“Who’s afraid of Virginia Woolf?”

“Who’s afraid of Virginia Woolf?” è una commedia di Edward Albee del 1962, il cui titolo consiste in un gioco di parole che sostituisce il nome della nota scrittrice Virginia Woolf, morta suicida venti anni prima, alla espressione “the big bad wolf”, presente in una canzone di un arcinoto fumetto Disney ispirato alla celeberrima favola del lupo cattivo.

La trama prevede un dopocena a casa di una coppia matura e logorata nei rapporti, la quale riceve una coppia più giovane e in qualche modo speculare alla prima. L’ora è tarda, l’alcool domina americanamente la serata, e gli ospitanti coinvolgono gli ospitati all’interno del loro forse abituale “gioco al massacro”, fatto di rinfacci, dispetti, e rivelazioni di passati torbidi e drammatici, quantunque non sicuramente veritieri. Il confine tra verità e immaginazione sembra sciogliersi dentro le dolorose implicazioni della vita di coppia, e quel gioco al massacro prende il significato di droga e medicina insieme.

Nella nostra messinscena, il fattore del gioco al massacro, per cui l’opera è universalmente nota, rimane di sfondo al “gioco teatrale” propriamente detto, che alla fine tutto domina e ricompone. E la stessa abitazione borghese della coppia diventa quindi un luogo della mente, simbolico, una specie di “tugurio” ideale dove tutti veniamo ricondotti, più o meno inconsapevolmente, quando dobbiamo espiare tutta la nostra infelicità.

La quale sembra essere dettata non soltanto dai ruoli estenuanti della vita di coppia, ma anche dall’affacciarsi incombente di una società, prossima, dominata dal determinismo e dove il DNA minaccia la natura e la storia. Una società dove la “maternità”, istinto primordiale, diventa quasi un sogno impossibile, o, nel migliore dei casi, una autolesionistica rinuncia.

Rispetto alle scelte recitative, cerchiamo di bilanciare il “pathos” complessivo dei sensi dell’opera mediante uno stile espressivo brillante e leggero. Consci che quel “gioco teatrale” che tutto domina e ricompone, fuori dagli arzigogoli, anche di questa noiosamente ispirata nota di regia, chiamasi semplicemente e felicemente… commedia.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares