Davide Puleio, chef anti-divo: «Sono più importanti i legami con la sala che i complimenti all’ego»

«Per seguire i miei amici volevo fare il liceo artistico ma mio padre, uomo di grande lungimiranza, aveva capito che non era la mia strada ed era a conoscenza che non volevo saperne di seguire le sue orme nel mondo dell’Arma, mi consigliò di fare l’istituto alberghiero dicendomi: “vedrai questo sarà il lavoro del tuo futuro e ti darà tante soddisfazioni”». Era la verità e così, Davide Puleio si è diplomato all’istituto alberghiero di Anzio, seguendo un altro esempio di famiglia, quello del nonno: «Era chef e ha avuto anche un ristorante suo. Era un uomo di grande personalità e grande forza. Mi ricordo la sua determinazione, ma con me diventava il nonno giocherellone che mi portava con lui tra i fornelli. Quindi posso dire che quella per la cucina è decisamente una passione che mi porto fin da piccolo, dovevo solo capirlo».

Oggi Puleio è head chef del prestigioso L’Alchimia di Milano, che presenta due ambienti diversi per due differenti culinary experience, il lounge bar e il ristorante, entrambi uniti dalla stessa, appunto, alchimia, resa possibile da un’impeccabile organizzazione e, naturalmente, dalla cucina di Davide, che viene definita “rassicurante, ma d’autore”. La cucina proposta da Davide Puleio, infatti, punta a una creatività che non voglia a tutti i costi sorprendere ma risultare incomprensibile. È intrigante e contemporanea, e nelle proposte non mancano ingredienti gourmet, ma tutto è puntato su materie prime accattivanti, di assoluta qualità e freschezza, che invogliano il cliente a mangiare, e lo liberano dall’imbarazzo di non sapere cosa stia per arrivare a tavola. Ovviamente in carta sono sempre presenti i piatti simbolo della città, come la cotoletta e il risotto alla milanese, che Puleio, essendo di origini laziali, ha deciso di reinterpretare creando un’insolita accoppiata Milano-Roma.

Una formula vincente, tant’è che, ad un anno dall’apertura, fioccano i complimenti sui social per lui e le sue pietanze. Ma Puleio non si monta la testa: «Non sono un uomo da complimenti e, ad essere sincero, non sono neanche il classico chef che esce in sala a prendersene, purtroppo. Dico “purtroppo” perché sono consapevole che oggigiorno è necessario migliorare la propria immagine, costruirsene una buona. Ma ci lavorerò poi, per ora preferisco temprarmi e costruirmi basi solide per il mio futuro. Ma ammetto che mi ha fatto piacere ricevere da un giornalista, anche abbastanza noto, delle critiche molto positive sui miei piatti. Mi disse che si percepiva un filo conduttore tra loro e che arrivava in pieno la mia filosofia, centrata sull’essenzialità, sul gusto, e basata su concetti pensati e non messi a caso. Questo mi fece capire che dopotutto ero sulla buona strada e ancora oggi continuo costantemente nella ricerca e nello studio, lavorando su me stesso e ponderando gli step che faccio quando inizio a sperimentare un nuovo piatto».

I maestri a cui si ispira Puleio sono tanti e tutti diversi per caratteristiche e tipologia: «Sono stati molti gli chef per i quali ho lavorato e da ognuno di loro ho appreso qualcosa. Quelli che più hanno influenzato il mio modo di cucinare e pensare un piatto sono stati in primis lo stellato Angelo Troiani, potremmo dire che mi abbia “battezzato”, e poi Rene Redzepi, chef del Noma di Copenaghen, un’esperienza formativa a 360° per me, che mi ha aperto la mente. Ma anche Luigi Taglienti e Luciano Monosilio e la sua pragmaticità, e come loro tanti altri».

Ma Puleio ha delle menzioni speciali da fare, che ad una prima lettura potrebbero sembrare decisamente particolari: «Lo dico spesso, il mio percorso è stato anomalo e diverso da ogni altro chef perché la mia vera crescita è stata non tanto con grandi uomini di cucina, che pure sono stati fondamentali per me, ma bensì con grandi uomini di sala. Ho imparato tanto e ho capito quale era l’anello mancante di molti dei posti in cui ho lavorato o ho mangiato, quello che la maggior parte delle volte gli chef dimenticano o trascurano per dare risalto solo alla cucina e al loro ego. In questo, due miei maestri – su tutti – sono stati senz’altro Alessandro Pipero, con il quale ho trascorso anni bellissimi, e Alberto Tasinato, grandissimo uomo di sala con il quale ad oggi condivido questo stupendo cammino, faticoso ma pieno di gioie. Da Alberto sto

imparando moltissimo, è preparato in tutto ed è una persona molto riflessiva. Mi sprona ogni giorno a fare meglio e, devo riconoscerlo, non sbaglia quasi mai!».

Ad altri progetti per il futuro, per il momento, Puleio non ci pensa: «Oggi sono qui all’Alchimia e devo concentrarmi in questo. Non voglio essere un fuoco di paglia, il progetto sta prendendo risvolti positivi. Inoltre la vita va sì pianificata, ma non troppo, tutti noi abbiamo degli obiettivi e dobbiamo metterci il massimo impegno perché si avverino, ma vedremo che cosa ci riserverà davvero il destino».

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