Śliwiński, e “Joanna” di Aneta Kopacz.

Sabato 21 febbraio l’Istituto Polacco di Roma ha voluto festeggiare le 4 nominations agli Oscar 2015 per il cinema polacco a dimostrazione della fervida vitalità che le scuole del cinema polacco stanno attraversando. A tal proposito basti ricordare che quest’anno la Scuola Cinematografica di Łódź, dalla quale provengono due dei film in concorso, è stata riconosciuta dalla rivista “The Hollywood Reporter” come la seconda migliore al mondo dopo la londinese National Film and Television School.La serata ha visto proiettate le pellicole “Ida”, di Paweł Pawlikowski, “La nostra maledizione (Nasz klątwa)” di Tomasz Śliwiński, e “Joanna” di Aneta Kopacz.Ad Ida, già vincitore del Premio LUX da parte Parlamento europeo 2014 è stato assegnato il 22 febbraio l’Oscar come miglior film straniero. Il film mostrato in anteprima il  7 settembre 2013 nella sezione “Special Presentation” del Toronto International Film Festival, dove ha vinto il premio FiprescI relativo alla sezione.In Italia è stato distribuito da Lucky Red e Parthénos dal 13 marzo 2014.Siamo in Polonia nel 1962, Anna, una giovane orfana che vive in convento, viene convinta dalla madre superiora, prima di prendere i voti, ad andare a far visita alla sua unica parente in vita, zia Wanda, che in passato non ha mai cercato di contattare la nipote. Wanda è una donna di facili costumi, amante dell’alcool e fumatrice, cioè l’esatto opposto di Anna. L’incontro tra le due donne segna l’inizio di un viaggio alla scoperta l’una dell’altra, ma anche dei segreti del loro passato. Anna scopre infatti di essere ebrea: il suo vero nome è Ida, e la rivelazione sulle sue origini la spinge a cercare le proprie radici e a ritrovare i corpi dei genitori, morti nel periodo della seconda guerra mondiale. Anna li troverà grazie alla zia, che conosce l’autore del delitto, Szymon, e lo riesce a rintracciare. In realtà si scoprirà che il vero autore degli omicidi era stato il figlio di Szymon, Feliks, il quale condurrà le due in un bosco e scaverà nel punto in cui aveva sepolto i cadaveri anni prima. In cambio Wanda non caccia di casa Feliks (e la sua famiglia) impossesatosi della casa della sorella di Wanda dopo averla uccisa.

Wanda, ormai ossessionata dall’alcool e probabilmente depressa, si suicida poco tempo dopo. Ida nel frattempo non è convinta della scelta religiosa, e torna dalla zia. Scoprendo che è morta, inizia a fare le stesse cose che faceva lei, cioè fumare, bere alcolici e darsi al sesso con un giovane sassofonista, Lis, cui lei e la zia avevano dato un passaggio, e che suonava in un hotel in cui le due avevano alloggiato (quando erano alla ricerca di Szymon). Ida si troverà quindi a scegliere tra la religione, che l’ha salvata durante l’occupazione nazista, e la sua ritrovata identità nel mondo al di fuori del convento. Alla fine Ida, dopo una notte passata con Lis, si veste nuovamente con gli abiti religiosi, che nel frattempo aveva dismesso, fa la valigia e torna verso il convento: una scelta poco convinta, ma probabilmente obbligata.

“Ida” non cerca compromessi tra il rigore stilistico e il materiale umano. Scegliendo una forma, decisa e immobile, che sorpassa e fagocita la sostanza, magmatica e ineffabile, dello scavo psicologico: camera fissa e corpi ai margini di architetture e mascherini, immersi in una bicromia di luminosità abbacinante. “Ida” è film di contrasti esposti. Road movie fieramente austero, dove l’attenzione per la composizione dell’immagine diventa tramite, disarmante ma infine insufficiente, dell’anima. In questo la grandezza della pellicola che non è soltanto espressione della bravura artistica del regista ma diventa anche simbolo della possibilità del cinema di svolgere un ruolo nella nostra società.Ida è un film che è riuscito a toccare il pubblico in tutta Europa testimonianza della straordinaria capacità del nostro cinema di parlare un linguaggio universale, raccontando storie che possono coinvolgere ed essere amate dal pubblico di tutto il mondo. E’ stato infatti sottotitolato nelle 24 lingue ufficiali, proiettato in 28 paesi, presente in almeno 18 festival e in più di 50 città europee, entrando nel dibattito e nel patrimonio culturale comune.L1111e atre pellicole proiettate alla serata dell’istituto polacco di Roma sono due documentari di grosso spessore: La nostra maledizione (Nasz klątwa) di Tomasz Śliwiński racconta la vita del regista, di sua moglie e del piccolo Leo, affetto dalla Sindrome da Ipoventilazione Centrale Congenita (CCHS), detta anche “maledizione di Ondine”, una malattia che colpisce una piccola percentuale di neonati. Tale difetto comporta la cessazione della respirazione durante il sonno da parte delle persona che ne è affetta, come per il cavaliere maledetto dalla ninfa Ondine a causa del suo tradimento. Fronteggiando paure e incertezze, i genitori cercano di dare a Leo un’infanzia normale e felice e, in un blog, testimoniano e condividono con gli altri la loro esperienza quotidiana.Joanna di Aneta Kopacz racconta la storia una giovane donna bella e intelligente. Nell’aprile 2010 le viene diagnosticato il cancro e i medici le danno solo 3 mesi di vita. Promette allora a suo figlio di combattere e fare di tutto per rimanere in vita il più a lungo possibile. Per lui comincia a scrivere un blog; scrive quotidianamente in modo semplice e preciso. Per molti lettori Joanna diventa rapidamente un’icona di una vita semplice attenta alle piccole gioie. Il film mostra stralci della vita di Joanna, del marito Piotr e del piccolo Jaś. Un film sulla vita, l’amore e la morte.I film Ida, Joanna e La nostra maledizione diventano emblema del valore artistico del cinema europeo di qualità capace di dar vita non solo ad eccellenti opere ma soprattutto a riportare il cinema stesso nel suo naturale ruolo sociale e culturale.

 

Grazia Manna

 

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