Giuseppe Tornatore: in cattedra per un giorno

15 aprile 2010, Aula I della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università la Sapienza di Roma, ore 9:15 circa. Un quarto d’ora di ritardo come ogni professore universitario che si rispetti. Ma è un docente un po’ speciale quello che sta per salire in cattedra il docente che salirà in cattedra: un regista pluripremiato di fama internazionale. Giuseppe Tornatore alla Sapienza, ciak si gira!

Tornatore era l’ospite più atteso del ciclo di incontri “Cinema è memoria” del professor Orio Caldiron, docente di storia del cinema nella facoltà di lettere alla Sapienza. Verrà? Non verrà? I dubbi di molti studenti sulla possibilità di vedere in carne e ossa un mostro sacro del nostro cinema evaporano nel fragoroso applauso che accoglie il suo ingresso nella storica aula grande.

Il regista di capolavori indimenticabili del cinema italiano come “Nuovo cinema Paradiso” e “La leggenda del pianista sull’oceano” ha parlato per più di tre ore, dialogando con gli studenti, raccontando aneddoti divertenti e regalando autentiche perle di filosofia cinematografica. Ha ripercorso poi alcune tappe fondamentali della sua carriera, dagli esordi come fotografo ai matrimoni e ai primi filmati muti in Super 8 fino ad arrivare a “Baaria”, il suo ultimo film, che considera come un punto d’arrivo della sua carriera.

Tanto per rompere il ghiaccio ha sfatato il mito sulla “facilità” di fare cinema e lo ha fatto parlando proprio dell’estenuante lavorazione del suo ultimo film. “Ogni giorno” racconta “dovevo rubare del tempo al mio lavoro di sceneggiatura e regia per casting, sopralluoghi, riunioni con la produzione e tante altre incombenze di carattere burocratico – organizzativo. Non avevo tempo nemmeno per leggere. Si entra nel turbinio infinito della lavorazione al punto di non ricordare quando è iniziato. E si arriva a pensare che non finirà mai. Fino a quando un mattino ti svegli e ti accorgi che non ci sono appuntamenti sull’agenda, il film è finito, ormai appartiene al pubblico. Ma resistere a tutto questo è facile quando hai scelto un progetto, una storia di cui ti sei innamorato e che muori dalla voglia di raccontare. Il legame profondo con essa diventerà la sorgente della forza naturale da cui scaturirà tutta l’opera. La forza del film è direttamente proporzionale all’amore che un regista prova per quella storia.  E’ molto difficile tirare fuori un buon film da una storia che non senti tua.

Dice ancora su “Baaria” : “Nel cinema di solito si fanno degli spin-off, cioè si  ricava un film  elaborando elementi di sfondo, una scena o un personaggio particolare, per farne nascere un altro film. Un prequel o un sequel che vive della luce riflessa dell’opera che lo ha preceduto. 

Io ho fatto il contrario. Il film su Bagheria, il mio paese, era un film che volevo fare da sempre. Per questo ho inserito un pezzo di Baaria in ogni film che ho fatto. Forse nei film “siciliani”, come “Nuovo cinema Paradiso” è più evidente, ma vi assicuro che c’è uno spin-off, un piccolo prequel di Baaria in ogni mio film. Ognuno è legato in maniera particolare al luogo in cui è nato e ognuno lo ritiene un po’ come il centro del mondo ed è qualcosa che ti porti sempre dietro e che condiziona per sempre il nostro modo di vedere il mondo.

Giuseppe Tornatore, oltre ad essere un grandissimo regista è anche un ottimo oratore. Verrebbe da dire cinematografico, se non fosse banale. Sa mantenere sempre viva l’attenzione dell’uditorio, che pende dalle sue labbra mentre alterna momenti di vera e propria “lezione” di cinema a momenti di squisita simpatia. Le tre ore in sua compagnia volano senza che nessuno se ne accorga. Non sottovaluta e non risponde in maniera banale o sbrigativa a nessuna domanda. Usa sempre una frase a effetto per concludere un discorso, battuta che puntualmente fa partire un lungo applauso del pubblico. Sembra essere cinematograficamente calcolato, l’applauso che segna il passaggio da un argomento all’altro.

Tantissimi gli aneddoti divertenti. Particolarmente in sintonia con la tematica “Cinema è memoria” sono quelli relativi alla lavorazione di Baaria.

Nel film si ricostruisce un paese che oramai non esiste più, e nonostante la sua ricostruzione sia fedele in maniera quasi maniacale, le critiche dei “paesani” sono state molte e agguerrite.

Pensare alla madre di Tornatore che sposta con sdegno una sedia sul set, smontando tutto l’orgoglio del figlio per la (quasi) perfetta ricostruzione della casa del nonno è davvero esilarante.

Così come la storia dell’amico d’infanzia che chiede ragione della mancanza della sua casa dalla scenografia del film. Prendendola naturalmente come un affronto personale e non come una naturale e logica scelta di riduzione in scala. Per non parlare dell’ostinato rifiuto di un doppiatore di far dire una determinata frase ad un venditore di coltelli al mercato. Lui quel venditore di coltelli se lo ricordava, e non diceva assolutamente queste frasi per vendere la sua merce. “Ognuno” dice Tornatore “è geloso della sua memoria e gli riesce difficile metterla a disposizione della necessità. Ogni stravolgimento, anche inconsapevole, viene inteso come un vero e proprio stupro dei propri ricordi”.

Giuseppe Tornatore conclude la sua “lezione” con un consiglio agli aspiranti registi: “Non gettatevi mai a capofitto su un lavoro o su progetto. Molti cortometraggi di giovani registi che mi sono stati proposti erano qualcosa di allucinante. Se avete una storia di cui siete innamorati e che volete assolutamente raccontare, incubatela. Fatela crescere lentamente dentro di voi. Cambiatela in continuazione, stravolgetela. Pensatela come irrealizzabile. Fatela uscire solo quando vi farà davvero male il fatto di non poterla raccontare”.

Chissà. Forse, tra molti anni, un altro regista di fama internazionale sarà ospite nella stessa aula e davanti ad una platea simile. E dirà che tanti anni prima è stato proprio Tornatore, in quella stessa aula, a dargli il consiglio che lo ha fatto diventare grande.

Nicola Salerno

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